Raffinatezza, vivace leggerezza, eleganza.
Tali caratteristiche a cosa farebbero pensare se non ad una donna? Eppure potrebbero richiamare alla mente anche il gusto di uno Champagne, uno in particolare. Quello che più di tutti ha tanto da condividere con l’animo femminile. Perché nato dall’intuizione di una donna, alla fine dell’800, e perché si è affermato come sinonimo di uno spirito imprenditoriale che si rinnova sempre ,con quella spinta verso la perfezione e la ricerca, appunto, appannaggio del mondo in rosa, e dobbiamo dirlo, tipicamente francese.
l'ingresso del grandioso Domaine Pommery a Reims
Parliamo del Pommery, simbolo dell’omonima maison sita nel cuore di Reims, tenuta dalla sontuosa architettura elisabettiana attorno a cui si estendono 50 ettari di vigneto e sotto la quale si sviluppano 18 chilometri di celle sotterranee di affinamento. Nel mercato internazionale è il quinto brand. In Italia detiene il quarto posto. Pommery si è affermato come progetto attento ai trend di consumo e sensibile alle evoluzioni culturali e del gusto, in linea con la strada che aprì Jeanne-Alexandrine Louise, entrata nella storia come Madame Pommery, quando prese in mano le redini della tenuta del marito e con l’aiutato dal suo Chef de Cave Victor Lambert lanciò sul mercato il primo brut millesimato.
Dal 2002 la Pommery è gestita dal Gruppo Vranken Monopole, attualmente il secondo produttore al mondo di Champagne con diversi marchi tra cui, oltre Pommery, Heidsieck Monopole, Demoiselle, Diamant, Charles Lafitte. Per dirla con i numeri, una realtà che fattura 350 milioni di euro all’anno, che ha 2500 ettari di proprietà suddivisi tra la regione della Champagne, della Camargue e il Portogallo. Ebbene, è sempre una donna a ricomparire nella storia recente dello Champagne Pommery. Questa volta a distanza di 200 anni e fuori i confini francesi.
Mimma Posca, direttore commerciale Vranken Pommery Italia
E’ Mimma Posca, direttore commerciale della filiale italiana della Vranken Pommery, con sede a Rivergaro. A lei abbiamo chiesto le evoluzioni che sta vivendo lo Champagne nello scenario internazionale e in Italia, sia in termini di mercato che di immagine. Occasione per approfondire le nuove rotte che l’icona del lusso sta prendendo.
Come va il mercato dello Champagne in Italia?
“In Italia il mercato adesso vive un momento di empasse, soprattutto negli ultimi 5 anni. Ha conosciuto un periodo d’oro che ha avuto il suo picco nel 2007. Questo rallentamento è dovuto alla crisi economica e alla conseguente crisi dei consumi. Le ragioni non sono da attribuire esclusivamente al prezzo ma alla a questo momento storico che vede i beni voluttuari meno prioritari. Si deve tenere conto anche che in Italia molti distributori tendono a fare cartello a favore dei prodotti nazionali”.
All’estero le cose vanno diversamente?
“In Europa il mercato è stabile, la piccola contrazione, come ho detto, si è registrata in Italia. Vediamo invece una vivacità nei Paesi emergenti, Asia, Cina, Sud America, con il Brasile in testa. C’è molta attenzione al prodotto, esercita un forte fascino perché collegato ad una certa idea di ricchezza e di benessere, è icona di un certo status sociale. Le richieste stanno aumentando vertiginosamente, parliamo di un aumento del 20%, anche se dobbiamo considerare che si tratta sempre di piccoli numeri. All’interno del ranking dei Paesi importatori di Champagne, quelli che erano stati fanalino di coda stanno risalendo. In Francia il mercato è stabile invece. Nel mondo si consumano 330 milioni di bottiglie di Champagne di cui i 2/3 nel mercato interno e solo 1/3 è destinato all’export”.
i vigneti clos Pompadour che circondano il Domaine Pommery a Reims
La quota che lo Champagne detiene rischia di essere erosa dagli altri metodi classici italiani o da tipologie come il Prosecco che sta vivendo un boom nei consumi?
“Per quanto riguarda la Pommery, si continua a viaggiare tranquilli nel nostro segmento. Essendo un metodo classico non ci sentiamo minacciati, forse solo un po’ in Italia ma per una cultura orientata al consumo dei prodotti nazionali. All’estero il Prosecco e lo Champagne si assestano su posizionamenti differenti. Il Prosecco ha poi una quotazione inferiore rispetto allo Champagne, diciamo che raggiunge più facilmente i mercati anglosassoni, perché c’è un gusto più incline al Prosecco extra dry, è un dosaggio più incline a quelle che sono le loro abitudini e i loro gusti”.
Le bollicine rimangono ancora un piacere per pochi? O conferma la tendenza che vede in atto una rivoluzione dell’immagine dello Champagne?
“Adesso lo Champagne è sempre più vicino al concetto di mescita, al consumo al bicchiere, ci si è allontanati da quell’abitudine di acquisto legato alla ricorrenza. Devo dire grazie anche all’azione dei ristoranti o dei gestori di quei locali che hanno fatto proprio il modello della champagnerie, con vendita dello Champagne come aperitivo, promuovendolo come vino, anche se sono ancora pochi gli operatori sensibili a questa nuova idea di Champagne. Il nostro obiettivo è quello di scardinare questi preconcetti. Riscontriamo sempre quel limite nel ristoratore nel non trovare un taglio ideale nel comunicarlo. Il consumatore oggi è più evoluto è lui spesso ad ordinarlo. Ma noi vorremmo che fosse anche il trade a proporlo. Vorremmo che non si avesse paura a commercializzare questo prodotto”.
Quindi adesso se non quella del lusso che connotazione ha lo Champagne?
“Quella dell’esperienza sensoriale, dell’autogratificazione. E’ questa la vera rivoluzione dello Champagne. Sull’esperienza sensoriale i francesi ci insegnano. In tutti questi anni la vendita altolocata dello Champagne, promossa anche dai ristoratori, non ha fatto altro che far perdere possibilità di consumo che in Francia avevano compreso già tre secoli fa. Anche se è nato proprio in Francia come vino da fine pasto, per i momenti celebrativi. Poi è stata la volontà di Madame Pommery, di aderire ad una richiesta da mercato inglese, che portò all’elaborazione dello Champagne poco dosato adatto al consumo a tutto pasto. Oggi in Francia è largamente diffuso. Si stappano ogni anno 200 milioni di bottiglie, in occasione dell’aperitivo di tutti quei momenti che precedono il pasto”.
la scalinata di 116 gradini con cui si accede alle suggestive caves del Domaine Pommery,
scavate nelle antiche cave di gesso di origine gallo – romana
Quanto è forte in questo momento il marchio Pommery in Italia?
“E’ il quarto brand più importante d’Italia. Coma marchio siamo partiti in sordina. E’ stato assente dai circuiti tradizionali di distribuzione. Diciamo che Pommery è stato il grande assente dal 2000 al 2007, proprio nel periodo di esplosione e apertura del mondo Champagne. Ma adesso abbiamo riconquistato la piazza e stiamo andando bene con i grandi formati, scelti anche perché esaltano il prodotto dal punto di vista organolettico. Siamo in una fase di espansione. Ci inseriamo nel segmento del consumo fuori casa, legato al day time, dall’aperitivo diurno all’happy hour. La fascia dei consumatori è quella dei giovani e di chi ha un approccio più culturale al vino, più francese, orientato all’affinamento del palato”.
Passiamo a lei. Come arriva al mondo dello Champagne?
“Da molto lontano. Non bevevo neanche una goccia di vino. Ero astemia. Non conoscevo questo mondo e quello del vino in generale. Ho fatto studi di legge, sono un avvocato mancato. Poi tutto è cambiato. Sono nata professionalmente parlando 25 anni. Cominciai a lavorare per aziende vinicole piemontesi per ragioni logistiche, ed erano spumantistiche. Mi si è aperto un mondo. Ho scoperto la potenzialità delle bollicine, la loro trasversalità, vanno bene sempre. L’esperienza, per così dire, illuminante l’ho avuta nell’Oltrepo Pavese. Qui l’azienda dove lavoravo mi ha introdotto al Pinot Nero e ho capito cosa poteva esprimere questo vitigno. Così mi sono documentata, mi sono appassionata, ho cominciato a frequentare corsi Onav e Ais. Da lì sono poi approdata al mondo degli Champagne”.
L’abbinamento perfetto?
“Con il pesce, di qualsiasi tipo, al sale. E’ la morte sua”.
Cosa le fa venire in mente lo Champagne?
“Gershwin, Ernest Hamingway e Geroge Simenon”.
Quando lo beve?
“Sempre. Ad ogni occasione. A tutto pasto. E amo berlo con gli amici che, vedendomi sempre bere Champagne, mi prendono in giro e mi dicono che sono un po' fissata. Ma io lo trovo straordinario e non mi stanca mai”.
M.L.