Gli anni del Goccetto, l'esperienza in Brasile e ora Arianna Occhipinti. Nicola Massa racconta la sua passione per il vino. “Amo i rossi piemontesi”
Da Roma a Vittoria passando per Rio de Janeiro e le Eolie.
Un giro da globetrotter del vino. E ora un punto fermo in una delle estremità d'Europa, il Sud Est della Sicilia. Al fianco di una estroversa e determinata produttrice siciliana, la più mediatica del momento: Arianna Occhipinti. A scommettere sul Cerasuolo di Vittoria e sui suoi protagonisti é Nicola Massa, romano, 39 anni.
Lo sguardo appassionato di Nicola traspare quando parla del vino, il filo conduttore di tutte le sue scelte di vita diverse ed importanti e non ultima, quella di lasciare il Brasile per trasferirsi in provincia di Ragusa. E così ci racconta degli inizi. “Già da ragazzino – dice – attingevo alla cantina di mio padre che pur non essendo un grande appassionato aveva diverse bottiglie. La vera scuola enologica per lui tuttavia non è stata la cantina paterna. Piuttosto, circa venti anni fa, un'enoteca molto in voga in quel momento a Roma, la sua città natale: Il Goccetto, punto di ritrovo per giornalisti ed esperti del settore. E si può dire che tutto è cominciato da lì. “Frequentando quasi giornalmente esperti di vino – racconta – ho avuto varie possibilità di collaborazione, ho girato un po' tutta l'Italia e ho assaggiato tantissimi vini. Dopo aver lavorato per circa tre anni come responsabile Food & Beverage al Capofaro resort, la tenuta della famiglia Tasca nell'isola di Salina, avevo una gran voglia di fare nuove esperienze. Quindi nel 2009 ho deciso di trasferirmi in Brasile, a Rio de Janeiro. Ho lavorato per importatori e aziende italiane: gestivo i rapporti tra loro, organizzavo tasting, presentazioni di vini, ecc. Ho contribuito a far aumentare le vendite alle aziende e ho dato agli importatori quel know-how necessario a un Paese nuovo al mondo vinicolo”, continua Massa. E, infine, come lui stesso afferma, è il caso a guidarlo in Sicilia a Vittoria. “Dopo l'esperienza in Brasile – dice – mi sono ritrovato davanti a un bivio: scegliere di aprire una mia attività o cercare qualcosa di diverso. Così un anno fa, ho cominciato a considerare anche l'opzione di tornare in Italia. E in occasione di un viaggio organizzato in Sicilia mi sono ritrovato a cena con un'amica produttrice, Elena Pantaleoni che era assieme a una sua cara amica, Arianna Occhipinti. Avevo avuto occasione di incontrare lei e conoscevo i suoi vini. Tra un assaggio e l'altro vengo a sapere che Arianna stava cercando una persona che la potesse affiancare in azienda per la parte post–produttiva. Ho pensato un po' a questa possibilità e dopo una brevissima fase di 'fermentazione', così definita da me e Arianna, ho deciso di accettare la sua proposta. Ora sono dunque al suo fianco per tutto ciò che concerne le pubbliche relazioni, il rapporto diretto con gli importatori, insomma un marketing manager ma multitasking. Lavorare con Arianna, in un momento di crescita dell'azienda, per uno che ama il vino come me, credo sia il massimo. C'è tanta voglia di fare e anche una certa tensione positiva in azienda che mi stimola giornalmente a fare sempre di più e meglio”.
Infine, entrando un po' più nel personale gli chiediamo quali vini preferisce escludendo i siciliani. “Tra i rossi le mie preferenze vanno ai vini piemontesi, dal Barbera al Barbaresco, mentre per tra i bianchi amo quelli dello Jura e della Loira”. E il Cerasuolo di Vittoria? “Ha grandi potenzialità di crescita ma ci vuole un impegno maggiore da parte di tutti i produttori della zona per creare un evento che comunichi questo territorio e questo vino, sulla falsariga, per esempio, di Contrade dell'Etna per farlo conoscere di più nel mondo. Il Consorzio per la Tutela del Cerasuolo, Le Strade del Vino, e tutti gli attori del comparto, dovrebbero contribuire a questa crescita. Ma ancora non è accaduto”. Il discorso, naturalmente, si sposta sulla Sicilia: “Credo che in questo momento storico, la Sicilia del vino abbia potenzialità che mancano al resto d'Italia. il punto di debolezza, è stato, negli anni '90, l'omologazione della produzione, ad esempio il fatto che ovunque si piantasse lo stesso vitigno. Oggi però questo 'difetto' è diventato un pregio, poiché, ogni territorio ha espresso le proprie peculiarità e contestualmente alcuni nuovi mercati hanno richiesto produzioni sempre più di nicchia”.
M.A.P.