di Fabio Cimmino
Sono passati più di dieci anni, ormai, da quando ho iniziato a camminare le vigne della mia Campania Felix. Di alcuni di quei primi incontri il ricordo si è fissato indelebile nella mia mente.
Ero all’inizio e mi sentivo una spugna desiderosa di assorbire nozioni e segreti, di imparare tutto e subito, ma soprattutto di capire quanto più mi era possibile. Alla fine, però, di quelle primissime scorribande enoiche ciò che mi colpiva più di ogni altra cosa erano i personaggi che incontravo. In particolare era la figura del vignaiolo fiero ed un po’ burbero quella che esercitava maggior fascino su di me. Così fu l’incontro con il papà di Luigi Sarno (nella foto) quando arrivai alla Cantina del Barone in quel di Cesinali in provincia di Avellino. Alla fine di una strada sterrata lungo la quale, per la cronaca, c’era una vastità sconfinata di nocelleti, mi ritrovai di fronte ad un casolare isolato. Fermai l’auto e scesi dalla macchina, iniziai a chiamare per vedere se c’era qualcuno. Mi venne incontro un uomo tra il sorpreso e l’infastidito (della mia presenza, probabile avessi interrotto qualcosa) che voleva sapere chi o cosa cercassi. Mi limitai, impaurito, a dire che volevo solo comprare dei campioni dei suoi vini, due bottiglie di Fiano e due di Aglianico.
Ma lui voleva saperne di più ed allora gli spiegai che mi ero messo in testa di censire tutte le aziende che producevano vino in Campania (allora erano ancora uno sparuto numero, un progetto fattibile, oggi che sfioriamo quota 300 direi quasi impossibile). Mi guardò perplesso non so se incredulo o, semplicemente, diffidente. Mi prese le bottiglie, mi raccontò sinteticamente la sua realtà contadina, io pagai e andai via. I vini mi piacquero nonostante qualche imprecisione realizzativa perchè erano vini veri, viscerali, umorali e, quello che più conta, mi ricordavano quell’uomo incontrato durante una nebbiosa mattinata autunnale. Negli anni a seguire ho avuto modo di riassaggiare i vini di questa cantina provando sempre le stesse sensazioni positive senza mai, però, poter far finta di non notare quegli “errori di distrazione“, come a me piace chiamarli. Fino a quando non c’è stata l’inattesa svolta verso l’eccellenza ad opera di un giovanissimo e promettente enologo. Luigi Sarno, classe 1983, ha preso in mano le redini dell’azienda paterna e con grande intelligenza ha deciso di interpretare al massimo il potenziale delle sue uve senza mai rinunciare al piglio naturale, spontaneo, di quei vini che l’avevano preceduto ma semplicemente apportando quell’attenzione e quella accuratezza che fino a quel momento gli facevano difetto. I risultati non sono tardati a venire. Nel frattempo l’Aglianico ed il Fiano base sono stati affiancati da un Taurasi ed una selezione di Fiano. Ed è quest’ultima che vi invito a cercare ed assaggiare. La “Particella 928” (reimpiantata con un diverso sesto d’impianto ed una migliore esposizione nel 2001) millesimo 2010 si presenta in tutta la sua istintiva semplicità fatta di pesca gialla, albicocca e nocciola. Impreziosita da delicate note floreali, erbe aromatiche, sensazioni iodate e leggera speziatura. Al palato mostra maggior volume di quanto il naso faccia pensare pur conservando la giusta necessaria tensione gustativa. Sale e freschezza accompagnano il finale. Una combinazione di forti elementi identitari riuscita espressione di varietale e terroir tradotti in un bianco dalla beva disinvolta, genuina ed accattivante. Complimenti a Luigi, il nuovo volto (che ci piace) del Fiano.