Valerio Capriotti, romano, 32 anni, sommelier per vocazione.
A settembre decide di trasferirsi in Sicilia. Inizia così la sua avventura con Ciccio Sultano al Duomo di Ragusa Ibla.
Com’è nata la sua passione?
“In realtà l’ho sempre avuta, ma all’età di 20 anni, rinunciando al così detto posto fisso, decido di gestire una piccola trattoria di stampo romano, cercando di accontentare il gusto dei clienti. Ma il grande stimolo è stata mia moglie, che aveva un ristorante a Roma e da enogastronoma mi ha avvicinato al mondo del vino, così mi sono occupato della cantina del ristorante”.
Oltre all’esperienza, maturata in questi anni, ha fatto qualche corso?
“Nessun corso, almeno di quelli riconosciuti, la mia grande curiosità mi ha portato sempre a volere scoprire nuovi prodotti, nuovi vini. Credo che questo sia un lavoro che premi chi ha voglia di sapere e di conoscere nuovi orizzonti, e poi detesto dire “non lo so”.
Cos’è per lei la ristorazione?
“Per noi che la viviamo dall’interno, il pranzo è come se fosse l’ultimo battito di mani di un’opera, la conclusione di un lavoro di dodici ore, che si trasforma in una soddisfazione, in uno scambio di energia positiva, tra noi e il cliente, quasi una simbiosi”.
Qual è il suo abbinamento preferito?
“Partiamo dal vino: lo Champagne. Anche in questo caso però, sono uno che ricerca sempre le novità, i piccoli vignaioli piuttosto che i grandi blasonati. E poi bisogna sempre provare, poiché ogni Champagne è sempre diverso dall’altro. L’Abbinamento non potrà che essere una grande esposizione di pesce crudo, per palati più raffinati o per me che sono romano, un trionfo di mortadella”.
E in generale, oltre allo Champagne, quando sceglie un vino cosa predilige?
“Per me il vino non è un prodotto da industrializzare, in genere prediligo in monovitigni, i blend solo per grandi vini. Sono affascinato dal territorio dell’Etna, un grande territorio, che io definisco come la Borgogna d’Italia per le sue peculiarità. Molti produttori hanno capito le grandi potenzialità di questo territorio che comincia ad essere tra i più in voga a livello commerciale. Sono rimasto molto affascinato dal Serre della Contessa annata 1999 dell’azienda Benanti, o dal Vinupetra de I Vigneri, e dall’Etna Rosso Doc di Tenute Moganazzi”.
Sappiamo che da pochi mesi si è trasferito qui in Sicilia e ha iniziato una collaborazione con Ciccio Sultano al ristorante Duomo. Come mai questa decisione?
“Roma è bella, ma se viene vissuta da turista. Amo la Sicilia e conoscevo da cliente il ristorante di Ciccio. Nella mia esperienza per ristoranti sull’Isola notai che non vi erano figure importanti e di spessore come sommelier. Quando mi sono trasferito ho incontrato Ciccio nuovamente, ho lanciato a lui una proposta di collaborazione che è stata subito accolta con entusiasmo e fiducia. Tra di noi, e con Angelo Di Stefano, è scattata subito un’empatia professionale. Ragusa mi sembrò la meta ideale per coltivare la mia professione. E’ una dimensione stimolante e di altissimo livello. Ciccio è un artista, ama sperimentare e mettere in discussione una ricetta dandogli un’interpretazione fortemente identitaria e narrativa. C’è uno scambio continuo tra il racconto del piatto e quello del vino. Il nostro modo di trasferire questa relazione al cliente è complementare. E’ il tipo di legame che si deve creare tra lo chef e il sommelier, e i nostri ospiti lo percepiscono. Il clima sinfonico vissuto al ristorante altro non può che rispecchiare il luogo, Ragusa. Un posto dove la terra incontra l’uomo e l’uomo incontra la terra e dove si può vivere ogni giorno un’esperienza nuova, diversa, che ti comunica ogni volta territorio e natura. Un insieme di profumi, sapori che la natura ti regala in un solo istante. Queste stesse sensazioni, immediate, Ciccio le trasferisce sulla tavola, che diventa così un osservatorio privilegiato per scoprire emozioni per molti perdute”.
Maria Antonietta Pioppo