di Alessia Zuppelli
Un restauro in equilibrio fra un lusso sobrio e le antiche reminiscenze della struttura di religiosa memoria quello effettuato e ancora in parte in corso d’opera, dal noto brand di lusso Fourseason Hotels and Resorts al San Domenico di Taormina.
Un’attesa che si è concretizzata con l’attesissima apertura agli inizi di luglio e che ha visto il ritorno in cucina dello Chef Massimo Mantarro al ristorante “Principe Cerami” e dell’head sommelier Alessandro Malfitana. Oltre il ristorante di punta, fra chiostri del cinquecento, lussureggianti giardini, e la vista dell’Etna da cornice sulla baia di Taormina, l’offerta enogastronomica si snoda – come spiega Malfitana – in più punti di ristoro: “Stiamo lavorando bene in un contesto il margine di errore è praticamente zero. Ogni singolo elemento, come un orologio, è indispensabile. Abbiamo molta richiesta da parte della clientela esterna ma anche molti interni non rinunciano a provare l’esperienza al Principe Cerami”. Alessandro Malfitana è un “autoctono dell’Etna” come si definisce e l’amore per il vino nasce proprio dalle sue tradizioni familiari a Linguaglossa, dove i giorni di vendemmia erano come una grande festa, un po’ come il Natale, racconta: “Ci riunivamo tutti da bambini, ed era anche simpatico assistere anche chi – in famiglia stesso – faceva il vino migliore. Ognuno cercava di enfatizzare il proprio vino e quindi per me è un ricordo molto simpatico. Inoltre mio nonno, negli anni ’60 e ’70, vendeva già vino nei grandi alberghi di Taormina. Insomma, c’è un filo conduttore familiare non indifferente. Mia nonna poi, a seguito della sua scomparsa, vendette tutto e purtroppo, vista la professione che svolgo adesso, non ho ereditato vigne. Era proprio lei che mi faceva assaggiare il vino. Per me è parte della cultura familiare, quindi è stato naturale seguire questo percorso”.
Continuando il percorso attraverso la struttura prosegue il racconto nel food and beverage dell’hotel. La scelta si snoda dall’all day dining “Rosso”, in un mix fra prodotti siciliani e i classici “signature” di un albergo di lusso come cesar salad e club sandwich, a una proposta più leggera offerta dal ristorante adiacente la piscina “Anchiovi” dove il richiamo anglo siculo del nome si concretizza in un’offerta prevalentemente a base di pesce, e rivisitazioni che spaziano dal crudo alla cucina fusion in chiave siciliana. In questo contesto si inserisce l’offerta enoica pensata dall’head sommelier basata su una sintesi della “Master Wine list”, dalle grandi denominazioni francesi come Chablis e Champagne a proposte legate all’identità locale: “Il pubblico internazionale cerca sempre il territorio, poi comunque c’è chi già ha intenzione di orientarsi verso Grand Cru e Premier Cru francesi. Quando arrivano al ristorante ospiti di alto livello che nei loro yatch posseggono già una selezione importante anche qui non rinunciano alla ricerca di grandi blasoni. Altri ospiti ancora vogliono provare etichette meno conosciute, e la cosa bella è quando ti chiedono di provare qualcosa di nuovo magari della stessa denominazione” spiega.
Il lavoro di grande classe svolto da Alessandro Malfitana è continuum della sua notevole formazione a Londra con la compagnia “First Restaurant Group” dove ha appreso una cultura generale importante sul mondo del vino per chi fa il mestiere del sommelier, non basata – come spiega – su un territorio in particolare così come accade in Francia o in Italia. Una cultura ampia che si è continuata ad arricchire grazie alla più recente esperienza, invece, proprio al San Domenico, struttura della quale conosce in profondità storia recente e passata, e che si riflette in questa stagione: “Riguardo i vini abbiamo conservato la quasi totalità dello stock precedente composta da grandi verticali delle più prestigiose etichette come Ornellaia, Tignanello, Masseto, e così via. Oggi la carta è ancora in fase di costruzione ed evoluzione. Siamo partiti in punta di piedi”. La carta dei vini pensata da Malfitana è un racconto de “I viaggi del principe Cerami”. Un romanzo ricco di spunti, suggestioni, e anedotti legati ai più importanti territori del vino: “Faccio variare molto spesso la carta. Abbiamo opzioni siciliane e qualcosa di internazionale. Spaziamo dalle grandi firme come Bollinger a de Sousa, per attraversare la zona del Franciacorta, del Trento Doc e qualcosa di siciliano”. E sui personali territori del cuore racconta: “Sento mio il territorio etneo, che a piccoli passi diventa sempre più forte. È il mio territorio del cuore, è innegabile. Ho viaggiato molto, e sono rimasto folgorato da Bordeaux, Champagne, Chablis. In Italia Piemonte e Toscana, ma la meraviglia del vino è che tramite i territori racconta se stesso. Bordeaux per me è stato come un bambino che va a Disneyland, un’emozione che non dimenticherò mai. La bellezza e il prestigio di questa zona è straordinario. Ma il mio territorio del vino preferito spero sempre sia il prossimo che visiterò continuando a sorprendermi”.
Interessante la presenza di una sezione dedicata ai vini non convenzionali, “più sinceri” come lui stesso li definisce: “Ho voluto dedicare spazio ai vini artigianali chiamando la sezione Fuori dai sentieri battuti per evidenziare qualcosa di più sincero. Quando sono tornato dall’Inghilterra sette anni fa i vini biodinamici o cosiddetti naturali era già abbastanza diffusi. Qui è un fenomeno recente, ma è in crescita. In molti richiedono questa tipologia di vini molto particolari anche nel metodo di produzione”. Sfogliando la carta viene offerto all’ospite la possibilità di scoprire le più importanti zone di produzione e le loro peculiarità attraverso apposite tavole disegnate da un’artista e didascalie per imprimere un maggiore coinvolgimento: “Per la carta dei vini ho immaginato i viaggi del principe Damiano Rosso di Cerami. L’idea nasce dal fatto che essendo circa un centinaio di pagine, ho voluto ideare un romanzo incastonando dati tecnici e aneddoti per creare curiosità, a partire dall’incipit. Le tavole sono state fatte da un’artista locale che legandosi alle didascalie ha ripreso le mappe come le disegnavano un tempo e qui si parte dal concetto da quella che vuole essere una carta romanzata. Non mancano informazioni più tecniche, come sul craie della Champagne ad esempio, dove spiegando la formazione e la composizione del suolo si giunge alla particolare cifra stilistica che contraddistingue questi spumanti”.
Difficile chiedere proprio a chi del vino ne ha fatto una ragione di vita quale sia l’etichetta del cuore: “Non ho vini preferiti. Il vino è qualcosa che scegli in base alle situazioni, alle persone che hai accanto, e la memoria positiva di quando provi un vino, anche eccellente, è molto legata al contesto in cui ti trovi in quel momento. Ma i primi vini che mi hanno fatto percepire quanto un vino possa essere straordinario sono due. Lo Chassagne Montrachet Rouge Jean Marc Pillot, un vino che mi ha fatto innamorare dell’eleganza della Borgogna. Sempre nel periodo londinese sono rimasto colpito dal Vino Nobile di Montepulciano riserva grandi annate degli Avignonesi, 2004. Quel naso mi ha fatto innamorare. Per me è comunque una sorpresa continua degustare, e quello che tiene viva questa passione è lo stupore, continuare a sorprendermi di questo infinito mondo”.
Per concludere, non solo Champagne e territorio. A chiusura della cena – per chi volesse concedersi un’emozione – può godere delle proposte al calice di quei vini che hanno fatto la storia come il Sauterns Aoc Chateux d’Yquem e tante altre perle dell’enologia internazionale selezionate con cura da Alessandro Malfitana, non solo curioso e profondo head sommelier ma anche garbato e affabile maestro d’ospitalità.