Una masterclass per approfondire il significato del terroir nell’ottica della produzione naturale.
Il Vinitaly si è aperto per i produttori di Vi.te, l’associazione Vignaioli e Territori con oltre cento rappresentanti quest’anno riuniti nel neonato Padiglione F – Organic Hall, con il primo di una serie di otto incontri previsti, tra masterclass e seminari, sul tema della viticultura sostenibile. Il punto di partenza della discussione, moderata dalla Master of Wine Isabelle Legeron ed incentrata sul ruolo del vignaiolo al centro dell’ecosistema vigneto/cantina, sono stati nove vini naturali alla cieca commentati da alcuni vignaioli e dall’esperto Sandro Sangiorgi. Tutti d’accordo sul fatto che non si può fare viticultura rispettosa dell’ambiente e vini che siano specchio del territorio, se non si parte da una conoscenza approfondita del suolo e del microclima locale, ma altrettanto importante che il viticoltore abbia chiaro che vino vuole ottenere da quelle uve di quella particolare annata, per arrivare ad un vino che sia veramente un distillato di territorio e cultura, di terroir appunto.
“Quando abbiamo creato la nostra nuova vigna, prima di parlare di biologico o di biodinamico – ha raccontato Enrico Giovannini, cofondatore insieme ad altri tre amici della cantina Ottomani in Toscana – , abbiamo fatto un grosso lavoro per rivitalizzare il suolo, considerando attentamente a questo scopo il ruolo della biodiversità e degli animali”. Dello stesso avviso Alexis Paraschos, figlio di Evangelos che nel 1998 ha creato la sua cantina di vini naturali nel Collio: “Prima delle piante, bisogna occuparsi del suolo – ha ribadito infatti Alexis – le piante, ad esempio, sviluppano buone radici, fini e capillari, che assorbono tanti sali e minerali, soltanto se il suolo è ricco di vita”. Vitalità e sanità del suolo che, insieme alla scelta del vitigno più adatto alle caratteristiche pedoclimatiche di ogni terroir, sono anche un fattore imprescindibile per la limitazione dei trattamenti , a cominciare dall’uso del rame al cui posto i vignaioli presenti hanno raccontato di usare con successo propoli e oli essenziali di arancia. Sempre Alexis Paraschos ha ricordato ad esempio poi come, basta piantare Ribolla gialla, più sensibile allo oidio e alla peronospora nelle zone più ventilate, e piantare invece Tocai friulano, più resistente alle malattie, in quelle più umide e, solo con quest’accortezza, potere di molto ridurre l’incidenza delle malattie. Altro esempio di buona pratica per anticipare l’insorgenza della peronospora l’ha raccontata poi Massimiliano Croci con vigne sui Colli piacentini: “Basta non tagliare l’erba sino a giugno, lo faceva già mio padre ed adesso lo faccio anche io con successo – racconta – perché la peronospora è un fungo che “naviga” con l’acqua e se l’erba è alta ha più difficolta a diffondersi lungo il suolo”.
“Il vignaiolo deve inoltre decidere prima che tipo di vino vuole ottenere”, questo il punto su cui ha posto l’attenzione invece in particolare Guido Zampaglione, vignaiolo irpino trapiantato nel Monferrato dove ha creato Tenuta Grillo famosa per i suoi vini capaci di reggere decenni di invecchiamento, complessi e profondi, grazie proprio alla loro naturalità, che ha fatto della produzione naturale solo di vini longevi la sua filosofa produttiva. Anche in questo caso “la complessità del vigneto si riflette nella complessità del vino” ha aggiunto Zampaglione quando la discussione si è spostata sull’importanza sull’uso in vigna non solo di un solo vitigno ma anche non solo di un solo clone di quel vitigno, pratica purtroppo che si è diffusa “anche perché puoi avere accesso a certi finanziamenti solo se usi i cloni certificati“ ha denunciato Sandro Sangiorgi che in particolare si è pure dilungato sull’importanza della macerazione e della perfetta conoscenza del tipo di buccia, delle caratteristiche dei suoi diversi strati, della varietà che si sta usando, qualità della buccia e più in generale dei tannini che dipende molto pure dalle qualità del suolo in cui impianta la vigna. A conclusione di due ore intense di confronto e scambio di informazioni su buone pratiche di viticoltura e vinificazione il più possibile naturale e facilitativa dell’espressione del terroir, in cui le parole suolo, vitalità, anticipazione ed ecosistema sono state le più pronunciate, svelate infine velocemente le etichette proposte alla cieca.
Alma Torretta