(Carlo Schizzerotto, Lucio Roncoroni, Maurizio Maestrelli, Dabel Galati e Natascia Thion)
di Andrea Camaschella
Dietro un titolo un po’ improbabile “la birra del vicino è sempre più speciale” si è tenuto un convegno molto interessante al Vinitaly, come esplicava il sottotitolo: Marketing e strategia della distribuzione della birra artigianale in Italia.
Moderato e organizzato da Carlo Schizzerotto l’incontro si è aperto con Maurizio Maestrelli, giornalista specializzato in birra (e “scippato” parecchi lustri fa dal mondo del vino) chiamato a introdurre il tema e l’importanza del marketing. In particolare molto interessante il primo intervento: dati alla mano di Cda (Consorzio Distribuzione Alimentari) Lucio Roncoroni ha estrapolato, studiato e snocciolato una serie di slide tecniche con risultati più o meno prevedibili, ma supportati dai numeri e soprattutto un dato statistico importante.
- Solo un quarto della birra industriale è venduto in fusti da 20 e soprattuto da 30 litri.
- Le birre artigianali e le specialità delle multinazionali hanno migliori performance e solo un quinto va in fusto, con una prevalenza però del formato da 20 litri su quello da 30.
- La birra industriale viaggia per lo più in fusto
- Si conferma che le birre artigianali non hanno il picco di consumi in estate, a differenza delle industriali, ma che restano costanti tutto l’anno
- Si scopre che in estate le birre artigianali hanno un calo importante nel prezzo (è evidente che sale la richiesta per birre alcoliche, quindi con accise più basse e costi in generale più bassi)
Nell’intervento successivo Rolando Bossi va fuori tema cercando di creare confusione tra cosa è artigianale e cosa non lo è, riscrivendo in pratica la legge italiana e definendo la birra artigianale come “una birra prodotta con passione, rispettando gli stili, nel rispetto della tradizione, senza scorciatoie”, le crafty – cioè le birre industriali, prodotte da grandi gruppi, che scimmiottano le artigianali – come “le birre che riprendono nuove tendenze di mercato, nel rispetto della tradizione, senza scorciatoie”. Alla platea, farcita di birrai, non è piaciuto affatto. Interessante l’intervento di Natascia Tion di Ales and Co sul ruolo del distributore in Italia, richiamando la necessità di fare cultura, di preparare la forza vendita ma anche di formare ancora meglio il cliente e sottolineando come sia possibile, con una buona strategia marketing e commerciale, vendere a una grande fascia di mercato anche prodotti artigianali.
(Natascia Tion)
Chiude gli interventi Dabel Galati di Frimidale distribuzione, sottolineando la necessità di far trasparire la passione dei birrai, di chi la birra la fa insomma, fino al bicchiere, fino al cliente finale e anche lui notando la mancanza di formazione. Nessuno di UnionBirrai è stato invitato a spiegare la ricerca dell’università di Firenze in collaborazione appunto con UB, che scorre in sottofondo analizzando, slide dopo slide, il mercato della birra italiano e il consumatore tipo di birra in generale e di artigianale in particolare. La ricerca è però poco e mal spiegata fino a essere interrotta. Peccato perché conteneva molte risposte alle domande sorte precedentemente e anche ad alcune successive. Qualche intervento dal pubblico, trascurabile e chiosa finale di Maurizio Maestrelli che centra in pieno il punto: la comunicazione più che la formazione, per quanto riguarda i birrifici artigianali è lacunosa e va pensata per tutto il comparto. Si può essere fiduciosi: UnionBirrai e l’Università di Firenze hanno appunto in mano una ricerca (di cui sopra), dei dati, e continueranno a monitorare negli anni a venire. Con questi dati possono finalmente avere conferma – o scoprire – le lacune, i punti deboli e iniziare una strategia di comunicazione importante e massiccia (beh, questo lo vedremo in base ai costi…).