(Angelo Gaja – ph Vincenzo Ganci)
Eravamo abituati a vederlo seduto in platea. Ma Angelo Gaja stavolta è uno dei protagonisti del talk della giornata d'inaugurazione del Vinitaly 2019, moderato dal giornalista Bruno Vespa.
Sul palco, insieme a Gaja, Giovanni Mantovani, direttore di VeronaFiere; Carlo Ferro, presidente dell'Ice; Matilde Poggi, presidente della Fivi; Riccardo Cotarella, enologo di fama internazionale e presidente di Assoenologi. Gaja alla fine è il solito. In un intervento molto concentrato, ha aperto dibattiti che potrebbero durare per mesi. E' un uomo ormai di grandissima esperienza nel campo vitivinicolo e può permettersi anche frasi che vanno cntrocorrente. Lui, comunque, non ha mai timore di dire ciò che pensa, a volte anche usando un linguaggio colorito. Si parte alla grande con la questione turismo in Italia, un settore che, per Gaja, “avrebbe bisogno di tanti ritocchi”. Poi capitolo Guide. La Michelin ha acquistato il 40 per cento della Robert Parker Wine Advocate e per Gaja, a breve completerà l'opera. Si tratta di una delle guide più prestigiose nel mondo del vino mondiale: “Ecco, temo che dopo aver visto di come questa guida sia in grado di influenzare il mondo della ristorazione, la Michelin adesso potrebbe influenzare anche il mondo del vino italiano”. Si passa all'export. Ma badate bene, dice Gaja, “bisogna sempre essere presenti nel mercato nazionale, che va seguito con interesse e professionalità – dice il produttore piemontese – anche per le aziende diciamo che hanno un brand. Ma non si può non considerare il mercato estero se un'azienda vuole crescere. E per farlo ha bisogno degli strumenti adatti. Nel mondo le tre migliori fiere per farlo, sono solo tre: VinExpo, ProWein e Vinitaly. Partecipare a queste fiere, per le aziende ha un costo, in termini di tempo e sia in termini economici”. Per Gaja, “Vinitaly e VinExpo sono complementari e dovrebbero interagire”.
(Bruno Vespa, Angelo Gaja,Carlo Ferro, Giovanni Mantovani, Riccardo Cotarella e Matilde Poggi – ph Ennevi VeronaFiere)
Poi capitolo sui prossimi mercati: “Intanto bisogna puntare sull'Asia, ma anche investire sull'Africa per non farsi trovare impreparati nei prossimi dieci anni”. In chiusura l'elogio dei produttori artigianali: “Il futuro del vino italiano dipende da queste 20 mila cantine di piccole dimensioni che rappresnetano il nostro paese in tutte le sue sfaccettature e che è un tesoro che va tutelato, promosso e risvegliato – dice Gaja – Le cantine artigianali pensano in maniera diversa, vanno spesso in direzione ostinata e contraria ed esplorano nicchie di mercato che poi diventano importanti per le grandi aziende”. In chiusura un appello al ministro Centinaio (“Riduciamo la burocrazia”) e una stilettata ai colleghi produttori: “Si parla tanto di varietà autoctone – dice – ma poi il vino più elogiato nel mondo è il Sassicaia che è fatto con il Cabernet Sauvignon. La ricchezza di un vino è la sua origine, il territorio dove è fatto. Bisognerebbe pensare non solo a vendere quante più bottiglie, ma ai valori culturali che stanno dietro al mondo del vino, cominciando a regalare un percorso esperenziale ai milioni di turisti che vengono a visitare il nostro paese”.
G.V.