Non ho seguito molti incontri di degustazione, durante la mia permanenza a Vinitaly. Giusto un paio.
Ho trovato molto interessante una panoramica delle birre di Ofelia (Sovizzo, VI) con abbinamenti di un salume locale piuttosto noto, la soppressa vicentina, e il ciauscolo marchigiano. La Amitab (English IPA) e la Zapotek (un sidro, un fermentato di mele insomma) reggono a meraviglia. Andrea Signorini, moderato da Mauro Pellegrini, introduce il suo birrificio e le sue produzioni, mentre i “norcini” intervengono per raccontare i loro prodotti. Una bella panoramica di quello che il mondo artigianale può offrire.
Poco dopo, alla sala convegni del padiglione C – Sol – Agrifood ci arrivo attirato dalla presentazione di un libro che apprezzo e mi interessa, “Dieci anni di Cronache di Birre”, del buon amico, oltreché grande esperto di birre artigianali, Andrea Turco. Mi accorgo però che il titolo dell’incontro è “Le birre: i difetti e il servizio”: con la conduzione di Mauro Pellegrini, Andrea Turco è chiamato non solo a presentare il suo libro, ma anche a spiegare l’importanza dei bicchieri con Luana di VDglass e in particolare di un bicchiere definito “assolutamente adatto a esprimere le qualità organolettiche di qualsiasi birra” in sostanza assomiglia molto al Teku di Rastal con linee lievemente più morbide: “più morbida – dice Luana – rispetto a quello che si è visto in giro fino a poco fa” e che va incontro agli studi neuro marketing. Personalmente, non so perché, ma mi sentirei più al sicuro se ci fosse stato a parlare Ron Hubbard…
Per fortuna sono qui per la presentazione del libro di Andrea Turco, che racconta della birra artigianale sin dal 2008, attraverso quello che ha scritto sul suo blog e con l’esperienza di anni e anni di frequentazione del mondo artigianale ma no, si prosegue con la degustazione di una birra prodotta secondo il “metodo benedettino” come afferma Michele Sansidoni arrovellandosi poi sull’uso di ceppi di lieviti, tipici degli champagne, Bayanus. Io vacillo un po’ “come se fosse antani” (cit. Amici miei) perché in sostanza si assaggia una birra con mosto di vino, una Italian Grape Ale, con note vegetali – e nessun sentore del vitigno o anche solo dell’uva – piuttosto spinte ed evidenti, la domanda d’obbligo è: è colpa del bicchiere o della birra?
Ai posteri l’ardua sentenza. Ai posteri e ai contemporanei consiglio però di comperare il libro di Andrea Turco, per farsi un’idea di come si sia evoluto il mondo delle birre artigianali.
Andrea Camaschella