di Giancarlo Gariglio*
Questo è un articolo dedicato a tutti coloro che entrano al Vinitaly e dopo 15 minuti si sentono piccoli, spersi, sballottati tra mille stand, storditi dal chiacchiericcio di migliaia di persone tutte insieme, frastornate dall'immensità della fiera… ma può essere anche un pezzo per quegli operatori che scorrendo i nomi indicati sotto, magari sono presi da un po' di curiosità e vogliono testare le capacità dello scribacchino vedere se quello che scrive corrisponde un minimo a verità…
Insomma, questo è un articolo che scrivo da qualche anno e sinceramente è una sorta di fortunata tradizione, visto che è sempre tra i più letti dell'anno, grazie alla notorietà stratosferica della fiera e anche al fatto, forse, che i nomi indicati cercano di non essere troppo scontati. L'ordine in cui vi segnalerò i vini è puramente geografico, da Nord Ovest fino alle isole.
Barbaresco Cichin Riserva – Ada Nada (Pad. 10 – H1): una cantina al femminile gestita da Anna Lisa Nada sforna un rosso profondo e austero, frutto di un affinamento di 36 mesi in botte grande, ha molta energia e succo, profondità e beva. Una sorpresa molto gradita dell'ultima edizione di Slow Wine.
Amarone della Valpolicella Cl. Croce del Gal Label Black – Benedetti Corte Antica (Pad. 5 – C6): E lo so, qualcuno di voi comincerà a dire, ma questo qui lo scorso anno ci parlava di Pelaverga, di Gavi, di vini un pelo meno mainstream rispetto a Barbaresco e Amarone. Avete ragione, ma anche all'interno di queste denominazioni celeberrime si nascondono perle meno conosciute come prima Ada Nada e ora questa cantina di tradizione puramente contadina, con filari allevati a pergola che sfiorano gli 80 anni e un vino, questo rosso in particolare, elegantissimo e vigoroso e che esce sul mercato ben 10 anni dopo la vendemmia. Non perdete quindi la fiducia…
Pinot Noir Opoka – Marjan Simčič (Pad. 7 – B4-B6): “Dopo Barbaresco e Amarone ecco che ci piazza un Pinot Nero, ma questo ci prende in giro”, so che lo state già pensando… E invece, vi sbagliate, perché assaggiare questo rosso di rarissima eleganza vi farà rivedere i pregiudizi per il nobile vitigno piantato fuori dalla terra promessa, ovvero la Borgogna. Un'etichetta che Marjan e la moglie Valerija, titolari di questa splendida cantina slovena da due anni recensita da Slow Wine, hanno realizzato con cura certosina e cesellato come solo i grandi artigiani sanno fare.
Vernaccia di San Gimignano Campo della Pieve – Il Colombaio di Santa Chiara (Pad. 9 – A16): Ah, finalmente si inizia a ragionare… Un bianco toscano, cosa inconsueta. Per me una delle tipologie più sottovalutate in Italia, forse c'era una ragione fino a 15 anni fa, ora invece la Vernaccia fa sul serio e questa è una delle cantine più interessanti e “giovani”. La selezione è affinata solo in cemento e riesce ad esprimere un'acidità togliente davvero gustosa e gastronomica. Andate a conoscere i fratelli logo, sono pure simpatici!
Brunello di Montalcino – Pian delle Querci (Pad. 9 – C3): Ed eccola qui un'altra grande denominazione, ma anche in questo caso i protagonisti conducono una piccola cantina, non così conosciuta e che offre questa etichetta a un prezzo davvero da primato tanto che sulla guida Slow Wine si fregiano del riconoscimento della Moneta (che indica una produzione generale dall'impareggiabile rapporto tra la qualità e il prezzo). Brunello molto territoriale, frutto di un'affinamento tradizionale in botte grande, con succo e acidità in primo piano.
Montefalco Sagrantino Collenottolo – Bellafonte (Pad. 2 – E10-44): Conosco diversi colleghi che quando assaggiano il Sagrantino appena uscito in commercio temono per la vita delle proprie gengive, tanto la carica tannica si fa sentire. È la croce e delizia di questo rosso importante, non c'è nulla da fare, ma esistono versioni che giocano un po' meno sull'estrazione estrema e più sull'eleganza e sulla sapidità di questo nobile vitigno. Ecco qui l'esempio calzante di quanto vado predicando, la selezione di Bellafonte al sorso è polposa e dinamica, con tannini ben definiti e trama fine.
Abruzzo Pecorino Giocheremo con i Fiori – Torre dei Beati (Pad. 12 – E3-8): Fausto Albanesi è una bellissima persona, un contadino moderno, che realizza vini di puro spirito territoriale, mai urlati, sempre tonici e caratteriali, che ci conquistato sorso dopo sorso e questa sua interpretazione del Pecorino non fa eccezione: floreale e agrumeto, dalla sottile acidità e profondo dal punto di vista gustativo.
Molise Tintilia Beat – Vi.Ni.Ca (Pad. 11 – F5-H5): Ebbene si, il Molise esiste! E quest'azienda sta contribuendo con poche altre alla sua notorietà e lo sta facendo con un occhio alla naturalità della coltivazione e anche della vinificazione. Rodolfo Gianserra ha creato un'oasi di biodiversità di rara bellezza. Questo è un rosso profumato e varietale (con cenni di rosa) dal prezzo davvero molto interessante, cosa che di certo non guasta.
Primitivo di Manduria Lirica – Produttori Vini Manduria (Pad. 11 – C3): Alla faccia di chi dice che le Cooperative non ci piacciono ecco qui un rosso che costa meno di 10 euro sullo scaffale ed è davvero molto buono, merito dei 400 soci della cantina e del loro lavoro serio e rigoroso. profondo, sanguigno, con allungo sapido e gustoso sul finale opulento.
Sicilia Cataratto Miano – Castellucci Miano (Pad. 2 – 117 AG): Segnatelo da qualche parte, il Cataratto coltivato in altura (oltre i 500/600 metri) in Sicilia è un bianco pauroso, stupendo, unico e di forza trascinate. Qui a Valledolmo sanno bene come trattare la varietà, grazie a conferitori con alberelli di oltre 80 anni di età, sfoderano due bianchi magnifici; il Miano è quello un pelo più semplice, lo Shiarà è ancora più complesso e longevo, già che ci siete assaggiate entrambi!
*curatore guida Slow Wine