È solo medaglia di legno per l’Italia del vino nei mercati emergenti, i più interessanti Paesi importatori di Sud-Est asiatico, Medio Oriente, ex Urss, America Latina e Africa, oggetto di un’analisi realizzata dall’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies e Nomisma Wine Monitor e rilasciata oggi a Vinitaly.
Si tratta di Cina, Costa d’Avorio, Corea del Sud, Mozambico, Filippine, Nigeria, Malesia, Brasile, Tailandia, Messico, Taiwan, Ucraina, Vietnam, Bielorussia, Emirati Arabi, Kazakistan, Israele, Russia e Angola, 19 mercati che, complessivamente, nel 2016 hanno acquistato vino per 4,25 miliardi di euro, aumentando la loro domanda del 298% sui valori del 2006. Qui l’Italia ha esportato lo scorso anno 466 milioni di euro, posizionandosi al quarto posto tra i top exporter con una quota di mercato dell’11% (nello scenario del vino globale occupa il secondo posto con il 21%). Su ben altri livelli le quote della Francia, che con il 33% e 1,4 miliardi di euro fa il triplo dell’Italia, seguita da Australia (15%, 620 milioni) e Cile (12%, 501 milioni). E la classifica non migliora se si guarda alle performance di crescita: il +373% italiano registrato negli ultimi dieci anni non tiene il passo con l’impennata della Nuova Zelanda (+921%) e dell’Australia (+881%), ma neanche con il ritmo di Sudafrica (+516%), Francia (+434%) e Cile (+379%).
Per Silvana Ballotta, ceo di Business Strategies: “Per stare al passo con la nuova geografia dei mercati del vino l’Italia deve potenziare l’impegno per l’internazionalizzazione, con un approccio sinergico che coinvolga il trade e attivi partnership mirate, ma anche coinvolgendo le istituzioni per lo sviluppo di accordi bilaterali attraverso l’Ue. In questi mercati dove il vino italiano ancora è poco conosciuto le azioni di promozione sono imprescindibili e devono puntare su un brand ombrello capace di affermare tutti gli elementi chiave del made in Italy”. “Al di là della leadership francese che figura a livello trasversale nel mondo – ha spiegato Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor –, nei mercati emergenti i vini dell’Emisfero Sud (Australia e Cile in primis) stanno crescendo di più di quelli italiani. Tra i fattori che li rendono più competitivi ci sono la maggior dimensione delle aziende esportatrici (fondamentale nei confronti degli operatori distributivi del mercato target), la notorietà dei vitigni (internazionali) e le facilitazioni all’ingresso determinate da accordi di libero scambio che nel caso del Cile permettono l’import a dazio zero per molti di questi paesi”.
Secondo i dati analizzati dall’Osservatorio, mentre l’Italia riesce a conquistarsi il primato solo nel mercato russo (29%) e ucraino (29%), il vino francese domina nel blocco medio-orientale (Israele e Emirati Arabi), in Nigeria, ma soprattutto in 4 dei 7 Paesi emergenti asiatici (Cina, Corea del Sud, Taiwan e Thailandia), dove la Cina esprime, da sola, il 50% della domanda di vino complessiva dei 19 Paesi (+1856% negli ultimi 10 anni). Sempre sul fronte della domanda, sono ben 14 su 19 i Paesi cresciuti in tripla cifra. Tra questi troviamo Thalandia (+244%), Malesia (+234%), Emirati Arabi (+219%) e Taiwan (164%), ma anche Russia (+110%), Brasile (+130%) e Messico (+113%).
C.d.G.