di Giorgio Vaiana, Marsala
E’ uno dei paesaggi più “instagrammati” della Sicilia. I mulini sullo sfondo e le vasche che si tingono di un rosa unico al tramonto.
Siamo alle saline di Marsala, in provincia di Trapani. Una cultura, quella della raccolta del sale, che da queste parti ha oltre 3 mila anni di storia, come racconta Giacomo D’Alì Staiti, presidente della Sosalt spa: “Chi nasce da queste parti ha sempre avuto a che fare con la tradizione della raccolta del sale o ha un parente salinaro”. E la raccolta del sale è un vero e proprio rito che si tramanda di padre in figlio. Ora il numero uno di Sosalt ha avuto un’idea: la raccolta notturna del sale. “Tutti i miei dipendenti erano davvero entusiasti della cosa”. E così nessuna levataccia all’alba e poi a contrastare l’afa incredibile con i termometri che da queste parti raggiungono spesso anche i 40 gradi. Appuntamento alle saline “Ettore e Infersa” dunque per iniziare a vedere la raccolta in notturna. Accompagnati in cielo da una luna gigantesca che quasi non servono le luci appositamente accese dai salinari. “La nostra è un’attività che trovo riduttivo definire solo impresa: la nostra è una testimonianza quotidiana di un modo di lavorare in uno dei luoghi più belli e fotografati della nostra splendida Sicilia, dove si coltiva in equilibrio con l’ecosistema che ci circonda, uno dei principali elementi della vita: il sale marino. In sintesi: siamo tradizione, turismo, memoria, industria”, spiega D’Alì Stati. Che usa nel corso della nostra chiacchierata il termine “saliturismo”. “Questi sono luoghi magici per i visitatori – dice – ed è bellissimo poter offrire loro uno spettacolo in più e quindi fargli vedere in diretta come si raccoglie il sale”. Le saline Ettore e Infersa non sono la principale fonte di approvvigionamento per la Sosalt che possiede in totale oltre 800 ettari di saline (nel trapanese le saline si estendono per 1.100 ettari di territorio, ndr): “Da qui produciamo meno del 10 per cento del sale che poi vendiamo ovunque nel mondo – prosegue – In totale produciamo 130 mila tonnellate di sale e il nostro fatturato si aggira sui 14 milioni di euro, due di questi vengono da attività turistiche”. Raccogliere il sale a mano costa 3/4 volte in più rispetto alla raccolta meccanica: “Ma il sale raccolto a mano – spiega Giacomo D’Alì Staiti – ha delle peculiarità uniche e può essere consumato subito senza alcuna lavorazione. E’ un sale Igp, e ce ne sono solo 3 in tutta Europa con queste caratteristiche che io lo definisco quasi “integrale”. Possiede anche maggiore quantità di potassio e magnesio che permettono di utilizzarne meno”.
Le frontiere del saliturismo
Oltre 5 anni fa si cominciò ad utilizzare il termine “saliturismo”, una parola che mette insieme le esperienze che i turisti possono fare legate alla cultura del sale ed alle saline. “Va bene il museo del sale – dice Giacomo D’Alì Staiti – ma non poteva bastare per riservare a chi viene a trovarci un’esperienza piena e che potesse poi raccontarla oltre i confini della Sicilia”. Per questo inizia il percorso dedicato tra le vasche, le visite agli antichi mulini (sono tre in totale) che sono stati recuperati dall’azienda dopo anni di abbandono e che vengono utilizzati due nel circuito idraulico delle saline e uno, il più grande, come elemento qualificante del percorso di visita e museale attivo nella Salina Infersa. Ogni giorno sono centinaia i turisti che visitano queste saline. Per questo l’azienda, nell’ambito della crescita di richieste, ha anche deciso di incrementare l’offerta turistica estendendo i percorsi di visita all’esterno del mulino consentendo l’accesso agli argini delle saline e, passo dopo passo, creando nuove proposte esperienziali: percorsi guidati dentro le saline, la raccolta manuale del sale al fianco dei salinai, la degustazioni di diverse varietà di sali, nuove esperienze enogastronomiche, nuove formule di accoglienza e accesso nella riserva, percorsi benessere con il sale, prodotti cosmetici naturali realizzati con elementi unici della salina, inserendo anche nel circuito alcuni passaggi nella meravigliosa Isola grande (Isola Lunga), che chiude la laguna dello Stagnone ed è raggiungibile dal mulino con pochi minuti di navigazione lagunare.
Le saline, una storia millenaria
Il sale è servito a tutti i popoli: da quelli che hanno iniziato a utilizzarlo per la cottura dei cibi, a quelli che lo impiegavano per la conservazione delle derrate alimentari. Per i fenici, che basavano la loro penetrazione commerciale su lunghe navigazioni, avere a disposizione acqua dolce e sale erano le pre-condizioni indispensabili per identificare, lungo le proprie rotte commerciali, i luoghi ove installare le proprie colonie costiere: le “stazioni di bunkeraggio” diventavano indispensabili per i rifornimenti. Plinio il vecchio parla della coltivazione del sale già in epoca romana in Italia, citando anche Trapani. Ci sono altre prove scritte dell’esistenza delle saline nel trapanese risalenti all’epoca della dominazione musulmana in Sicilia; il noto cronista arabo Edrisi (o Idrisi), nel 1154, quando descrive Trapani, scrive “proprio davanti alla porta della città si trova una salina”. La costruzione delle saline Ettore e Infersa, lungo la costa dello Stagnone, fu autorizzata tra il 1492 ed il 1508 dai viceré spagnoli di Sicilia. Che si trattasse di una sanatoria di impianti preesistenti o di un atto fondativo delle saline non è noto. Ma è il 25 maggio del 1562 il giorno in cui si registra la prima vendita, ai rogiti del notaio Bartolomeo Passalacqua, di una metà di “salinam unam… cum domo molendini”, dal Magnifico Hector de Grignano al Magnifico Joannes Petrus de Manuelio. È probabile che sia stato proprio Hector de Grignano a dare il nome alla “Salina Ettore”. Mentre è certo che l’atto testimonia l’esistenza, già a quel tempo, di un mulino dedicato alla molitura del sale.