di Gianni Paternò
Continuiamo la nostra chiacchierata con Tonino Guzzo.
Nel precedente articolo (leggilo qui), abbiamo raccontato la degustazione di alcuni suoi vini bianchi che ha tenuto Tonino davanti a tanti appassionati presenti all'iniziativa. Parole impregnate dal suo modo di pensare la vigna e il vino, dalle sue riflessioni dettate dall’esperienza, dai giudizi ricavati dal suo gusto. Nel suo racconto, che rispecchia l’entusiasmo per il lavoro, ha avuto il coraggio di affermare concetti che demoliscono alcuni luoghi comuni.
Quale enologo avrebbe mai sentenziato che molti dei vini di Alsazia non gli siano piaciuti? Tonino ha avuto il coraggio di dirlo spiegando che le condizioni meteorologiche di quella regione spesso non permettano di fare ottimi vini e, mettendo a confronto ardimentosamente l’Alsazia con la Sicilia, aggiungendo che ormai nell’Isola la qualità media è molto alta. Ha criticato chi produce a basso prezzo quasi sempre non retribuendo adeguatamente la fatica degli agricoltori, nonchè le Guide dei vini che premiano il rapporto qualità/prezzo, perchè così premiano il vino più buono venduto al prezzo più basso, svilendo quindi un territorio, mentre dovrebbero introdurre il premio a chi riesce a vendere il miglior vino al prezzo più alto. Bella provocazione.
Poi ha continuato a descrivere il suo modo di fare i bianchi, la sua Sicilia in Bianco.
Per cominciare: niente malolattica, fin dal 1991, perchè i vini bianchi devono essere freschi di acidità e fragranti, niente prodotti acidificanti perchè l’acidità deve essere quella naturale, nulla per aggiungere o arricchire i profumi, che devono provenire dalla varietà, dal lavoro in campagna e non dalla chimica in cantina. Un vino con aggiunta di acido tartarico ha un’acidità pesante, aggressiva, che svanisce subito, mentre l’acidità naturale è equilibrata, rimane a lungo affiancata alla sapidità. Quello che aggiunge è solamente il metabisolfito, nella quantità minima necessaria per contribuire alla salubrità del vino. La bontà della vigna si manifesta nell’equilibrio tra l’acido malico e il tartarico.
Non esiste un “protocollo Guzzo”, non ci sono pratiche da fare sempre; tutto è regolato dalle caratteristiche contingenti della varietà, del terreno e del clima. Nei bianchi ancora non usa i lieviti spontanei, nonostante che continui a sperimentarli, perchè agendo col controllo della temperatura sotto i 20 gradi il rischio che la fermentazione si blocchi è molto alto. Aggiunge, facendosi un complimento, che i suoi bianchi sono molto longevi, proprio perchè ha rispettato l’uva e il vino.
Sul Grillo il suo approfondimento è iniziato nel 2005 e lo paragona, trovando punti in comune, ad un altro grande vitigno bianco: il Sauvignon, anch’esso ricco di mercaptani che ne caratterizzano gli aromi vegetali. Il Grillo si è diffuso nel trapanese perchè zuccherino e quindi ottima base per il Marsala; oggi è diventato un must dei bianchi autoctoni perchè capace di dare vini fruttati, profumati, freschi e sapidi.
Si sono degustati: Grillo di Ottoventi, Grillo di Feudo Disisa, Fileno di Cva Canicattì, Zahara di Casa Di Grazia, tutti del millesimo 2014, tutti, nella loro diversità, eccellenti rappresentanti del Grillo classico, quello profumato, fresco e sapido, intriso di pera William, di mela, di fiori, di agrumi e del vegetale di lantana.
Per finire uno Zibibbo secco il Rajah 2014 di Gorghi Tondi, altra scommessa che Guzzo ha affrontato e vinto quando ha voluto fare un vino secco dallo Zibibbo di Marsala, un vino dove senti la fragranza dell’acino, raccolto al momento giusto, non surmaturo quando ormai sarebbe carico di zuccheri, un vino che esprime fine aromaticità, eccellente bevibilità, incredibile freschezza.
La serata si è conclusa con l’augurio di poter gustare al più presto anche la Sicilia in Rosso di Tonino Guzzo.