>di Raffaello Maugeri
Ricordo, qualche tempo fa, una cena indimenticabile a casa di un amico.
Tra i tanti grandi vini scelti per la serata, un Echezeaux del Domaine de la Romanée-Conti, anno 2000, che mi lasciava senza parole. Della Borgogna e del Pinot Nero aveva tutto, il colore rosso rubino scarico, l’intensità e la complessità all’olfatto, con richiami di viola, frutti, spezie e toni minerali, ma all’assaggio c’era anche qualcos’altro: eleganza e raffinatezza che accarezzavano il palato in un’esperienza quasi mistica e preziosissima per me. Sapevo che il Grand Cru da me degustato non era neppure il più grande né il più costoso dei vini prodotti dall’azienda ma riflettevo che il celebre Domaine, era celebre per i prezzi che praticava al suo affezionato e ristrettissimo pubblico.
Non credendo che un’azienda e i suoi vini possano essere giudicati solo dal costo dei propri vini, prodotti in quantità limitate certo e questa in Borgogna non è un eccezione, il “mito” doveva fondarsi su ben altro- Sono andato a rileggermi la storia del Domaine e ho parlato con chi Romanée-Conti ed i suoi vini li conosceva bene. E ho compreso che la grandezza dell’azienda viene dalla sua incredibile e lunghissima storia, della quale vale la pena ricordare qualche passaggio significativo.
I vigneti del Domaine erano noti già nel tardo medioevo, in particolare gli attuali Romenée St. Vivant e Romanée-Conti erano conosciuti come Cloux de Saint Vivant, suoli studiati attentamente dai monaci che per difficoltà economiche sopravvenute dovettero disfarsene. I grandi vigneti diventano tali specie se nel tempo qualcuno studia, conosce e sfrutta le loro potenzialità prima celate.
Celebre proprietario fu dal 1760 il principe Louis-François Bourbon de Conti, che rivaleggiava con madame de Pompadour alla corte di Luigi XV e solo per poco non riuscì a fare del suo vino il vino ufficiale di corte. La sua opera di mecenate non restò ignota poiché, nonostante i moti rivoluzionari avessero requisito la proprietà al figlio, nuovo principe di Conti, già nel 1794 questa viene citata con il nome di Romanée-Conti a singolare e perenne riconoscimento, in un’epoca rivoluzionaria, dell’opera lì svolta dal nobile proprietario.
Da sinistra Aubert de Villaine e Henry-Frédéric Roch
Dopo tanti passaggi di mano, la proprietà passa nel 1911 a Henri Chambon e Edmond Gaudin de Villaine, il cui discendente Aubert è uno attualmente uno dei due co-gérant del Domaine.
Acquisizioni importanti ma anche scelte produttive azzeccate danno seguito ad una serie impressionante di grandi annate, specie con la guida di Lalou-Bize Leroy e Aubert de Villaine, dal 1974 . Il temperamento della Leroy e le sue indubbie capacità di direzione, unite a una sensibilità perfetta di degustratrice, creano facilmente scontri con l’altro co-gérant De Villaine e alla fine la Leroy lascia, dedicandosi esclusivamente ai domaine di famiglia
Oggi il Domaine dai suoi 24 ettari di vigneti produce circa 80mila bottiglie l’anno, con rese molto basse, tra queste alcuni tra i più grandi vini di Francia come i Grand Crù Romanée-Conti, La Tache, Echezeaux, Grand Echezeaux, Romanée St. Vivanted il bianco Montrachet.
Le scelte di Aubert de Villane, oggi alla guida con Henri Frédéric Roch, nipote della Leroy, di dare ogni spazio possibile alle qualità e sanità delle uve, a metodi di coltivazione biologici, e a intervenire in cantina in modo misurato, con un uso sapiente della barrique, dimostrano che la conoscenza del terroir, l’intrinseca qualità dei vigneti e una gestione saggia della vinificazione sono gli ingredienti essenziali per fare un grande vino, non basta il marketing.
Il mito di Romanée-Conti continua grazie alla sua storia affascinante che si mescola e confonde con la storia del vino di Borgogna e di Francia e si illumina grazie a vini meravigliosi come l’Echezeaux che è all’origine di questa nostra storia.