di Marco Sciarrini
L’occasione della manifestazione Benvenuto Brunello ci ha consentito di visitare una delle realtà di questa magnifica terra: la Tenuta Poggio il Castellare.
Ma, come tanti sanno, a volte non basta la posizione geografica a fare buoni vini, serve la passione di chi li cura, e qui ritorna come in tante realtà toscane il valore aggiunto che riesce a dare il nucleo familiare come la famiglia Baroncini con la sua passione. Infatti, l’azienda condotta da Bruna Baroncini che si avvale dell’apporto del nipote Samuele Baroncini e della compagna Giulia, è diventata una delle realtà più promettenti del panorama di Montalcino. La storia della famiglia Baroncini vede nel 1995 l’acquisizione de Il Faggeto, a Montepulciano, che rappresenta il primo territorio dove inizia a sperimentare con il vitigno principe di queste terre. Nel 1997 è la volta della Maremma, nella fattispecie Magliano in Toscana, con l’acquisto di Fattoria Querciarossa, dove la sfida di interpretare il Sangiovese in tutte le sue sfumature si impreziosisce e acquista significato. Nel 1998 vede approdare Bruna a Montalcino realizzando un sogno: quello di produrre il Brunello, “il re dei rossi” con l’acquisizione di Tenuta Poggio Il Castellare. Nel 2003, poi, la famiglia Baroncini completa il suo parco di offerta sul Sangiovese, nel contempo realizzando le visioni del padre di Bruna, con l’acquisto di Tenuta Casuccio Tarletti, a Castelnuovo Berardenga, versante Chianti Classico. Senza dimenticare che la passione per la viticoltura l’ha portata a spingersi fuori dai confini nazionali fino in Georgia, dove produce, anche lì, degli ottimi vini in anfora che sono però destinati unicamente al mercato russo. Tutte le Aziende rientrano sotto il marchio di “Tenute Toscane”. “La mia vita va di pari passo al mio viaggio del Sangiovese in Toscana, vitigno che mi stupisce sempre per la diversità di espressione a seconda della terra toscana dove cresce – dice Bruna – Mentre mi accingevo a esplorare il continente vitivinicolo Montalcino, mi sono imbattuta in alcune belle colline che per la loro dolcezza sembravano nate per ospitare dei vigneti; infatti, la mia immaginazione mi ha portato subito a vedervi impiantata una suggestiva vigna circolare a raggiera o, come si dice in dialetto montalcinese, a girapoggio”.
(Poggio Il Castellare)
La prematura morte del padre, nel 1987, significa per Bruna rinunciare al sogno di diventare medico, ma le fa scoprire la vocazione di una vita, rendendola protagonista alla cura delle vigne, come già, prima di lei, nonna Gina, e ancora mamma Ilva, e come (forse) sarà per la piccola Bianca Apollonia, figlia di Samuele. La tenuta è collocata in località Torrenieri, siamo a circa 350 metri di altitudine, nel quadrante nord-est del territorio di Montalcino, un territorio di cui ultimamente, anche e soprattutto per via del mutamento climatico in atto, si fa un gran parlare come protagonista assoluto per il futuro della denominazione. La tenuta consta complessivamente di 40 ettari, di cui sette dedicati a vigneto, due a tartufaia, un bosco ricco di erbe officinali, mentre la restante parte è destinata a seminativo e alla coltivazione di grani antichi. Al centro, la struttura padronale, a sua volta un agriturismo di lusso, costruita sopra la barricaia, domina i vigneti, disposti a girapoggio su terreni in cui è maggiore la componente argillosa rispetto a quella sabbiosa.
(I vigneti)
La filosofia di produzione condivisa con l’agronomo Federico Becarelli e con l’enologo Nicola Berti segue il metodo dell’agricoltura biologica, in conversione dovrebbe essere certificata nel 2023, cercando di valorizzare quanto più possibile il vitigno del Sangiovese e gli internazionali, Cabernet Franc e Merlot. La gestione della campagna è più di salvaguardia, con interventi mirati destinati a fornire un corretto apporto di sostanze nutritive; quindi, semina tra i filari di colture da sovescio come leguminose, crucifere e graminacee, con il fine di aumentare la biodiversità. Poggio il Castellare non è solo vino, ma anche ospitalità e gastronomia; infatti, nelle eleganti suite si può trovare arredamento tipico della campagna toscana con eleganti pezzi dell’arredamento della Francia del sud a cui è molto legata Bruna. Ed anche il ristorante dove Bruna si diverte a preparare le prelibate ricette toscane. Da segnalare un silenzio “assordante” proveniente dalla campagna circostante.
(La degustazione)
Nel corso della degustazione, oltre ai vini delle altre tenute che ci riserviamo di illustrare in altra occasione, abbiamo potuto degustare i vini della Tenuta Poggio il Castellare:
Passo Dei Caprioli Toscana Rosso Igt 2019
Sangiovese 70 %, Merlot 30%. Colore rosso rubino con riflessi violacei, al naso bouquet con sentori di piccoli frutti rossi, melograno e confettura di prugna, poi un tocco speziato di pepe verde, al palato è morbido e di media struttura, con un bel bilanciamento tra tannini nobili e acidità, finale lungo e persistente su note officinali e speziate.
Castellare Rosso di Montalcino Doc 2019
Sangiovese grosso in purezza. Colore rosso rubino, al naso sensazioni di ribes rosso e sottobosco, maggiorana, note floreali di viola, al palato bella tensione, sorso croccante, è fresco e sapido sulle note di frutti rossi.
Brunello di Montalcino Docg 2017
100% Sangiovese Grosso. Colore rosso rubino tendente al granato, al naso molto intenso, persistente, con note di frutti rossi e spezie, al palato equilibrato con tannini vellutati e lunga persistenza aromatica. In commercio da gennaio 2022.
Pian Bossolino Brunello di Montalcino Docg Riserva 2016
Sangiovese Grosso in purezza. Colore rosso rubino intenso con riflessi granati, al naso elegante e persistente con note di piccoli frutti rossi, ribes su tutti, prugna matura amarena, poi un tocco officinale e balsamico speziato con maggiorana e noce moscata, china e genziana, al palato è teso e succoso, con sensazione di arancia sanguigna e petali di fiore, bell’equilibrio tra tannino vellutato e acidità sapida, chiude con lungo finale e gradevole persistenza.
Cervio Sant’Antimo Doc 2015
Cabernet Franc in purezza. Un vero e proprio cru di Sant’Antimo. Colore rosso rubino intenso, al naso bouquet elegante e persistente su note speziate e di macchia mediterranea timo, e piccoli frutti neri tra cui il ribes, ed anche di accenni balsamici al palato succoso con vivace acidità e tannino vellutato, chiude con note balsamiche e speziate con finale lungo e persistente.