Il Magliocco si sta facendo strada.
E la sta percorrendo in tempi record, considerando quelli del sud. Eppure adesso ha tutte le carte per essere eletto ambasciatore della rinascita del vino calabrese, non più fratello minore del Gaglioppo. Simbolo del fermento di un’altra parte della regione, il territorio della provincia di Cosenza, dove il vitigno da sempre dimora e adesso diventato la scommessa per un nuovo e piccolo esercito di cantine della zona.
Si sta creando il suo spazio tra i grandi blasonati del Meridione di questi ultimi tempi, dall’Aglianico al Gaglioppo, dal Primitivo al Negroamaro al Nerello Mascalese. Protetto da una nuova denominazione, Terre di Cosenza, che ha debuttato a novembre dell’anno scorso con una formula verticale che riprende il modello delle Aoc francesi. Si suddivide in fasce: una base in cui è consentito il blend tra Magliocco e vitigni internazionali; una seconda che restringe l’entità del blending e dà la possibilità di fregiarsi delle sottozone, quelle che prima erano le denominazioni con il mantenimento dei vecchi disciplinari; una fascia superiore che prevede la diminuzione ulteriore della resa per ettaro e che pone maggiore attenzione al cru. “Abbiamo ricevuto il plauso dal Ministero per questa organizzazione del disciplinare – spiega Demetrio Stancati titolare della cantina Serracavallo, presidente del Consorzio Calabria Citra e promotore della Denominazione Terre di Cosenza -. Da un lato ci ha consentito di includere i vecchi disciplinari di produzione delle cinque Doc in cui era diviso il territorio di Cosenza e poi di legare ancora di più il vitigno al territorio. Le denominazioni precedenti non erano nemmeno conosciute nell’ambito della stessa provincia. La necessità allora era di trovare un modo per unificarle e dare al messaggio un’ immagine forte del territorio”.
Demetrio Stancati
La storia che ruota attorno al Magliocco Dolce sebbene antichissima, e che ha anche vissuto un periodo buio, l’abbandono della coltura negli anni 70, adesso si arricchisce di un nuovo capitolo che debutterà sugli scaffali ufficialmente con la vendemmia 2012 sotto la Dop Terre di Cosenza. Non da intendersi un traguardo ma come prima tappa, suggerisce Stancati. Passo che suggella la vitalità di questa parte di Calabria dove è cresciuto in pochissimi anni il numero di cantine che hanno voluto puntare sul vitigno e aderire al consorzio. “Ai tempi della costituzione del Consorzio eravamo cinque cantine, oggi siamo una cinquantina – riferisce Stancati -. La mia ha solo tredici anni ed è la più vecchia. Il mercato risponde bene al Magliocco. Piace agli operatori del settore”. Una novità dell’offerta Made in Italy che si fa strada anche oltre confine e l’umore sul futuro di questo vino è più che roseo. Intanto la produzione sarebbe aumentata in breve tempo, come riferisce il presidente “da 300mila bottiglie si è passati ai due milioni di oggi e la crescita non si ferma. Ciascun produttore del Magliocco ne tira fuori un’interpretazione legata al proprio terroir”.
Insomma il Magliocco conferma ancora una volta, in linea con il trend riscontrato in tutte le regioni vinicole d’Italia, che la carta sullo scenario internazionale da giocarsi oramai è solo una: il recupero di ciò che ha sempre caratterizzato la cultura e la storia del territorio. “Il Magliocco Dolce è il re di queste zone – conclude Stancati -. L’Arvino così come la Lacrima, dagli studi che abbiamo fatto con il professore Attilio Scienza hanno dimostrato che dal punto di vista genetico si tratta dello stesso vitigno”.
La rinascita di questo angolo di Calabria si può dire che sta andando a gonfie vele e, anche se ancora non del tutto sotto i riflettori del grande mercato, conquista i Paesi esteri. Anche quelli più lontani come il Giappone. La notizia ci arriva proprio da una delle nuove realtà enologiche della zona del Pollino, Tenute Ferrocinto che avrebbe addirittura raddoppiato l’esportazione di vino in questi ultimi mesi. I winelover nipponici si sarebbero innamorati proprio del vino Magliocco.
Ed ecco spiegato il perché di questa passione. “C’è intanto una curiosità nei confronti dei vitigni autoctoni italiani in generale – chiarisce Stefano Coppola, enologo e direttore di produzione di Ferrocinto -. Se prima il loro gusto si orientava su quelli internazionali, adesso vogliono bere vini dalla spiccata identità territoriale. Più di altri vini a bacca rossa del sud, il vino Magliocco si sposa al loro standard del gusto”.
Sarebbero i tannini e il colore che caratterizza questo vino le qualità più apprezzate. “Tradizionalmente hanno una cucina spigolosa. Sono abituati a determinati sapori e per questo apprezzano in tannini del Magliocco – spiega Coppola -. Faccio il paragone con i consumatori tedeschi. Loro per esempio, al contrario, non apprezzano tanto questa tipologia, perché il loro gusto è tarato più sulla sensazione del dolce. Dal punto di vista cromatico poi i giapponesi amano i riflessi violacei, amano il colore granato vivace del vino”.
M.L.