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Vini e territori

L’incontro Etna-Langhe: Graci e Rocca allo stesso tavolo. Pranzo/degustazione al Seta

28 Novembre 2017
Pietro_Pellegrini_Alberto_Graci_Silvia_Rocca Pietro_Pellegrini_Alberto_Graci_Silvia_Rocca


(Pietro Pellegrini, Alberto Graci e Silvia Rocca)

di Michele Pizzillo, Milano

Pietro Pellegrini, erede di una famiglia che dal 1904 seleziona e distribuisce vini e distillati, oltre ad essere un esperto conoscitore del settore, è anche molto raffinato nelle selezioni, visto che è lui a scegliere i prodotti che vuole proporre ai clienti sparsi in tutta Italia. 

E, così, spesso organizza delle colazioni riservate ai giornalisti per fare degustare le ultime novità prodotte dalle aziende che fanno parte del portafoglio dell’azienda Pellegrini, con base a Cisano Bergamasco. Questa volta ha fatto qualcosa di diverso dal solito. Cioè, ha scelto un ristorante, Seta del lussuoso Mandarin Orientale hotel di Milano dove regna in cucina il bistellato (l’anno prossimo potrebbe essere il nuovo tre stelle Michelin) Antonio Guida e ha chiesto a due vignaioli, il piemontese (delle Langhe) Bruno Rocca e il siciliano (dell’Etna) Alberto Aiello Graci, di portare tre vini a testa da abbinare ai piatti concordati con lo chef.

Dove stà l’originalità dell’iniziativa? Ad ogni piatto sono stati abbinati due vini, ovviamente uno del Nord e l’altro del Sud. L’obiettivo di questa scelta? Una sfida Nord-Sud? “Ma no, un semplice incontro fra due realtà che sono fra le più interessanti del patrimonio vinicolo italiano”, dice Pellegrini. A mano a mano che si susseguono i piatti, anche noi escludiamo che si tratti di una sfida. Escludiamo anche che sia un semplice incontro “fra amici”, perché la sensazione percepita è che si stesse celebrando una sorte di matrimonio. E se così fosse, sarebbe un matrimonio ideale Etna-Langhe. A questo punto pensiamo che nell’ovattato Seta si è consumata una colazione che aveva tutti i crismi di essere un pranzo nunziale. D’altronde le danze sono state aperte da un “francese” molto esperto di ricevimenti, l’ottimo Champagne di Domaine R.Pouillon brut 2010. Quindi, da matrimonio classico – che, però, non prevede due vini con lo stesso piatto – con le bollicine con gli stuzzichini e il susseguirsi degli abbracci fra i sei vini. Parliamo di abbracci perché non abbiamo avvertito grandi differenze tra il nettare delle Langhe e quello dell’Etna. Vini ottimi e, volendo, anche interscambiabili, per l’appagamento che assicurano agli appassionati. Anche perché “si tratta di vini fatti da famiglie che vivono le proprie vigne, le curano, le coccolano, e si assicurano un sapore diverso da quelli delle grandi produzioni”, ha detto Graci. Che dopo aver fatto un brillante excursus storico sulla viticoltura etnea, ha concluso con la battuta “provate ad immaginare l’Italia senza il vino”. Sorriso compiaciuto e di assenso da parte di Luisa Rocca, delegata da padre e fratello, Bruno e Francesco, a rappresentarli a Milano a questa colazione-degustazione resa ancora più appetitosa dai vini dell’Etna e delle Langhe. 

Insomma, un grande matrimonio quello tra Graci e Rocca, celebrato da Pellegrini che ha sottolineato che la dote e più o meno identica: 22 e 15 ettari di vigna, nei terroir più belli dell’Etna (Passopisciaro di Castiglione di Sicilia) e delle Langhe (Rabajà a Barbaresco). Questo il “pranzo delle nozze” concordato da Pellegrini con lo chef Antonio Guida e il pastry chef Nicola Di Lena.

Antipasto: cavolfiore con salsa al latte di mandorla, succo di yuzu e frutti di mare accompagnato da


Etna Bianco Arcurìa doc 2015:
Carricante (70%)  e Catarratto (30%) che alla degustazione si presenta con un bel colore giallo cristallino e al naso evidenzia profumi di fiori bianchi, gelsomino, gardenia e una bella sequenza di note fruttate. In bocca è sottile, delicato, di buona freschezza con un gradevole fondo sapido e lunga persistenza che nel finale lascia un piacevole sentore agrumato.


Langhe Chardonnay Cadet doc  2015: prende il nome da una cascina utilizzata dai cadetti dell’esercito, questo Chardonnay dal colore giallo paglierino, maturato 80% in acciaio, per 6-8 mesi, 20% in barrique di rovere francese e affinato per 10 mesi in bottiglia. Il profumo è delicato con netti sentori di pompelmo, fiori e una vena balsamica. Di facile beva, fresco e con la giusta acidità che lascia pulita la bocca. 

Primo piatto: risotto all’anice stellato con scorzonera e polvere di cavolo nero


Etna Rosso Arcurìa doc 2014:
è rosso rubino luminoso questo vino ottenuto da Nerello mascalese vinificato in tini di rovere, dove matura per 24 mesi; e, che, al naso esibisce una eleganza sostenuta da un bouquet di profumi fruttati, floreali e spunti minerali che probabilmente ricordano la pietra focaia. In bocca è morbido, caldo, con una trama tannica leggermente spigolosa. Lunga la persistenza che, alla fine, chiude con una vena gradevolmente amarognola. 

Barbaresco Rabajà docg 2014: in una vendemmia piuttosto complicata, Bruno e Francesco Rocca sono stati capaci di produrre un rosso che esprime tutte le singolarità del gran cru, come potenti sensazioni fruttate, bacche sotto spirito e note speziate prevalentemente di noce  moscata. In bocca con una massa gustativa piena,  è caldo, avvolgente, elegante con tannini morbidi e grassi e una persistenza che si conclude con una vena gradevolmente amarognola.

Secondo piatto: germani reale farcito con crema di cipolla, sedano rapa e tartufo bianco


Quota Mille Barbabecchi 2014:
questa è la vigna più alta d’Europa e il Nerello mascalese autoctono dell’Etna permette di produrre un rosso che al naso esibisce una sequenza di profumi che spaziano da amarena a sensazioni balsamiche e mentolate, erbe aromatiche e tostato di caffe e cioccolato amaro. Elegante e austero al palato, è sostenuto da una trama tannica dolce ed equilibrata. Sosta 24 mesi in botte di rovere e 12 mesi di affinamento in bottiglia. 

Currà Barbaresco Riserva Docg 2012: è il primo vino che ha fatto mia fratello Francesco, dice Silvia agli ospiti di questo “originale matrimonio”, prodotto in 4.036 bottiglie, 160 magnum e 15 jeroboam (scritto in etichetta). Ovviamente Nebbiolo in purezza lavorato in una botte grande , con continui rimontaggi, perché si è puntato molto sulla freschezza e sull’eleganza nonché a preservare le belle note di frutta fresca e di rosa canina. Matura in botte grande per 36 mesi.

Dessert: mandarino farcito con kumquat, castagne e gelato alla grue di cacao


Jurançon Uroulat 2014:
francese dei Pirenei ottenuto da uve Petit Manseng lavorate con pressatura lenta e soffice, fermentazione in barrique, delle quali il 20% nuove. Affinato in barrique da 225 litri per 10 mesi. E’ un modello di grazia ed equilibrio, fruttato, dall’acidità cristallina. Appetitoso e leggero, il suo profumo naturale di albicocca e frutta esotica, si prolunga nel finale, mai pesante né stucchevole.