(Tomeu Arbona e Lluis Perez)
di Michele Pizzillo, Maiorca
Premessa importante: non sono un grande frequentatore di press tour e, quindi, non ne conosco molto bene le dinamiche.
Poi arriva, chissà perché, un invito a partecipare ad un viaggio stampa a Maiorca: tema “Maiorca foodie experience”. Dopo un po’ di titubanza, accetto di partecipare anche perché qui ci sono ben 5 ristoranti stellati. Per la partenza l’appuntamento è a Malpensa. Siamo in 20 e, quindi, ci si prepara ad una convivenza che da sprovveduti, immagino, spesso potrebbe anche essere non facile. C’è l’imprevisto di un ritardo del volo e, quindi, tutto il tempo per cominciare ad individuare il collega che ti ispira più simpatia per essere sicuri di avere un appoggio in caso di qualche difficoltà. Non c’è il tempo, però, perché Aigo, l’ufficio stampa italiano dell’Ente per il turismo delle Baleari, aveva preannunciato una sorpresa una volta atterrati a Palma di Maiorca. Complice il ritardo del volo, la sorpresa comincia a svelarsi in territorio italiano: si andrà a spasso in tre gruppi differenti e con diversi percorsi ed esperienze. Così, una volta a Maiorca, al ricevimento di benvenuto, nella suggestiva cornice del centro convegni di Casal Solleric, Pere Munoz, direttore dell’Ente per il turismo delle Baleari, non fa altro che completare il “segreto” in parte svelato a Malpensa, consegnando ai giornalisti una bella borsa (roballengues, nell’idioma locale) confezionata in cotone intrecciato con filo e che si produce ormai solo a Maiorca, di tre colori diversi, in base il gruppo di appartenenza in cui sono divisi i 20 giornalisti italiani che durante il soggiorno a Maiorca, si reincontreranno solo la sera della cena conclusiva presso il Restaurante Zaranda a firma dello chef Fernando Arellano, (2 stelle Michelin). Diciamo che il signor Munoz sa fare bene il suo mestiere, visto che con un solo viaggio riesce ad avere reportage uno diverso dall’altro dal gruppo di giornalisti italiani.
(Alessandra Bitetti e Pete Munoz)
Partiamo dall’arrivo a Palma; cioè, dal ricevimento nel centro congressi Casal Solleric che già fa capire che le 48 ore di permanenza prevista dalla “Maiorca foodie experience” non si potranno dimenticare facilmente. E che l’affermazione di Maiorca “un luogo dove la gastronomia non è solo un concetto, ma un’autentica passione per i prodotti che il mare e la terra offrono stagione dopo stagione”, è la pura verità. A Casal Solleric ci pensano due personaggi molto diversi fra loro per formazione professionale: il fornaio Tomeu Arbona e il pasticcere Lluis Pèrez. Il primo è uno psicologo che per la crisi che ha colpito la Spagna qualche anno fa, si è riciclato in fornaio e oggi si è assunto la mission di recuperare le vecchie ricette custodite dalle donne maiorchine e di riproporle poi alle stesse. Il massimo del “sadismo”, lo diciamo con simpatia, per Tomeu è quello di portare nelle case dove ha recuperato le antiche ricette, i prodotti che confeziona nel suo Fornet de la Soca, che si trova vicino alla chiesa di Sant Jaume. Insomma, da psicologo ad archeologo del gusto (l’insegna del Fornet recita: arquelogia gastronomica local), questo il percorso di Tomeu. Invece, Lluis Peèrez ha sempre fatto il pastisser, con l’impegno di utilizzare molta tecnica per raggiungere il massimo dell’esaltazione dei profumi. Un esempio sono i cornetti fatti con farina di grano mista a quella di carrube e ripiene di crema di carrube: una delizia che ti invoglia a mangiarne uno dopo l’altro. Ma, anche, la tartelletta fatta con farina di lampone e arricchita di melograno oppure la millefoglie che racchiude tutto il sapore delle Baleari. E’, pure, l’occasione per un primo incontro con i vini di Maiorca e, in particolare con un bianco da Malvasia che è molto interessante.
(La tavola apparecchiata nel Chiosto di Sant Francesc)
La cena, per il gruppo numero 3, praticamente l’itinerario del sale a cui siamo stati assegnati d’ufficio, è nel maestoso e suggestivo chiostro annesso alla bellissima chiesa di Sant Francesc, sempre nel centro di Palma. Di scena è il primo chef stellato dei cinque che si incontreranno nelle 48 ore di permanenza, Tomeu Caldentey, proprietario di tre ristoranti: Bou, a Sant Llorenc des Cardassar e Taranja Negre Mar e Tomeu, a Palma, dove propone tre cucine diverse: avanguardista, classica e di mare. Con Caldentey, comunque, è una continua scoperta della materia prima maiorchina che racchiude l’essenza del mare e della terra in quello che lo chef chiama equilibrio mediterraneo. Così sul tavolo fa scorrere oliva fritta e polpetta di pesce, bruschettina e frittella d’agnello prima di passare alla Llampuga con escabeche, nei giorni che si va verso la conclusione della pesca di questo pesce molto ben considerato dai maiorchini. Prosegue, poi, con melanzana glassata con riso soffiato preparato con quattro spezie (pepe giallo, pepe nero, cannella, anice stellato) e salsa agrodolce. Buonissimo il calamaro con la morena, come pure i canelon 2001 cioè cannelloni ripieni con carne di maiale e di anatra e ricoperti di funghi. Conclusione con dolce de mar condito con pinoli e fichi secchi.
(Tomeu Caldentey)
Con Tomeu scopriamo i primi vini maiorchini come l’ottimo Vino Rosado Flaires ottenuto da un uvaggio di Syrah, Cabernet sauvignon e Merlot (lo stesso del Vino tinto Siò negre) e il bianco Mollet a base di Prensal blanc e Chardonnay. Ed anche uno chef che pur di non studiare, avrebbe ripiegato sulla scuola alberghiera, con i risultati che conosciamo tutti. Dice Tomeu “da piccolo ho cominciato a cucinare per fare mangiare i fratellini più piccoli) mi piaceva mangiare, però prodotti di stagione”. Da qui alla decisione di seguire gli studi presso la scuola alberghiera, per Tomeu è stato facile. Nella stessa scuola, spesso è lui a fare il professore. (continua…)