di Marco Sciarrini
Quando si parte alla scoperta di un territorio poco conosciuto al grande pubblico, ma che è intriso di storia cultura e bellezze paesaggistiche, è sempre con grande curiosità che ci si avvicina.
Quando poi queste peculiarità sono quelle legate alla viticoltura e ai suoi prodotti “è cibo per i nostri denti”. La scoperta è quella di un territorio tutelato, ossia il Consorzio Vini Venezia per un’area che va dalla Pedemontana veneta alle isole della laguna veneziana, coprendo una superficie di circa 4.939 chilometri quadrati e sviluppandosi sulle due province di Treviso e Venezia ed alcuni comuni del Pordenonese. Nel corso della visita abbiamo avuto modo di fare un approfondimento dei vini del Malanotte del Piave Docg, di cui vi racconteremo. Nel frattempo anche per ampliare la conoscenza delle denominazioni alcuni cenni storici. Nato nel 2011 dalla volontà dei viticoltori del Consorzio Tutela Vini Doc Lison Pramaggiore e del Consorzio Tutela Vini del Piave Doc, nel tempo la tutela si è allargata a cinque con altre Denominazioni come la Doc Venezia, la Docg Lison e Malanotte del Piave, riuscendo a contare oltre 2.700 produttori, tra soci diretti e indiretti. Il Consorzio oltre a tutelare le Denominazioni, si è adoperato istituendo un coordinamento delle attività e azioni di valorizzazione del distretto d’area rurale e dei percorsi culturali, enoturistici ed enogastronomici corredata da un’intensa attività di editoria. A capo dell’Ente il Presidente Giorgio Piazza e il Direttore Stefano Quaggio, che ci ha accompagnato alla scoperta del territorio.
(Il borgo Malanotte)
L’ampiezza della superfice tutelata comprende alcune varietà numerose ed eterogenee, tra quelle locali lo storico Raboso Piave, il Glera, il Tocai Friulano (ora Lison), il Refosco, il Manzoni Bianco, il Verduzzo, mentre tra gli internazionali sono maggiormente presenti il Merlot, il Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e lo Chardonnay. Discorso a parte per Il Pinot Grigio che è la varietà di punta del nord-est, costituendo in quest’area l’85% della produzione nazionale e il 45% del Pinot grigio esportato in tutto il mondo. Nonostante il Consorzio sia di recente costituzione, la storia del vino in questo territorio ha testimonianze già in epoca romana e sviluppate ancor di più con la Repubblica della Serenissima e i suoi commerci con il Medio Oriente e le coste orientali dell’Adriatico, contribuì notevolmente allo sviluppo della viticultura in entroterra portando nuove varietà. L’area così come oggi la conosciamo è frutto di un lungo periodo di glaciazioni e di successivi depositi alluvionali, dove l’acqua è l’elemento fondamentale grazie al Tagliamento, il Livenza, il Piave e il Brenta che hanno svolto un effetto di trascinamento di materiale dalle parti più elevate fino al mare, delimitando la pianura in due parti quella alta dove i suoli sono tendenzialmente ghiaiosi, dotati di buon drenaggio, che obbligano le radici delle viti ad esplorare gli strati profondi del suolo e dove vengono prodotti soprattutto vini bianchi, freschi, eleganti, aromatici con importanti note floreali e di frutta bianca. Mentre nella bassa pianura i suoli sono invece composti da materiali più fini, principalmente argille e limo, che danno origine a vini rossi strutturati, con importanti note di frutti rossi e a vini bianchi aromatici, pieni, strutturati e che si prestano bene all’invecchiamento.
(La bellussera vista dall’alto)
La nostra degustazione dei vini Malanotte del Piave Docg, non poteva avvenire nel posto dove questa Denominazione è nata, il Borgo Malanotte, un piccolissimo borgo medievale a Tezze di Piave, frazione di Vazzola (TV), il cui nome si lega indissolubilmente a questo vino ed al suo vitigno principe il Raboso, in un luogo della nobile famiglia dei Malenotti. Dicevamo del Raboso varietà autoctona della zona, dove acidità e tannicità hanno caratteri spigolosi che obbligano a dare tempo per poterlo apprezzare in tutte le sue qualità. Una delle due ipotesi sulla sua etimologia lo associa al termine dialettale “rabioso”, cioè rabbioso, spigoloso, che ben rende quindi questa sua peculiarità. L’altra ipotesi, non avvalorata, è l’omonimia con il torrente che scorre nel Quantier del Piave, il pianoro delimitato a sud del fiume Piave e a nord dai rilievi collinari che caratterizzano la Marca Trevigiana. La buccia è spessa, il che porta la sua maturazione nei mesi più freddi, una delle ultime uve ad essere raccolte arrivando addirittura ad essere raccolto a novembre con un lento processo di disidratazione naturale in pianta. Il riconoscimento ufficiale della Docg è del 2010. L’elevazione del Malanotte del Piave avviene per almeno tre anni, di cui dodici mesi in botte e quattro mesi in bottiglia. Ma l’elemento ulteriore che lo caratterizza è il sistema di allevamento (ora in disuso) a cui si è legata la sua massima diffusione nel secolo passato. Infatti è alla fine del ‘700 che i fratelli Bellussi di Tezze di Piave hanno inventato un sistema di allevamento a raggi per le viti diffuse all’epoca, in seguito definito appunto “Bellussera”. Questo sistema per cui la vite viene maritata ad una pianta di sostegno, solitamente il gelso, ha caratterizzato per lungo tempo la campagna trevigiana e ancora oggi in queste zone ne esistono alcuni esemplari centenari, principalmente legati alla produzione del Raboso. Nel corso della visita abbiamo potuto visitarne una di proprietà della famiglia Roveda, a Vazzola (TV). I suoli di questa Docg sono di media-bassa pianura, lungo il corso del Piave, e sono costituiti da depositi alluvionali dei ghiacciai prima e del fiume Piave poi, sono caratterizzati da un’alta percentuale di scheletro e ghiaia che garantiscono un’elevata profondità esplorabile dalle radici, buono il contenuto anche di sostanze minerali quali fosforo e magnesio.
(I vini in degustazione)
Come dicevamo la degustazione ha visto come attore principale il Raboso, con sei Malanotte del Piave Docg, e per tutti l’affinamento è di almeno tre anni, di cui dodici mesi in botte e quattro mesi in bottiglia. Federico Cocchetto sommelier Ais Treviso ha condotto gli assaggi con i vini:
De Stefani Malanotte del Piave Docg 2016
Colore rosso rubino carico intenso con riflessi granati, al naso fruttato con marasca, more, prugna secca ciliegia in confettura, note erbacee balsamiche e di cioccolato e tabacco, al palato deciso, con tannino scalpitante sorretto da un’ottima acidità, leggero accento alcolico e una persistenza finale sulle note fruttate.
Anna Spinato Malanotte del Piave Docg 2015
Colore rosso rubino intenso con riflessi granati, al naso sensazioni balsamiche speziate di china caffè cacao ed erbacee di menta e un po’ di eucalipto che si mescolano alla parte fruttata dolce di marasca, visciola sotto spirito, al palato sorso pieno con freschezza sapida, e tannini importanti finale persistente su note succose fruttate. Di grande bevibilità.
Ornella Molon Campo di Pietra Malanotte del Piave Docg 2014
Si presenta di colore rosso rubino scuro con riflessi granati, al naso fruttato con frutti di bosco, marasca, spezie balsamiche, nota di cardamomo, al palato sorso corposo, bella acidità con tannino integrato su note sapide dove ritornano le sensazioni olfattive prolungandosi nel palato. Risulta essere il più gastronomico degli assaggi.
Ca di Rajo Notti di Luna Piena Malanotte del Piave Docg 2015
Colore Rosso rubino non carico, al naso fruttato con sensazioni di confettura di prugna, ciliegia, amarena, mora, accenni di cioccolato salato, cannella, vaniglia, cuoio, tabacco, al palato morbido ma strutturato tannini potenti, che grazie alla notevole acidità riescono a ben integrarsi, finale sapido su note ci cioccolato.
Tenuta San Giorgio Bruma Nera Malanotte del Piave Docg 2015
Rosso rubino scarico, al naso sensazioni fruttate dolci quasi di canditi e a polpa rossa, note di chiodi di garofano e rosa secca, al palato morbido con sensazione di piante officinali radici di rabarbaro, evoca uno stile antico del vitigno, lunga persistenza grazie alla sua acidità.
Antonio Facchin Unno Malanotte del Piave Docg 2011
Colore rosso granato al naso fiori secchi, prugna marasca, sensazioni speziate di tabacco liquirizia, al palato i tannini polimerizzati sono in equilibrio con un’acidità presente che accompagna la corrispondenza gusto olfattiva per un sapido finale.