di Francesca Landolina
La Cina potrebbe diventare uno dei Paesi più importanti per la produzione di vino nel mondo? Potrebbe sfidare anche la Francia e i suoi Bordeaux?
Ci sono ancora tanti interrogativi aperti, ma una cosa è certa: mentre i big già affermati nel mondo del vino sono impegnati alla conquista del mercato cinese, Ao Yun, il vino del Tibet, parte all’assalto dell’Occidente. E lo fa con un grande vantaggio: è il nato tra i prestigiosi vini dell’impero Lvmh, il big del lusso di Bernard Arnault. Lvmh ha puntato sull’esclusività. E Ao Yun cresce in una remota e nascosta zona del mondo tra i 2.200 e i 2.600 metri d’altezza, in quella terra dello Yunnan che dovrebbe corrispondere all’immaginario Shangri-Là, il luogo descritto nel romanzo “Orizzonte perduto” da James Hilton del 1933.
Al di là della suggestione del luogo incantevole, fare il vino in quel luogo non è così facile. Tutt’altro. Servono uomini, tanti contadini tibetani, per coltivare i vigneti di Cabernet Sauvignon e Franc terrazzati tra i 2.200 e i 2.600 metri d’altitudine sul livello del mare, sparsi in 314 parcelle distribuite su 28 ettari di terreno in quattro distinti villaggi situati nell’Alta Valle del Mekong: Adong, Shuori, Sinong e Xidang. Ma il risultato è sorprendente. Un vino raro e di ottimo livello gustativo. Ciò che notiamo è la sua solida eleganza. Noi abbiamo degustato l’ultima annata del primo Grand Cru alle pendici dell’Himalaya: la 2016. Un vino complesso e multi-sfaccettato che ha aggiunto lo Yunnan alla mappa dei grandi terroir internazionali. Sono solo 24 mila le bottiglie prodotte.
Per la prima volta, all’assemblaggio di Ao Yun (Cabernet Sauvignon 74% e Cabernet Franc 20%) sono stati aggiunti Syrah 4% e Petit Verdot 2% per conferire complessità ed eleganza ancora maggiori. Il Syrah aggiunge morbidezza e un finale lungo, mentre il Petit Verdot ulteriore ampiezza al palato. Il vino ha un colore scuro e profondo. Al naso rivela freschezza, aromi di fumo, legno di cedro, frutta gialla ed esotica che si mescola ai frutti rossi, ribes nero e mirtilli. Evidenti note balsamiche e cenni di muschio bianco. Al palato è persistente ed elegante, con tannini estremamentemorbidi e densi, seguiti dal lungo finale minerale sapido. Di certo un grande rosso che fa “volare sopra le nuvole”, come indica il significato del suo nome, e che fa viaggiare con la fantasia tutti coloro che in un vino cercano territori, storie, persone e avventure.
A parlarci della particolarità del luogo è Maxence Dulou, enologo ed estate manager: “La tenuta di Ao Yun si compone di 314 parcelle distribuite su 28 ettari di terreno in quattro distinti villaggi situati nell’Alta Valle del Mekong: Adong, Shuori, Sinong e Xidang. In ogni villaggio sono presenti diversi tipi di terreno e clima, dovuti alle diverse altitudini, all’esposizione al sole e al vento, agli smottamenti e ai depositi fluviali. Ci sono variazioni anche all’interno dello stesso villaggio e perfino nella stessa parcella”. E sul vino afferma: “La fermentazione malolattica si è svolta per 3 mesi in botti (32%) e vasi di argilla (68%), che aiutano a compensare la mancanza di ossigeno in altura. È seguito un affinamento per 14 mesi in botti di rovere nuove (32%) e di secondo passaggio (68%), regalando ancor più finezza al vino”.
A partire dal 2016, il team di Ao Yun team ha cominciato ad adottare un nuovo sistema di classificazione del territorio basato sull’osservazione del suolo e la misurazione delle piante: il risultato è stata un’ulteriore frammentazione delle 314 parcelle in 900 sottoparcelle che mostravano caratteristiche simili; si è così cominciata a gestire ciascuna di queste sotto-unità in maniera indipendente. Questo nuovo sistema è riuscito a migliorare ancora di più la qualità dei grappoli. L’altitudine della Tenuta di Ao Yun, con la cantina ad Adong a 2.600 metri, è tra le più alte del mondo. A questa quota la quantità di ossigeno è inferiore del 25% e ciò influisce sulla percezione del gusto. Dopo tre annate, per la prima volta da quando è stato lanciato Ao Yun, l’assemblaggio finale della vendemmia 2016 è stato deciso a livello del mare, a Hong Kong, dove il grado di umidità dell’aria è più costante. “Stiamo studiando le condizioni in cui avviene la degustazione per avere un’idea più precisa su come verrà percepito il gusto del vino in condizioni di altitudine e umidità dell’aria regolari”, spiega Maxence Dulou. L’annata è stata rilasciata – in quantità limitata – il 21 marzo 2020, il primo giorno di primavera.
Ma il sogno Ao Yun è iniziato nel 2008. Oggi quest’avventura è portata avanti dalla determinazione, passione e impegno di un gruppo di visionari, dal duro lavoro del suo giovane team di viticoltori, così come dalla pacifica coesistenza tra la natura e le 120 famiglie locali di agricoltori tibetani che lavorano sui pendii. Il 100% delle operazioni sui vigneti è svolto a mano, secondi i principi della produzione biologica e della centenaria tradizione locale. Agli inizi del 2008, Estates & Wines, la divisione vini del mondo di Moët Hennessy, ha chiesto al Dottor Tony Jordan, enologo e scienziato australiano, di individuare in Cina un territorio che presentasse le condizioni ideali per la produzione di un grande vino rosso. Dopo quattro anni di ricerche è giunto nel nord dello Yunnan, dove ha trovato un microclima ideale nel villaggio di Adong. Nel 2012, affascinato dalla meraviglia di ciò che si nascondeva in questa remota parte del mondo, Maxence Dulou, enologo di Bordeaux, si è unito all’avventura di Ao Yun. Le spesse nuvole vaganti, caratteristiche della zona, sono un’eco del nome di Ao Yun, che significa proprio “volare sopra le nuvole”. Ed il vino riflette questo ideale.