di Francesca Landolina
Riprendiamo il nostro viaggio iniziato ieri da Taranto e visitiamo alcune cantine del Primitivo di Manduria.
Ci dirigiamo a Massafra, per conoscere Amastuola, l’azienda della famiglia Montanaro. Centouno ettari di vigneto, un’opera d’arte a cielo aperto, realizzata dal famoso architetto paesaggista spagnolo Fernando Caruncho. Lo scenario è impagabile: tre chilometri di filari di vite che disegnano onde parallele, puntellate di ulivi secolari. I Montanaro hanno fatto un notevole investimento nel territorio di casa, a sostegno di un’economia sostenibile. Oggi si dirigono verso la produzione di soli vitigni autoctoni e producono circa 150 mila bottiglie vendute per l’80 per cento dei casi all’estero (Nord America e Asia).
Oltre al vino, Amastuola punta sull’enoturismo di lusso, accogliendo ospiti e winelover in uno splendido wine resort con 18 camere. Tra le etichette, si distingue il Centosassi 2012, Primitivo in purezza. Un vino sontuoso con note di frutti maturi, datteri, spezie, dal sorso rotondo e persistente.
Si prosegue con la visita di Feudo Croce, un casale a Carosino acquistato dalla famiglia Tinazzi. La produzione si concentra su 60 ettari vitati, nei quali si coltivano uve autoctone come il Primitivo. Il mercato di riferimento è estero nel 97 per cento dei casi (Russia, Nord Europa, Giappone, Sud America).
Ancora una volta, l’amore per il vino pugliese, ci conduce nel cuore di un wine resort, che mantiene l’identità della tipica masseria pugliese, con uno stile innovativo e sofisticato.
Entrano in gioco due donne, due sorelle, Simona e Marika Lacaita, che seguendo la passione del padre, Don Pietro, e la nascita della cantina Trullo di Pezza, hanno successivamente investito nel settore dell’hotellerie di lusso, dando vita ad un sogno fatto di vino e turismo, a cui hanno dato il nome di Vinilia Wine Resort. La dimensione familiare rimane il filo conduttore della loro storia e mescola passione, amore, stile e umiltà. Vinilia Wine Resort è un’antica dimora degli inizi del ‘900, pensata per valorizzare cultura e tradizione del territorio, dove particolare è l’attenzione al vino e al cibo, raccontata anche attraverso il ristorante della struttura, il Casamatta.
(Don Pietro Lacaita con la figlia)
La storia dei vini Trullo di Pezza ha origine dalla passione di Don Pietro, un imprenditore della metalmeccanica con la passione per la terra. Quest’uomo ci racconta le sue umili origini, con la timida fierezza di chi si è fatto da solo. Nel 2012, la sua prima bottiglia. Oggi sono 80 mila quelle prodotte. Le uve, in regime biologico certificato, sono coltivate a Torricella, a pochi chilometri da Manduria su più di 100 ettari. Lo stile Trullo di Pezza è giovane e femminile perché Don Pietro, capostipite di una famiglia di donne, ha lasciato alle figlie le redini dell’azienda. E anche se lui è sempre a girovagare in azienda, preferisce guardare da lontano, per dedicarsi ai nipoti e al suo orto. Tra i vini degustati, ci colpiscono il Mezza Pezza 2015, un rosso che rivela profumi fruttati decisi di marasca e prugna. Di piacevole beva con un corpo rotondo ma agile e fresco. Più intenso e complesso il Licurti 2015, Primitivo di Manduria Dop. Intriganti sentori di frutta scura attraversati da note di cacao e tabacco. Corpo setoso, pieno, ben bilanciato.
Tra le cantine protagoniste della rivoluzione del Primitivo di Manduria c’è poi Felline. E Felline è Gregory Perrucci. Eclettico, artista: un musicista; ama la musica, il vino e la sua terra. Ci accoglie nel suo “Spazio Primitivo”, in occasione della “Fiera Ottima”, parodia della “Fiera Pessima”, la storica campionaria manduriana, incentrata sui vini e sull’enogastronomia. Gregory è un produttore senza filtri. Diretto come il suo vino. Un vino personale, imparagonabile.
(Gregory Perrucci)
La sua azienda ha una lunga storia: protagonista del successo del Primitivo di Manduria e pietra miliare del progetto Accademia dei Racemi, nato da una sua stessa idea per dare impulso alla rinascita di numerosi vitigni autoctoni. Lui rappresenta la terza generazione di vignaioli di famiglia, con una storia che risale agli anni '70. Degustiamo i suoi vini in cantina, all’interno di una cisterna, in grado di accogliere un tempo 8,8 mila ettolitri di vino, adibita oggi a sala degustazione. Il luogo racconta già la storia e la tradizione di Manduria. Ma oltre quella storia, conosciuta per la quantità di vino da taglio destinato alla Francia, c’è la nuova storia del Primitivo, quella che nasce nel ’90 e che segna l’inizio di un lavoro vero sul territorio e sulle potenzialità del vitigno autoctono. “Mi duole il fatto che la Puglia abbia esteso ed aperto la Doc, concedendo a tutti di piantare Primitivo nelle varie Igt. E che le rese concesse alle Igt siano il triplo di quelle concesse a Manduria. Ma oggi si comincia a far capire la differenza tra il Primitivo di Manduria e il resto”, dice Perrucci, mentre iniziamo a degustare. Riscontriamo la sua personalità nei vini, ognuno dei quali è uno zoom sul territorio. Si caratterizzano per eleganza, finezza e freschezza. “Ritengo che ci sia una deriva troppo forte sugli zuccheri residui – afferma senza celare il tono provocatorio -. Un po’ perché l’Amarone è amato”. Tra le sue etichette troviamo ottimo il D’Unico 2013, un Primitivo prodotto nella zona di Manduria e Sabbia; viene imbottigliato dopo 9 o 12 mesi in botti di rovere francese, e questo gli conferisce un spetto aromatico complesso e strutturato con note di canditi e fichi secchi. Ottima persistenza.
Dopo una piacevole serata allo Spazio Primitivo tra vino, musica e buon cibo, dedichiamo la mattina seguente alla visita di Manduria, antica città dei Messapi. Oltre al vino, la sua storia è ricchissima. Da vedere l’estesa necropoli e le possenti mura che ne delimitano l’antico centro, all’interno del Parco archeologico delle Mura Messapiche.
Poco distante da lì, il Fonte Pliniano, una scalinata scavata nella roccia che conduce in una grotta aperta dall’alto con al centro un pozzo. Il suo flusso d’acqua perenne affascinò Plinio il Vecchio che lo citò nella sua Historia Naturalis. Dentro la città di Manduria, è possibile trovare tesori storico-artistici di altre epoche, l’antico ghetto ebraico e la Sinagoga.
Riprendiamo però il nostro viaggio alla scoperta del vino e della sua storia e per tale ragione, merita una sosta Produttori Vini Manduria. Il Consorzio dispone di 900 ettari di vigna, in gran parte coltivata ad alberello, e associa circa 400 piccoli vignaioli che si fregiano del titolo di Maestri in Primitivo. La cooperativa investe sulla valorizzazione del vitigno dal 1932 ed è un punto di riferimento per la viticoltura di quell’area. Nel tempo ha dedicato al vino un museo, che si può visitare all’interno della cantina stessa, e che raccoglie oggetti e documenti degli uomini che hanno scritto la storia del vitigno nel territorio. In degustazione, particolarmente rappresentativi, secondo noi, il Memoria 2016, un Primitivo coltivato per lo più a spalliera in vigneti con un’età compresa tra i 18 e i 25 anni. Un vino con note di more e ciliegie, con tannini non aggressivi, piacevole e di facile beva. Ed Elegia Riserva 2014, Primitivo in purezza coltivato ad alberello in vigne di circa 40 anni. Un rosso già più complesso, rotondo e di buona persistenza.
(Alessandra e Claudio Quarta)
Dalla tradizione passiamo all’innovazione con una cantina che ben rappresenta la visione della nuova generazione, Tenute Eméra. L’azienda si distingue per la massima sostenibilità della struttura e nasce dalla passione di un uomo, Claudio Quarta, che nella sua precedente vita, come ama raccontare, faceva altro: ricercatore e imprenditore in campo biologico.”Quando il vino per me era solo passione, negli Stati Uniti, ho toccato con mano una cultura enologica distante dalla nostra. All’estero andavano di moda i vini cosiddetti hollywoodiani, quelli che con tecniche di cantina potevano essere costruiti a piacimento, densi, marmellatosi, stanchi. Lontani dal mio modo di concepire il vino. Da lì, partì il desiderio di farlo, lasciando che parlasse il territorio e che il vino fosse reale interprete di esso”.
Da Tenuta Emera, degustiamo i vini con il produttore e con la figlia, Alessandra Quarta, che segue l’azienda con passione già da qualche anno. Apprezziamo particolarmente Anima di Primitivo 2016. I vigneti in cui nasce, tra le marine di Lizzano e Pulsano, si trovano su un terreno di medio impasto, con presenza di silice, argilla e sabbia. Affina per 12 mesi che comprendono un passaggio breve in barrique di seconda e terza generazione e un ulteriore affinamento in bottiglia. Al naso regala note di confettura rossa, ciliegia e prugna, con sentori di liquirizia. Gusto equilibrato con un finale lungo e persistente. L’azienda è da visitare anche per un “vigneto sperimentale della biodiversità” dove sono custoditi esemplari di oltre 500 vitigni di tutto il mondo, al centro del quale si trova Casino Nitti, un’antica residenza che fu dell’omonimo Presidente del Consiglio e che Claudio Quarta ristrutturerà per farne un boutique hotel rurale, in cui immergersi per godere del massimo relax.
(Maria Teresa Varvaglione)
Ultima tappa in cantina è Varvaglione 1921. Ad accoglierci Maria Teresa Varvaglione, oggi presidente del Movimento del Turismo del Vino Puglia. Siamo davanti ad un esempio di conduzione familiare che si tramanda da padre in figlio e che abbraccia tradizione e innovazione. Oltre la lunga storia, Varvaglione 1921 è dinamica, grazie alla filosofia imprenditoriale e al recente ingresso in azienda dei figli. L’azienda, a Leporano, è tra le 107 imprese italiane con un fatturato di più di 10 milioni nel 2016. Produce 4 milioni di bottiglie. Un’azienda grande e soprattutto capace di trasmettere emozioni familiari. Alla guida c’è Cosimo, marito di Maria Teresa, ma con lui oggi ci sono anche i tre figli, appassionati come il padre alla propria terra.
Con una nuova veste grafica, si presenta il 12 e mezzo Primitivo 2015, che fa parte di una collezione di quattro etichette dallo stile innovativo e anche un po’ fashion. L’etichetta, in pied de poule, veste infatti un vino biologico dal gusto deciso ma leggero. Colore rosso rubino, profumo intenso con sentori fruttati di prugne mature, confettura di ciliegie e note di cacao. Buona struttura, morbido al palato. Ottimi anche Primitivo Passione 2016 e Papale Primitivo di Manduria Doc 2015. Tra i nostri preferiti Papale Oro 2014, un Primitivo che identifica il suo territorio con importante struttura ed eleganza. Colore rosso rubino, gusto rotondo e morbido con profumi di confettura e frutti di bosco. Grande persistenza.
Terminiamo il nostro viaggio in uno dei luoghi più rappresentativi dello stile pugliese, la Masseria Potenti, il frutto di un progetto di passione familiare, realizzato da Maria Grazia Di Lauro e dal marito Paolo Tommasino. Risalente al 1200 e ristrutturata, è ribattezzata dalla gente del luogo la “masseria delle donne”. Incarna infatti un sogno tutto al femminile, capace di trasmettere emozioni che sanno di “casa”, di gentilezza. Merito della sensibilità di Maria Grazia, ottima padrona di casa. Sua la scelta di ogni piccolo dettaglio, dalla scelta dei fiori sulla tavola alla selezione delle lenzuola ricamate, alle torte sfornate ogni mattina. La cena è un’altra occasione per degustare ancora Primitivo di Manduria. Stavolta sono i vini di Cantore Castelforte ad accompagnare i piatti pugliesi, raccontati da Giulio Scagliusi. I vigneti, in una terra dal colore rosso rame, si trovano immersi nel suggestivo panorama della campagna salentina, disposti su di una porzione di territorio pari a 600 ettari di superficie, 500 vitati e 100 di uliveti. La produzione è di circa 350 mila bottiglie per il 65 per cento vendute nei mercati esteri (Stati Uniti e Cina). Citiamo in particolare, il Donna Maria Primitivo di Manduria doc 2016, che nasce dalle uve di una vecchia vigna ad alberello del 1968: un vino robusto, dal colore rosso intenso. Al bouquet di profumi fruttati si uniscono le note speziate. Affina per 6 mesi in barriques di rovere. Gusto morbido con una lunga persistenza. Un vino da sorseggiare lentamente.
Tra gli altri vini degustati durante il nostro percorso, menzioniamo anche Barone Pazzo Primitivo 2016 della cantina Vetrere. Colore rosso intenso di ciliegia matura e prugna con note balsamiche dolcemente speziate. Morbido, di buon equilibrio e persistenza. Un altro buon esempio, che alla fine del viaggio, ci lascia la consapevolezza di una qualità che cresce, con un buon ritmo. Il futuro è Primitivo.