di Irene Marcianò
La ricchezza del territorio etneo racchiude un patrimonio storico ancora da esplorare e studiare.
Occorre fare di tutto per salvaguardarlo e valorizzarlo per le generazioni future. Nei giorni scorsi, si è tenuta una degustazione tutta dedicata agli antichi vitigni autoctoni “minori” dell’Etna, presso l’Azienda Murgo, a Santa Venerina in provincia di Catania. “La ricerca prende avvio intorno agli anni 2000 – dice Elisabetta Nicolosi, docente del dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’Università degli Studi di Catania – con il reperimento di un interessante patrimonio di vitigni autoctoni del territorio etneo. Grazie alla collaborazione di viticoltori locali vennero individuate piante diverse da quelle usualmente coltivate (Nerello, Carricante, ecc) e delle quali venivano raccontate delle particolarità. Pertanto, dopo aver analizzato e studiato in situ il materiale individuato attraverso l’analisi dei caratteri morfo-fenologici, abbiamo allestito un campo collezione presso l’Azienda Agraria Sperimentale dell’Università di Catania sita in contrada Reitana a Passomartino in provincia di Catania e un campo anche presso la sede del Parco dell’Etna a Nicolosi, in modo da preservare il materiale e continuare la caratterizzazione dello stesso. Abbiamo infatti caratterizzato questi vitigni, vitigni “reliquia” o meglio da noi chiamati “vitigni gioiello”, dal punto di vista morfologico, ampelografico e molecolare”.
(Madama Bianca)
Una storia fatta di passione, ricerca e di continui confronti con la letteratura, quella dell’Università di Catania. Da un’indagine territoriale sui vari versanti dell’Etna, sono, infatti, venuti fuori fenotipi interessanti, risalenti a 100 anni fa, ritrovati anche in piccolissimi fazzoletti di terra e il cui materiale reperito è stato messo a confronto con la letteratura, in particolare con un testo antichissimo chiamato Il Vertunno Etneo, dell’abate Gioacchino Geremia, che descrive più di 50 vitigni minori coltivati sull’Etna. Dei 15/20 vitigni “gioiello” selezionati viene studiato il comportamento grazie ai due campi sperimentali allestiti, soprattutto quello in contrada Passomartino. Nel settembre 2019, grazie alla collaborazione con l’Irvos e in particolare con Antonio Sparacio, Dirigente settore Ricerca, Sperimentazione e Trasferimento, Innovazione e Sostenibilità e all’Enologo Salvatore Sparla, Funzionario dello stesso ente presso la Cantina Sperimentale di Marsala, sono quindi state effettuate delle microvinificazioni delle uve provenienti dai singoli vitigni. I risultati ottenuti da queste prime vinificazioni sono stati oggetto dell’incontro e della degustazione presso l’azienda Murgo.
(I sei vini in degustazione)
Erano presenti all’incontro oltre Elisabetta Nicolosi, Antonio Sparacio e l’Enologo Salvatore Sparla, anche altri tecnici enologi che operano nel territorio etneo e alcuni produttori, tra cui il padrone di casa Michele Scammacca del Murgo, Marco Nicolosi Asmundo dell’azienda Barone di Villagrande, Fabio Percolla di Tenute di Nuna e Federico Lombardo di Monte Iato, membro del Cda del Consorzio Etna Doc. Presente anche Filippo Ferlito del Crea di Acireale che in prima persona ha, all’inizio della ricerca, individuato gran parte dei vitigni oggetto della degustazione.
(Terribile)
La degustazione è stata incentrata sull’assaggio di 6 diversi vini, provenienti da 6 diverse microvinificazioni, di cui 3 varietà bianche e 3 rosse. Le varietà bianche prendono il nome di Virdisi, Madama Bianca e Bianchetta, le rosse sono Zzinnèuro, Terribile e Moscatella Nera. “Una vinificazione così piccola ha i suoi limiti – interviene Michele Scammacca del Murgo – amplificando così pregi e difetti. Ma si possono sicuramente individuare elementi come acidità, polifenoli, caratteristiche aromatiche e possiamo dire che i risultati sono davvero interessanti e che alcuni di questi vitigni hanno un potenziale incredibile e aromi e profumi notevoli”. Lo studio approfondito di questi uvaggi che sono resistiti nel tempo può, pertanto, avere un duplice scopo: da un lato quello della loro vinificazione in purezza e, dall’altro, di impreziosire gli uvaggi già esistenti, anche attraverso programmi di miglioramento genetico.
“La ricerca che abbiamo portato avanti – dice la professoressa Nicolosi – ci auguriamo abbia uno sbocco pratico. Il dialogo con i produttori del territorio e la loro disponibilità sono di fondamentale importanza per poter allestire nuovi campi e valutare bene come questi vitigni si comportano nei diversi versanti dell’Etna”. Dall’incontro è emerso, infatti, un forte interesse da parte dei produttori e dei tecnici presenti che hanno intravisto buone potenzialità enologiche soprattutto per alcuni vitigni, principalmente i bianchi quali Virdisi, Madama Bianca e Bianchetta, ma anche Terribile che si è distinto tra i rossi, e sicuramente è emersa la volontà di proseguire con l’attività intrapresa. “Abbiamo il dovere – afferma Scammacca del Murgo – di esplorare quello che offre il territorio ed evidenziarne le potenzialità, laddove ci sono”. Il lavoro di certo è ancora agli inizi, ci vorranno diversi anni di sperimentazioni e ricerche, dopodiché tali vitigni dovranno ottenere le relative autorizzazioni ed essere iscritti al Registro nazionale delle varietà prima di poter essere utilizzati a tutti gli effetti. Prepariamoci, dunque, a trovare in bottiglia “nuove” espressioni della “Muntagna”.