Angelo Gaja, il famoso produttore delle Langhe piemontesi, è spesso in giro per il mondo. Pochi giorni fa è stato in Sudafrica, visitando cantine e vigneti e assaggiando tanti vini. Ed è rimasto colpito, dalla qualità “medio-alta” che ha riscontrato in un paese che ha grandissime potenzialità.
Ecco il suo racconto in questo mini diario di viaggio che ci ha inviato.
di Angelo Gaja
Il mio primo viaggio in Sudafrica l’ho fatto prima di Pasqua.
Il Sudafrica ha una popolazione di 55 milioni di abitanti, dei quali 7 milioni di bianchi. Presidente della Repubblica è Jacob Zuma che non soltanto è stato condannato recentemente dalla Corte Costituzionale, ma ha anche la sfiga di arrivare dopo il grande e carismatico Mandela, grazie al quale venne messo fine all’apartheid.
La lingua maggiormente parlata è l’afrikaans, introdotta dai colonizzatori olandesi, a fianco di una cinquantina di altre lingue e dialetti. Da qualche anno la prima lingua che viene insegnata a scuola è l’inglese, che sta guadagnando spazio anche in altre nazioni africane e sarà destinata nel tempo a divenire assai più di una lingua veicolare. Sono stati gli olandesi ad introdurre la viticoltura in Sud Africa nella seconda metà del 1600, ricorrendo alle varietà francesi. La varietà storicamente più diffusa era il Pinotage, incrocio Pinot nero-cinsault. La produzione annuale di vino sfiora i 10 milioni di ettolitri, per il 60% controllato da cantine cooperative, il 50% consumata in loco ed il resto esportato. In tutto il paese le cantine sono 700, esigua la presenza di cantine artigianali.
A pochi chilometri da Cape Town e dalla costa (mi sovviene Tachis: “la vite ed il vino amano il respiro del mare”) si trova Stellenbosch, che corrisponde sia al nome della città che a quello dell’area viticola d’eccellenza, incorniciata in un paesaggio mozzafiato. Nell’area operano 170 cantine, tutte di proprietà dei bianchi di ceppo olandese, anglosassone, ecc. Le cantine cooperative qui controllano soltanto il 10% della produzione. Il clima trae beneficio dalle correnti fredde oceaniche originatesi dal polo antartico. Suoli che derivano da alterazioni del granito. Vigneti a media/bassa densità di impianto, a spalliera, potati a cordone speronato, irrigati, condotti in sistema convenzionale; qualche interesse per la conduzione biologica. Il Pinotage praticamente soppiantato dalle varietà internazionali, quelle a tutti note già piantate nei paesi del “nuovo mondo”, quelli al di fuori dell’Europa. Alcuni luoghi di produzione esibiscono abitazioni storiche, ville ampie di grande fascino, di stile architettonico olandese. Le cantine visitate sono immerse in giardini vasti, ricchi di vegetazione e di fiori, curati da mano d’opera di colore e di bassi salari. Ovunque bacini per la raccolta di acqua piovana e sorgiva ove c’è.
La produzione è affidata a macchinari moderni: l’avvento di Mandela, 1992, aprì le porte alle importazioni ed avviò la modernizzazione del paese. Locali capienti per la degustazione e l’acquisto diretto di vino in cantina, personale qualificato, attenzione alla temperatura di servizio dei vini. Presso molte cantine i visitatori possono godere dell’accoglienza di luoghi di ristoro e camere. Grande sfoggio in etichetta di nomi varietali, oltreché di nomi di fantasia. Livello di qualità dei vini assaggiati: medio-alto. Nei vini bianchi eccelle una varietà scarsamente diffusa nel “nuovo mondo”, lo Chenin Blanc, che ho molto apprezzato per eleganza, sapidità e freschezza conferitagli da una acidità vibrante. Con il cambiamento climatico in atto è questa una varietà che, i produttori che lo desiderano, dovrebbero essere autorizzati a piantare anche in Italia centro-meridionale. Nelle varietà ad uva nera primeggiano Shiraz, oltreché Cabernet Sauvignon.
Ecco le cantine che ho visitato
Jordan – Accolti dalla proprietaria Kathy Jordan, molto attenta alla storia dei luoghi, con grande affabilità e professionalità.
Meerlust – Fondata nel 1693, cantina storica per eccellenza. Dal 1980 produce Rubicon, porta lo stesso nome del vino prodotto a Napa da Francis Ford Coppola. Le due cantine hanno trovato modo di non litigare, assegnandosi sul mercato aree diverse di competenza. Rubicon è stato il primo vino sud-africano ispirato al taglio bordolese classico. A Meerlust incontro a pranzo, organizzato magistralmente in cantina da Giorgio Dallacia, pordenonese trapiantato a Stellenbosch dal 1974. Di lui ho poi sentito soltanto parlare bene nel prosieguo del mio viaggio. Gli viene riconosciuto il merito di avere favorito la crescita qualitativa dei vini di diverse cantine offrendo consulenze, consigli e suggerimenti, oltreché instancabile promotore della cultura italiana. Mi è successo spesso, nei paesi esteri, di incontrare personaggi, di origine italiana e non, la cui azione ha portato beneficio di immagine all’Italia e sempre ho sofferto la mancanza di generosità del nostro paese, l’incapacità di istituire un riconoscimento, (Cavalieri d’Italia?), da assegnare loro. Giorgio sarebbe un candidato ideale.
Demorgenzon– A fianco dell’ingresso della cantina un vigneto soffuso di musica. Già visto anche in Italia. Però mi sorprende il proprietario, Hylton Appelbaum, allorché mi dice di avere seguito da tempo gli studi sul linguaggio delle piante, condotti da Stefano Mancuso.
Rustemberg– Vasta proprietà condotta da Simon Barlow e dal figlio Murray. Villa splendida, luogo incantevole che i proprietari affittano anche per riprese ai cineasti holliwoodiani.
Rust en Vrede– Di proprietà di Jean Engelbrecht, molto intraprendente, anche proprietario di 8 ristoranti in Sud Africa attraverso i quali promuove i suoi vini.
Delaide Graff– Investimento recente e faraonico operato dallo svizzero Laurence Graff, ricchissimo imprenditore dei diamanti e delle pietre preziose. 35 ettari di vigneto, oltre 5 ettari di giardini tenuti che è un incanto, una architettura ricercata e curata nei particolari, cantina super-attrezzata, un relais chateau con 10 suites per abbienti, 3 ristoranti, opere d’arte preziose degne di museo disseminate ovunque. Una esagerazione? Un capriccio? Non solo, anche un investimento operato da un soggetto ricchissimo che trasmette un segnale molto forte: di condivisione e di fiducia nel futuro glorioso dei vini di Stellenbosch.
Morgenster– Di Giulio Bertrand, biellese del tessile convertitosi dal 1992 alla produzione di vino ed olio d’oliva eccellente, giudicato dagli esperti come quello di migliore qualità in provenienza dall’emisfero Sud. A Morgenster ha piantato anche Nebbiolo e Sangiovese. Ad 89 anni di età portati gagliardamente, Giulio coltiva progetti futuri avvincenti. Un onore avere il piacere di ascoltarlo.
Hamilton Russelle Vineyards– Non è a Stellenbosch, ma nell’area vicina di Hemel-en-Aarde Valley. Distante dalla costa non più di 2 chilometri, con un clima ancora più fresco. Conduzione biologica dei vigneti con passaggio al biodinamico. Il miglior Pinot Nero assaggiato.
Nessun dorma! Le aree vitivinicole più vocate del “nuovo mondo” sono in grande spolvero. Con crescenti cure dedicate a vigneto, cantina, accoglienza e marketing.