di Fosca Tortorelli
“Il valore delle denominazioni di origine nei processi di Sviluppo territoriale della provincia di Salerno: nuove prospettive”.
Questo il titolo dell’incontro che si è tenuto presso la Stazione Marittima di Salerno e s’inserisce nell’ambito dell’iniziativa di Campania.Wine, il circuito di eventi regionali dedicati alle Do/Ig territoriali, organizzato in sinergia dai Consorzi di Tutela Vini campani. Oggi le indicazioni geografiche rappresentano i maggiori strumenti di politica agricola alimentare e di sviluppo del territorio. Il futuro delle Indicazioni Geografiche e dei Consorzi che le tutelano ha bisogno di nuovi strumenti, di un diverso patto fra produzione e territori e della necessità di una maggiore sinergia con gli interlocutori istituzionali. Dalla Costa d’Amalfi al Cilento, passando attraverso le dolci colline salernitane e la piana di Paestum, la provincia di Salerno è un insieme di territori che rendono unici i suoi vini, espressioni del grande patrimonio di biodiversità che caratterizza questa vasta area della terra campana.
Il Consorzio di tutela Vini Vita Salernum Vite mira a promuovere e tutelare le eccellenze viticole espressioni delle denominazioni ricadenti nel territorio provinciale salernitano, ma bisogna sicuramente guardare al futuro in modo da dare loro maggiore valore e riconoscibilità. Come ha affermato Riccardo Ricci Curbastro, Presidente FederDoc: “Siamo noi a fare le regole e a decidere cosa vogliamo fare di noi stessi. Le nostre regole sono il nostro patto con il consumatore, questo non dobbiamo dimenticarlo. Va anche detto che è fondamentale il gioco di squadra, il Consorzio altro non è che la squadra. Bisogna ragionare da imprenditori e riflettere sulle nuove opportunità, in modo che il vino non resti anonimo e venga riconosciuto dal consumatore”. Aggiunge Riccardo Vecchio, Docente di Marketing presso Unina – Dipartimento di Agraria: “Quello che si deve fare è dare alle denominazioni una propria identità, tale da essere riconoscibili dal mercato e soprattutto posizionarsi ed essere percepite. Questo avviene solo avendo un’identità forte, se quest’ultima è rilevante per il consumatore, al contempo autentica e coerente”.
In sintesi, come ripreso da Nicola Matarazzo, Coordinatore consorzi di tutela vini della Campania: “Un contesto territoriale senza condivisione e coesione ha poche probabilità di successo, la tutela senza controllo non è possibile, o ancora apportare modifiche ai disciplinari comporta una visione condivisa che si protrae per anni. Tutti questi percorsi, quindi vanno pensati bene, perché hanno come riferimento non solo uno sforzo di condivisione, ma anche una procedura che deve essere messa in campo. Il problema è complesso e c’è bisogno di ragionare, va cercato di capire quale è la realtà della provincia di Salerno. Sulla questione di capire se le denominazioni sono un elemento di valore, questo è assodato; dovunque funzionano bene le denominazioni che hanno a loro volta dei consorzi che funzionano bene, il valore è un dato di fatto. Però se ragioniamo in termini numerici la superficie totale della provincia di Salerno è di circa tremila ettari dichiarati, ma rivendicati Dop e Igp sono solo 268,61 ettari. Il che significa che il resto va in produzione indifferenziata, che spunta sul mercato a un prezzo più basso e non crea valore. Da qui il problema della frammentazione. Bisogna arrivare a una capacità di visione condivisa rispetto alle poche forze che la denominazione possiede. Il problema dell’identità è qualcosa che poggia sulla capacità di una denominazione di superare l’anonimato e di essere riconosciuto; questo non significa aumentare le quantità produttive, ma la qualità che avviene attraverso le denominazioni”.
La soluzione possibile va quindi cercata su come costruire un valore condiviso tra tutti, e sul trovare una sintesi per dare valore a questa realtà. Da qui le considerazioni di Andrea Ferraioli, Presidente Consorzio Vita Salernum Vites e proprietario dell’azienda con la moglie Marisa Cuomo, che sottolinea la potenzialità inespressa della provincia di Salerno. “Si evidenzia al contempo la mancanza di identità territoriale e la necessità di dover percorrere una strada difficile e non veloce, per raggiungere i risultati; una strada che vogliamo percorrere e che abbiamo già intrapreso. Ben 43 le aziende associate al Consorzio di Tutela Vini Vita Salernum Vites che hanno partecipato a questa manifestazione e che a mio avviso è un segnale importante che ci lascia ben sperare per i progetti futuri”. Ma vediamo insieme a Ferraioli quali sono le prossime mosse e azioni concrete per diventare attrattivi e dare unità territoriale che a quanto pare, sembra mancare? “Abbiamo già intrapreso il rafforzamento e l’identità delle Doc e dei territori, ampliando alcune aree, non solo perché il regolamento ce lo impone, ma anche perché sappiamo che fare confusione con tante suddivisioni non porta da nessuna parte. Abbiamo già un’idea, ossia di passare dalle tre attuali Doc a due, ossia Cilento e Costa d’Amalfi, cercando di recuperare l’Igp Paestum, facendo diventare quell’area più allargata, inserendola sotto il cappello più ampio della Dop Cilento. Inoltre, abbiamo già pensato di far diventare Castel San Lorenzo – che rivendica solo tre ettari in Campania – nelle Uga (Unità geografiche aggiuntive), in modo da consentire di comprendere in maniera più approfondita il rapporto vino-territorio. Quando c’è fermento e crescita arrivano nuovi imprenditori. Io l’ho detto pubblicamente, qui da noi mancano realtà imprenditoriali forti. Quello che stiamo facendo è appunto quello di recuperare i solisti e portarli nell’orchestra. Noi viviamo in un mondo di solisti, ma il mondo del vino è cambiato e noi ci dobbiamo adeguare. L’idea è di far parte di una squadra e crescere insieme, determinando la massa di volume necessaria per diventare interessanti e andare anche al di fuori dei nostri confini territoriali. Fare il miglior vino in assoluto non serve e non basta, il miglior vino non si vende da solo”.
Non avendo natura obbligatoria, i consorzi di tutela svolgono un’attività che coinvolge i soli produttori aderenti per libera scelta. Tuttavia, quando i consorzi raggiungono un significativo livello di partecipazione, il Testo Unico Vino li autorizza a svolgere pure la cosiddetta attività “erga omnes” che si esplica cioè a vantaggio anche dei produttori non aderenti (Consorzi tutela attivita erga omnes). Purtroppo – sottolinea Ferraioli – “il nostro consorzio è penalizzato in questo senso, perché non riesce ancora ad arrivare alla cosiddetta attività erga omnes. Fare viticoltura in Costiera è davvero complicato, noi ce la mettiamo tutta. Se siamo arrivati a risultati tangibili è perchè abbiamo adottato scelte imprenditoriali a dir poco folli. Abbiamo recuperato vitigni storici abbandonati e pre-filossera, ricorrendo al metodo di allevamento a pergola, che ha caratterizzato il rapporto millenario tra i contadini e i boscaioli delle nostre montagne, realizzando così un elemento paesaggistico di forte richiamo. Per questo possiamo dire che, grazie alla bellezza delle vigne di Furore, abbiamo trent’anni di pratiche enoturistiche alle spalle. Tutto questo lo condividiamo con il nostro territorio che è unico al mondo”. Una situazione che tocca da vicino tante realtà dell’Italia intera. In sostanza, quello che emerge è l’immagine di un settore pieno di luci, ma contornato da alcune ombre; per cui va sicuramente portata avanti questa linea, cercando di snellire, come accennato da Ferraioli, il numero di denominazioni e mettendo in pratica la capacità di fare sistema e di sviluppare strategie di branding e comunicazione solide e coerenti.