di Francesco Pensovecchio
Ottime referenze: il vino è stato offerto a Cesare in occasione della sua terza nomina a Console di Roma. E poi ne scrivono Strabone, Plinio, Marziale e il francese Andrè Tehernia. E poi?
Poco, anzi pochissimo. Il Mamertino, come un po’ tutto il vino della costa nord del messinese, oltre queste pregevoli testimonianze, non ha mai acquistato sostanziale rilievo. In questo scenario vi confesso che Giulio Cesare, quale miglior testimonial, mi sta un filo antipatico, e quasi mi ricorda il signor B. La realtà è però diversa.
Negli anni d’oro del vino italiano il Mamertino, un vino rosso tipico prodotto a ovest di Messina e dalle caratteristiche proprie, è un illustre conosciuto praticamente sconosciuto. Una precisazione che va fatta perché la denominazione (DOC) Mamertino arriva ufficialmente nel 2004. Il territorio è una striscia compressa tra mare e le montagne dei Nebrodi: vitigni, clima, suoli e giaciture (spesso bei terrazzamenti) sono unici. Il breve segmento va da Patti a poco dopo Milazzo in direzione di Messina. Tra i vitigni ammessi dal disciplinare c’è il Nocera, un vitigno locale, e possiamo anticiparvi che ha un potenziale paragonabile ai nerelli etnei: l’espressione è cupa, terragna, spesso selvaggia, snodandosi attraverso le sfaccettature dei suoli dal quale proviene. Il complice delle migliori occasioni è ancora il Nero d’Avola, insieme al quale il Nocera riesce a sviluppare una piacevole sinergia (anzi, a tal proposito ci sarebbe da chiedersi chi e perché ha fissato una quota minima del 60% di un vitigno poco messinese. Leggendo dalDisciplinare:“Mamertino Rosso e Rosso riserva: Calabrese o Nero d’Avola con una percentuale minima del 60%, Nocera con una percentuale minima del 10%. Possono concorrere per la restante quota, fino ad un massimo del 30 per cento i vitigni a bacca rossa idonei alla coltivazione nella provincia di Messina”). Andiamo avanti. Nel 2010 accade qualcosa: la storia del vino siciliano è cresciuta, è solida. Ha compiuto un percorso brillante, spesso anche duro, che si è misurato con le infinite e mutevoli condizioni di terroir dell’Isola. I vini siciliani hanno fatto un bel salto di qualità e adesso affrontano i temi del territorio. L’attenzione si accende a Est su territori più complessi e personali: quelli del Cerasuolo di Vittoria (Rg), di Avola e Pachino (Sr), poi l’Etna. Il terroir è il binario giusto, si viaggia veloce. Nicolas Gatti è un attento e gioviale signore dall’accento esotico, leggermente sudamericano, un nome filo-francese e una pazienza tutta siciliana, che intuisce il potenziale del vino unito al marketing associata alla DOC. Nicolas torna dal Sud America nel 2003 e prende in mano la tenuta di famiglia. Presso la frazione di Cuprani a Librizzi (Me) trova 15 ettari di vigneto da rifare – i vitigni sono misti tra bianchi e rossi nello stesso vigneto – su 236 complessivi, di cui 1 sarà reimpiantato a Nocera. Le quote fissate secondo il disciplinare appena rilasciato sono del 70% e 30% ma il caratterino del Nocera si avverte da subito, tanto da convincerlo a una vinificazione separata per pianificare l’uscita di un vino in purezza (forse l’anno prossimo). Il Mamertino così composto verrà chiamato “Cvrpané” e incarna tipicamente l’idea di un vino intimamente legato alla sua terra. Il 2008 è di colore rosso rubino con vivi riflessi violetti. Al naso volteggia tra riconoscimenti varietali dei due vitigni, quali prugna, more, viole, uniti a richiami minerali, di sottobosco e di erbe mediterranee. In bocca si esprime in maniera personale, morbido ma con decisione per una fresca acidità. Il taglio è aggraziato e molto giovanile. Piacevole, sorprende il profilo caratteristico spalleggiato da una sapidità luminosa. E pensare che il vigneto del Nocera è al 1° anno di produzione. Come non immaginarne uno splendido futuro?