Il progetto di recupero del vitigno decantato da Soldati e Veronelli è stato presentato alla platea di Verona Fiere. Portate in degustazione due tipologie di vino sperimentali un Igt fermo e un Brut annata 2010
Attilio Scienza presenta al Vinitaly il vino esaltato da Mario Soldati e Luigi Veronelli. L’Asprinio si è presentato al pubblico di Verona, in occasione del convegno “Piccoli vitigni crescono: l’Asprinio e il suo studi”,
in doppia veste quella originaria recuperata dalla letteratura e una in bollicine charmat. Più che un progetto, la scommessa su questo vino nasce dal pallino di Ernesto Spada, ingegnere convertito alla produzione di vino con la fondazione di Tenute Adolfo Spada e impegnato nel recupero di un territorio, l’ aversano, conosciuto più per fatti di cronaca. L’idea al produttore gliela danno le pagine e le testimonianze scritte sulle caratteristiche organolettiche del vino, decide così di recuperarle coinvolgendo l’Università degli Studi di Milano e Federico II di Napoli. Il progetto è stato condotto, in vigna e in cantina per due anni, sull’aspetto agronomico e sanitario della varietà con l’obiettivo di ricercare le note agrumate e l’ acidità peculiari di questo vino che nel tempo si erano perse. Vissuto all’ombra del più famoso Greco di Tufo, sebbene geneticamente identico a questo, l’Asprinio è uno dei vitigni più antichi della Campania, risalente ad età etrusca, e uno dei pochissimi realmente autoctoni in Italia. Unicità ribadita da Scienza durante l’incontro: “Non è un vitigno portato dai Greci, l’unico che vanta un’autonomia temporale e locale, non è ottenuto da incrocio. Se pensiamo ad una genealogia abbiamo come capostipiti il Pinot da un lato e il Traminer dall’altro, attorno a loro si sono poi sviluppate centinaia di varietà. Questo vitigno invece possiamo davvero definirlo autoctono”. L’unicità sta poi nella pratica di coltivazione che contraddistingue questa tradizione viticola: l’alberata. Impianto tanto scenografico quanto ostico. Le viti si sviluppano sui tronchi di Pioppo che fanno da tutori, raggiungendo i sette metri d’altezza. A gestirle sono gli anziani delle comunità contadine che agili, in equilibrio su scalette di legno, si dedicano per ore alla pianta. “Questa tecnica di coltivazione consente alla pianta di vivere lontana da condizioni di umidità favorevoli a malattie – spiega Scienza -. E’ l’unica uva che si può trattare veramente senza trattamenti. Il nutrimento lo riceve dal suo tutore. Le viti coltivate sono tutte a piede franco”. L’altezza è anche il fattore che conferisce al vino le qualità che hanno portato Veronelli ad ammettere “quando l’ho bevuto mi sono emozionato. Ben lavorato fragile, elegante”. Vino eccezionalmente fresco, che si caratterizza anche per il residuo di carbonica che rimane imprigionato nel vino grazie ad una fermentazione a bassa temperatura in autoclave. L’esito della sperimentazione è stata servita nei bicchieri con un Asprinio fermo Bianco Terre del Volturno Igt 2010 ed un Brut 2010. Entrambi con una veste che richiama il limone e i fiori bianchi, al palato un’acidità estrema e piacevolissima, molto frizzante e vivace nel prima tipologia di vino degustata, ingentilita dalle bollicine nella seconda.
Manuela Laiacona