Continua il nostro ciclo di interviste con gli “addetti ai lavori” del mondo del commercio vino che conoscono le dinamiche del mercato interno. Oggi tocca ad Antonio Militello
(Antonio Militello fotografato da Salvo Mancuso)
Per capire lo stato di salute del commercio del vino in Italia stiamo ascoltando all'inizio di un nuovo anno un po' di addetti ai lavori, uomini che già da qualche lustro conoscono le dinamiche del mercato interno.
Antonio Militello, palermitano, è uno di loro. Che rappresenta marchi molto importanti come Antinori. Ma anche le cantine commercializzate da una società di distribuzione di qualità come Pellegrini che in portafoglio ha davvero nomi di prestigio. Ed ancora Feudo Maccari di Antonio Moretti ed altre ancora.
Che succede in Italia? Qual è lo stato dell'arte?
“In Italia ci sono 384 mila aziende che producono vino, oltre due milioni nel mondo. C’è tanto di quel vino…ma poca qualità. Tanta quantità”.
Eppure, come scritto anche in uno nostro articolo, le superfici vitate continuano a diminuire.
“Si, è vero. Tanti, forse troppe estirpazioni. Se servisse a far crescere il valore medio del vino, allora ne potremmo parlare bene”.
Come va il mercato italiano?
“Se non ci fosse l’estero sarebbero guai serissimi. Perché in questo momento il mercato italiano soffre. Credo che dovremmo fare autocritica. C’è grande difficoltà, ma bisognerebbe replicare a questo momento con una grande preparazione. Che mi accorgo, manca davvero tanto anche negli addetti ai lavori”.
Il nodo della formazione?
“Sì, esatto. La formazione aiuta tutti. Anche chi vende il vino. Chi si approccia con entusiasmo e passione ha meno difficoltà perchè studia e sa quello che vende”.
Il 2014 è stato un buon anno?
“Negativo ma ha mostrato segni di recupero. Ci sono meno soldi e meno liquidità. Oggi in America un vino da 25 dollari è considerato un lusso. In Italia, rapportandolo all’euro, un vino da 25 euro è diventato un lusso. E prima non era così”.
Da cosa dipende?
“La gente che beve vino non si fidelizza. ‘Salta’ da un brand ad un altro. Paradossalmente stanno approfittando di questa situazione i piccoli. Perché la gente è curiosa di bere vini nuovi, poco conosciuti, magari con un nome accattivante”.
(Antonio Militello tra i vitigni del Nebbiolo)
Quali sono i vini che l’hanno colpita positivamente e quelli che l’hanno delusa?
“Vorrei solo soffermarmi al territorio siciliano. I vini dell’Etna stanno andando alla grande. Così come il Cerasuolo di Vittoria ed il Nero d’Avola di Noto. Ma ci sono belle realtà e tante sorprese anche nel cuore della Sicilia. Forse un po’ di delusione da parte dei vini della zona del trapanese. Ma questo è solo il mio punto di vista”.
Come si esce da questa situazione di stallo?
“Bisogna puntare sui vini più moderni, intriganti, ricchi di personalità e di personalizzazione. Cioè quei vini che bevendoli capisci chi li fa senza che tu sia un grande intenditore. Inutile fare tutto, tentare di vendere tutto. E poi valorizzare quei territori e quei vini che hanno mercato e che possono fare da traino”.
Qual è la bevuta memorabile più recente?
“In Valtellina, il Nebbiolo. Non solo vino, ma anche tanta storia con il professore Attilio Scienza. E ho scoperto che il Nebbiolo è proprio originario di quei territori e non delle Langhe come si crede”
E quale sarà il vino protagonista del 2015?
“Credo ancora le bollicine ed il rosato, sempre farcito di bollicine. Senza tralasciare il mio preferito: lo champagne”.
Giorgio Vaiana