Di sughero, a vite, a vetro, il tappo continua a delineare la differenza geografica e soprattutto culturale, tra il vecchio e il nuovo mondo del vino.
Spartiacque, questione tutta aperta almeno in questa parte del globo che vede ancora lontana la sentenza definitiva sulla tipologia di chiusura migliore in assoluto, sebbene tecnologia e ricerca galoppino e si diano da fare per dare una risposta. Insomma, un grande dilemma, per tutti, per produttori, enologi e critici. Per tanti, invece, che imbottigliano in zona, per esempio, Pacifico Meridionale, la scelta del tappo è più che facile, quella del vetro o della chiusura a vite semplicemente pragmatica, si basa su ciò che dimostra loro la nuda e cruda prova oggettiva sulla migliore tenuta nel tempo. Punto e basta, senza ansia e senza remore sull'appeal.
E proprio grazie all'evidenza due icone della biodinamica Made in Sicily hanno deciso di convertirsi. Giusto Occhipinti e Titta Cilia di Cos, cantina “cult” per i wine lover che vinifica in anfora nel cuore della Docg Cerasuolo di Vittoria, affideranno la memoria storica dell'azienda al vetro o al tappo a vite. Già da tempo i due soci valutavano i benefici di queste chiusure stimolati anche da degustazioni fatte in giro per i continenti tra cui una, rimasta come raccontano la più esemplare, che metteva a confronto vini neozelandesi di 15 anni chiusi con sughero e tappi a vite.
Si tratta di un piccolo passo ma significativo, in piena linea con il loro modus operandi che ha sempre contemplato le rivoluzioni, da quando, universitari cominciarono a mettersi in gioco con quei 3.60.40 ettari di vigna in località Bastonaca. Ancora però i due produttori stanno valutando a quale delle due soluzioni ipotecare il passato.“Era un’esigenza che sentivamo da tempo – dice Giusto Occhipinti -. Con il tappo di sughero si corrono grandi rischi, si può incappare in uno spreco incredibile. Rappresenta un reale problema se si vuole conservare il vino per lunghissimo tempo. Abbiamo constatato che i vini chiusi con tappo a vite o a vetro, che annulla la traspirazione, si mantengono in modo straordinario, perché allora rinunciare a una grande emozione? Apprezzo, per esempio, l’orientamento di Renato De Bartoli sul vetro. In effetti, questo materiale lo reputo ideale. Non dimentichiamo che i più grandi Chateau fanno invecchiare i loro vini con i tappi a vite”. Il sughero, i produttori, non lo abbandoneranno di sicuro per le bottiglie da mettere in commercio. “Sono figlio del mio tempo ed europeo – ammette Occhipinti -. Il tappo di sughero fa parte del fascino del vino. La magia si concentra sulla gestualità dello stappare. Il tappo stesso è la parte edonistica. Non userei mai una bottiglia con chiusura a vite per conquistare una donna. Le tre dita che ruotano farebbero effettivamente crollare tutto. Il sughero, poi, consente un’ottima conservazione per un certo numero di anni. Noi stessi siamo soddisfatti di quelli che usiamo, progettati dalla Diam e a tre traspirazioni”. Per quanto riguarda i vini destinati all’archivio, non saranno solo i tappi a cambiare. “Dovremo rinunciare alle nostre bordolesi– aggiunge -. Il tappo a vite e a vetro non alloggiano nelle nostre bottiglie. Stiamo valutando diversi modelli”.
Manuela Laiacona