di Emanuele Scarci, Taormina
Alla sfida del tempo il Verdicchio supera di slancio l’esame.
E non solo: l’altro messaggio è che il bianco icona marchigiano non ha bisogno del legno per imbellettarsi, va bene al naturale se in vigna si è fatto un buon lavoro. Una parola d’ordine delle Marche che da tempo hanno deciso di puntare esclusivamente sul vitigno autoctono e sul racconto del territorio nelle sue varie espressioni. Tuttavia se le esigenze commerciali di un’azienda, vocata ai mercati internazionali, impongono il passaggio in un contenitore, si può fare: il disciplinare non lo vieta e nemmeno il buon senso. “La strategia commerciale di un’azienda è corretta solo se il magazzino è vuoto. La barrique è un male necessario”, ha detto saggiamente Alberto Mazzoni, direttore dell’Imt, l’Istituto marchigiano di tutela vini, nel corso di un tasting a Taormina Gourmet. Mazzoni era affiancato dalla giornalista Adele Elisabetta Granieri. La verticale del Verdicchio dei Castelli di Jesi consisteva in dieci etichette di altrettante cantine che si sono misurate su bottiglie dell’annata 2020 fino alla lontana 2005. “Vogliamo dimostrare – ha anticipato Mazzoni – che il Verdicchio è bello in gioventù e ottimo in vecchiaia”.
La piramide del valore
Il vino è frutto del clima, “ma se non ci fosse l’intelligenza umana tutti i vini sarebbero uguali – ha detto Mazzoni -. Per questo abbiamo varato alcune modifiche al disciplinare” che potrebbero diventare operative con la vendemmia 2022. Lo scorso maggio, l’assemblea dell’Imt (ha 16 Denominazioni) ha deliberate alcune modifiche del disciplinare del Verdicchio Castelli di Jesi Doc e Docg. Per quest’ultima, la modifica del nome – ora Castelli di Jesi Docg (era Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg), con “Verdicchio” facoltativo – e il trasferimento della tipologia “Superiore” dalla Doc alla Docg. Per la Doc è stato infine reso obbligatorio l’imbottigliamento nella zona di produzione. Il lavoro del Consorzio era iniziato nell’estate del 2019 con le fascette di Stato: la razionalizzazione della materia ha l’obiettivo di valorizzare il territorio attraverso una precisa identificazione dell’area produttiva in etichetta. Con il Superiore, la Docg da nicchia (con il 30% di resa in meno) diventerà la locomotiva dell’eccellenza enologica marchigiana anche in termini di numeri, passando da mille a 20 mila ettolitri di produzione al termine del procedimento. Qualità sempre più salvaguardata anche per la Doc, con il divieto dell’imbottigliamento fuori zona. Grande lavoro anche nell’altra branca della Denominazione, sempre con l’obiettivo di costruire la piramide del valore. Da tempo il Verdicchio di Matelica ha deciso il cambio del nome in etichetta: si chiamerà, dopo il via libera del Mipaaf e di Bruxelles, Matelica Doc Verdicchio e Matelica Riserva Doc Verdicchio.
Ecco i vini in degustazione
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Macrina 2020 – Garofoli
E’ il vino d’entrata, quello disponibile subito dopo la vendemmia. Semplice ma efficace.
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Salmariano 2018 – Marotti Campo
Rotondo e complesso, frutto di una vendemmia tardiva. S’intuisce un ricorso parziale alla barrique
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Misco 2016 – Tavignano
Cinque anni di invecchiamento, si avvertono note di mandorla dolce, sorso lungo e spinta sapida.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore GranCasale 2015 – Casalfarneto
Vendemmia tardiva e passaggio veloce in botte grande. Note di agrumi con spinte minerali. Lieve speziatura e finale salino. Sembra un vino più giovane.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Spumante Brut Metodo Classico Riserva Millesimato Ubaldo Rosi 2014 – Colonnara
60 mesi sui lieviti. Complessità aromatica, note di cedro e foglia di alloro. Sorso elegante. Niente legno.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Vecchie Vigne 2013 – Umani Ronchi
Vino prodotto da vigne con oltre 45 anni. Affinamento di 10 mesi sui lieviti in serbatoi di cemento. Vino carico già dai richiami olfattivi, note di camomilla, sorso denso, presenza di alcol.
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico San Paolo 2012 – Pievalta
Note di pietra focaia, sorso elegante e profondo. Sapido. Niente legno. Forse una delle migliori espressioni del Verdicchio.
Castelli di Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico Vigna Novali 2008 – Moncaro
Vino concentrato. Passaggio in barrique per una parte delle uve. Note di agrumi, nocciola tostata e di canditi appassiti.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Stefano Antonucci 2007 – Santa Barbara
Vino pesante, note di nocciola tostata. Colore più dorato.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore Riserva Villa Bucci 2005 – Bucci
Uno dei produttori che hanno scritto un pezzo di storia del Verdicchio. Vino di 16 anni e non li dimostra. Complesso ma ancora fresco. Per 3 anni in botte grande di 50 anni.
LA GALLERY (ph Vincenzo Ganci)