Le sale dell’Hotel Villa Diodoro di Taormina si riempiono degli effluvi divini regalati dal Nebbiolo.
In una verticale storica di Barolo Riserva di Borgogno, Franco Rodriquez e Maria Giovanna Migliore, ripercorrono in un crescendo di annate, dal 1982 alla 2014, la storia di un’Azienda che ha scritto quella della stessa Denominazione. Non è infatti “solo” una verticale di vino, ma una verticale che ripercorre date e annate che hanno segnato eventi storici e memorabili dell’Italia e del Mondo. Una storicità che da sempre appartiene alla famiglia Borgogno, i cui vini, nel 1861, sigillarono il patto celebrativo dell’Unità di Italia.
Ma la storia parte ancor più da lontano quando nel 1761 Bartolo Romeo Borgogno, che era un “semplice” contadino, decise di fondare la sua Azienda, e senza dubbio allora era di certo inconsapevole che da lì a poco avrebbe posto la prima pietra di una delle aziende più rappresentative del territorio delle Langhe. E’ poi, Cesare Borgogno che nel 1920 inizia a definire l’identità commerciale dell’azienda, e dal 1922 anche di conservare la sua memoria storica attraverso un grande archivio di bottiglie di Barolo Riserva gelosamente conservate in cantina e che, oggi, di anno in anno, vengono allocate con parsimonia sul mercato.
Il Barolo Riserva Borgogno diventa quindi un prodotto sempre più raro, ma per quante poche bottiglie ci siano, il filo conduttore appare, ieri come oggi, sempre coerente: sono vini austeri e longevi, molto spessi introversi e dalla struttura imponente. Ma è questa l’identità di un Barolo riserva ed è questa l’identità del Barolo Riserva di Borgogno.
Una riserva che dal 2013 vede solo fermentazioni spontanee in cemento con una macerazione di almeno 30 giorni così da garantire un grande rilascio di antociani e che affina, poi, solo in botti grandi prevalentemente esauste. E se queste le caratteristiche tecniche di massima, ciò che emerge nella degustazione è che, in un crescendo di annate, la cifra stilistica – pur passando il testimone da un membro all’altro della famiglia, fino ad arrivare, nel 2008, alla Famiglia Farinetti – mantiene ben saldo il carattere tradizionale del Barolo.
La degustazione
Barolo Riserva Docg 2014
L’azienda ha dato un nome identificativo ad ogni Barolo Riserva, intitolato per questo millesimo “Il Barolo che si può fare” a ricordare, appunto l’annosa annata climatica che ha attanagliato le Langhe e, dunque, a sottolineare quanto di meglio si poteva ottenere da quest’annata. Un Barolo che nasce dalle uve di tre cru (o che dir si voglia Mga): Liste, Fossati e Cannubi e che si connota al naso per un frutto ampio e polposo. Sorso dal tannino vivissimo e importante con un ‘acidità presente, ma non spiccatissima. A confermare che il vino è figlio della sua stessa annata. E a voler dire un’eresia, questa Riserva può essere già bevuta ora, non conoscendo il suo futuro futuribile.
Barolo Riserva Docg 2012
Con 50 giorni di macerazione a cappello e 6 anni di affinamento in botte, la Riserva 2012 è stata definita dall’azienda come “il Barolo da fine del Mondo” memore di quell’ annosa profezia dei Maya. Ma fortunatamente così non è stato né per il Mondo né per questo Barolo che a voler parlare di Mondo, parte, nel suo impianto olfattivo, da quello del Medio Orientale con note riccamente speziate, poi di genziana e di balsamicità. Il suo sorso, a differenza della ‘14, si mostra molto più verticale grazie a un’acidità che diventa padrona di un palato che non smette mai di salivare, nonostante la lunga e bella presenza tannica. In retronasale, a confermare la giovialità di cui tanto il naso che il sorso si confanno, è una piacevolissima nota di arancia sanguinella. Il suo potenziale fa presagire un lungo futuro.
Barolo Riserva Docg 2008
“Yes we can” così intitolato questo millesimo che ha segnato le elezioni del presidente degli Stati Uniti Barak Obama. Imbottigliato, dopo 6 anni di affinamento in botte, nel dicembre 2014. Qui il risultato ultimo è dato dalle uve dei tre cru già presenti nelle annate ‘12 e ‘14 alle quali si aggiungono, poi, quelle dei vigneti dei Cru di Cannubi San Lorenzo e San Vito delle viole. Il suo naso ha la stoffa del fuoriclasse dove alle note più scure e profonde di china, di inchiostro e oliva in salamoia si affianca un odore che pare essere regalato da un tocco glicerico di prugna e poi di vaniglia. E alla bellezza espressiva degli odori segue un sorso dal tannino presente e al pari perentorio, che non disturba, ma che anzi pare rimandare alla caratteristica propria del Barolo, la sua imponenza.
Barolo Riserva Docg 1998
Un granato profondo dal naso carnoso che rivela tutto il calore dell’annata tra note di terra, di cacao e liquirizia. Bocca larga, ariosa con un’acidità presente ma non spiccatissima, vista anche la persistente nota sapida.
Barolo Riserva Docg 1996
“Il Barolo del progresso” che segna l’anno della ripresa economica italiana e delle nuove leggi razziali. Erano anni di apertura culturale, come anche in questa riserva che si mostra in un’annata non austera, ma, appunto, espansiva con un sorso generoso dai sapori riccamente fruttati che pervadono l’intera bocca, diventata fresca e sapida al pari. Energico. Ragguardevole l’equilibrio che mostra. Capolavoro.
Barolo Riserva Docg 1982
Il 1982 segna l’anno del “Made in Italy” dove l’ambizione di giovani stilisti italiani come Valentino e Krizia, si impongono nell’Alta Moda. Mentre la Riserva di Borgogno, nello stesso anno, si imponeva su altro fronte, quello di non “cedere” alla filosofia che in quegli anni arieggiava nelle Langhe dei Barolo Boys. Borgogno continua, infatti, il suo affinamento nelle botti grandi e conferma anche in questo millesimo di averci visto bene. Il suo sorso è la nobiltà di un tannino rotondo, solcato da note di terra e viola in retronasale. Acidità e sapidità in perfetto equilibrio che regalano una bocca di grande energia e tensione. Qui non c’è alcuna decadenza, anzi la 1982 più che un Dorian Gray, pare un Benjamin Button. Averceli 40 anni e portarli cosi.
Titti Casiello
LA GALLERY (ph Vincenzo Ganci)