di Andrea Camaschella
Eugenio Signoroni ha un palato sopraffino, una laurea in Scienza Gastronomiche conseguita a Pollenzo (CN), lavora in Slow Food Editore e oggi è il curatore di due dei prodotti di punta della casa editrice: la Guida alle Birre d’Italia e la Guida alle Osterie d’Italia.
A lui è toccato il compito di aprire ieri il percorso sulle birre a Taormina Gourmet con il corso “Produrre una birra artigianale di successo”. Attraverso una serie di diapositive in cui ha portato dati interessanti sulla craft beer revolution degli Stati Uniti e nozioni di vario genere, supportato da una bella presenza e proprietà di linguaggio ha fatto volare le 3 ore a disposizione. Ha saputo anche far intervenire, al momento giusto in modo da sottolineare o approfondire i concetti, alcuni produttori presenti in sala e Lorenzo “Kuaska” Dabove. Pubblico attento e numeroso soprattutto se si considerano le condizioni meteo a dir poco avverse e lo sciopero nazionale che ha cancellato voli e treni a go go.
Il sunto del corso è che per produrre una birra, artigianale, di successo, occorre mettere nel bicchiere qualcosa in più, saperlo raccontare e soprattutto avere un prodotto eccellente con grande costanza qualitativa. Questo è quello che è risultato evidente nelle birre 4 birre scelte, sapientemente, da Eugenio per accompagnare la sua narrazione:
la Tipo Pils del Birrificio Italiano, ovvero l’idea geniale quanto sovversiva (nel 1996) di produrre una German Pils con l’uso di luppolo a freddo durante la maturazione della birra
la Margose di Birranova, ispirata a una antichissima birra della Bassa Sassonia, con acqua di mare (depurata ma non dissalata)
la Moak di Tarì, una birra scura che guarda da vicino il caffè freddo e la recente moda dei cold brew, in collaborazione con una piccola torrefazione di Modica di cui usano un caffè etiope.
la BB Red Nau di Barley, l’ultima nata dal padre putativo delle Italian Grape Ale, le birre che usano l’uva (o derivati come mosto, mosto fiore, sapa ecc) come ingrediente caratterizzante.