(Franco Giacosa, Angiolino Maule e Massimo Lanza – ph Vincenzo Ganci)
di Michele Pizzillo
Una verticale di sei annate di Sassaia per capire se la scelta di Angiolino Maule di produrre vini naturali può essere seguita da altri viticoltori.
A conclusione della degustazione, a cui hanno partecipato prevalentemente wine lover stranieri, sono stati registrati solo voci positive per la produzione di Maule che, come ha sottolineato lo stesso viticoltore, nelle sue pratiche colturali preferisce sottrarre, più che aggiungere. Nel senso che gli unici corpi estranei di una bottiglia di vino dovranno essere il vetro che lo contiene e il tappo. Idem in vigna: l’uomo si deve preoccupare solo di trasformare ciò che la natura offre, senza ricorrere a prodotti chimici per curare la vigna e poi per trasformare l’uva in vino. Se ricorro a prodotti chimici, che territorio vendo ai consumatori?, si chiede Maule. Insomma, il concetto dev’essere quello di guardare il terreno con sopra una piantagione di viti e non un vigneto con sotto il terreno.
(ph Vincenzo Ganci)
Queste affermazioni il viticoltore di Montebello Vicentino, li ha fatto circondato dall’enologo Franco Giacosa (“un colpo di culo il nostro, quando Giacosa è andato in pensione”, dice Maule) e dai giornalisti-degustatori Alessandra Piubello, Massimo Lanza e Federico Latteri. Mentre i degustatori erano prevalentemente stranieri.
Sei le annate in degustazione: 2018, 2013, 2009, 2007, 2001 e 1998. Un percorso che ha evidenziato come la Garganega allevata su terreni vulcanici ha una longevità che può arrivare anche sino a trent’anni. Tant’è che già il 1998, per la sua freschezza e grandissima sapidità, non sembra un vino che ha superato i 20 anni. Un’altra caratteristica della produzione del pioniere dei vini naturali, è quella di aver eliminato il Trebbiamo di Soave che, solitamente, era presente con una percentuale generalmente tra il 5 e il 15%. “Uva eliminata quando ho capito che bastava far maturare un po' di più la Garganega per avere la stessa acidità che mi dava il Trebbiano”, ha raccontato Maule nel corso della degustazione organizzata a Taormina Gourmet.
(ph Vincenzo Ganci)
Un altro aspetto che è emerso – grazie all’esperienza di Lanza e Piubello – da questa importante degustazione è che il produttore veneto animatore del “club” dei naturalisti del vino, non ha copiato nessuno tant’è vero che i suoi vini non hanno nulla a che vedere con quelli della Borgogna, regione dove c’è una importante produzione di vini naturali. La filosofia è identica, hanno sottolineato i due giornalisti-degustatori, ma il percorso produttivo è diverso e con risultati altrettanto diversi. Il che vuol dire che Maule fa un ottimo lavoro vitigno-terroir, di avere il massimo rispetto per la vite e per il terreno dove sono piantate le vigne. Grazie ad un modello colturale che è frutta a tantissima sperimentazione che non è ancora finita e nessuno sa quando sarà completata. Nessuno, quindi, può dire che i produttori italiani di vini naturali scopiazzano i francesi. Sono due mondi diversi. E, poi, “io ho la fortuna di avere le vigne in uno dei migliori terreni del mondo. Che motivo ho di andare contro natura?”, ha detto il viticoltore veneto, parlando dei terreni vulcanici della sua regione.
Sei i vini in degustazione:
Sassaia 2018 La Biancara
Vino ottenuto da Garganega in purezza. E’ stata un’annata molto produttiva e Maule non è molto soddisfatto della qualità del vino. Siccome gli è sembrato una vendemmia identica a quella del 2004, quando il vino si è rivelato ottimo dopo qualche anno, si astiene dal ritenerlo un grande vino. Insomma, dice “in questo momento non mi piace”.
Sassaia 2013 La Biancara
E’ stata la prima vendemmia che ha fatto con il nuovo enologo, Franco Giacosa. Maule e Giacosa si sono trovati subito in sintonia perché partivano dal principio che i vini naturali devono essere vini senza difetti e, contestualmente, dalla considerazione che si può fare produrre ancora meglio. E, così, dai vini corretti si è passati alla produzione di grandi vini. Questo millesimo rappresenta l’inizio di un nuovo futuro per i vini naturali. Alla degustazione, infatti, si presenta ancora fresco, giovane e in evoluzione. Da valutare fra qualche anno.
(ph Vincenzo Ganci)
Sassaia 2009 La Biancara
L’uvaggio classico, con il trebbiano di Soave presente con percentuali che non superano il 15%, permette di avere un vino che esprime le caratteristiche varietali del vitigno e la sapidità e mineralità del territorio. E’ un ottimo esempio di purezza.
Sassaia 2007 La Biancara
Annata calda in tutta Italia che, probabilmente, è stata abbastanza favorevole alla produzione naturale di Maule. Il vino, infatti, si presenta con un bel bouquet di sottobosco che sfuma verso note balsamiche. In bocca è fresco e una sapidità molto accentuata che perfettamente amalgamate, ne fanno un grande vino.
(ph Vincenzo Ganci)
Sassaia 2001 La Biancara
In questo caso la freschezza si sente un po' sfumata. Però il bouquet fruttato con nuance di note di erbe aromatiche è piacevole. In bocca sapidità e acidità sono ancora vive per un vino che ha già 18 anni di vita. Questa è una conferma che i vini bianchi ottenute da vigne coltivati su terreni vulcanici sono sicuramente longevi.
Sassaia 1998 La Biancara
Se degustato alla cieca, nessuno direbbe che è un vino prodotto vent’anni fa. E’ ancora attualissimo, con una freschezza godibilissima e una grandissima acidità. D’altronde, già i profumi fruttati, prevalentemente di pesca gialla, sentori di anice stellata e note di erbe aromatiche, anticipano la consistenza di un vino di qualità.