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Taormina Gourmet 2017

In viaggio per l’Europa birraria: guida Kuaska: “Quante sorprese nel boccale”

21 Ottobre 2017
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(Kuaska durante la lezione – ph Vincenzo Ganci)

La seconda masterclass sulle birre vede ancora Kuaska a condurci questa volta in un viaggio per tutta l’Europa birraria e non solo per il Belgio. 

Kuaska stravolge subito l’ordine delle birre, dividendole per tipologie o per caratteristiche e parte raccontando quanto l’Italia stia diventando un punto di riferimento per tutti i paesi dove le craft breweries, i piccoli birrifici indipendenti, stanno affrancando i consumatori dalle piatte (di sapori) birre industriali. Si apre con un classico della Franconia, piccola zona a nord della Baviera, in Germania, la Ungespundetes (per tutti U) di Mahr’s Brau, da Bamberga. Si tratta di una keller, le birre un tempo prodotte a fine stagione brassicola (prima dell’avvento della refrigerazione) per essere consumate d’estate, direttamente davanti ai birrifici. La zona oggi è meta di pellegrinaggi da tutto il mondo proprio alla ricerca di queste birre classiche. La narrazione di Kuaska racconta di vecchi pub in giro per l’Europa, evocando le atmosfere dei vecchi locali di Praga, dei fumosi pub di Londra, degli affascinanti cafè del Belgio e così via. In Germania la scena sta cambiando: finalmente si vedono birre nuove che occhieggiano anche a nuove tradizioni straniere, ma non si devono mai dimenticare i classici. 

Il secondo bicchiere è riempito con la KoekeDam, la Saison da 6,5% Vol., del birrificio belga Het New Brouwerij, un birrificio di apertura recente, ma piccolo e tradizionale per le idee produttive. Si tratta però di una Saison moderna, rude e speziata, buccia d’arancia: “fighettina ma è saison, si sentono delle pizzette del lievito, è molto della zona di Anversa” chiosa Kuaska bicchiere al naso, prima di sottolineare la freschezza di questa birra e di quanto questo aspetto sia importante, in una birra da bere in ogni momento.

La terza birra non è la Wild & Funky di BOMbrewery, bensì la Triporteur Heaven, da cui è partito il progetto del birrificio belga e ne parla direttamente il birraio, Van Ecke, sottolineando l’importanza del malto: loro sono anche malteria, ed è importante non dipendere da altri stati per un ingrediente che tradizionalmente era locale, sia per coltivazione, l’orzo, sia per lavorazione successiva (la maltazione appunto) e “Belgian Original Malt (Backery)” è l’acronimo del nome del birrificio. Il ceppo di lievito originale non è belga, ma scozzese, perché loro vogliono esaltare al massimo i sapori del malto e quindi non cercano un lievito caratterizzante ma il più possibile neutro.

Ci si sposta a Malta, per la quarta birra servita, la Sans Blas di Lord Chambery, birrificio controcorrente sull’isola, dominata da un paio di birrifici industriali. Piccolo excursus sulla riconducibilità delle birre da un lotto all’altro e poi via a presentare la English IPA che ben si sposa in un percorso innovativo, benché una classica birra inglese. Malto in grande evidenza, con note di luppoli inglesi (pompelmo come eccezione) e terroso nonché un po’ pepato.

Ci lamentiamo dei birrai italiani, spesso in ritardo sulle consegne, o con consegne sbagliate ed ecco che anche la verso la fine della masterclass l’inglese Legimates Industries anziché la Identify Theft ci fa trovare l’American Wheat di casa, la Tumshare. Dunque una fresca birra di frumento, con buone note amare e aromatiche dei luppoli. Decisamente un birrificio contemporaneo e poco tradizionalista, ma interessante e con una buona capacità di usare i luppoli americani. Poiché le caratteristiche aromatiche dei luppoli del nord America spesso tendono agli agrumi, Kuaska spiega la grande capacità italiana di riconoscere i singoli agrumi, arancia, bergamotto, pompelmo e così via, mentre all’estero si limitano a un triste “agrumato” per descrivere le sensazioni olfattive e retrolfattive. 

E si chiude con l’austriaca – di produzione, ma di idea slovena, come i birrai – Kramak di Bevog Brewery. Kuaska approfitta per parlare delle lattine, visto che questa e la precedente birra, sono servite in lattina. L’elogio alla lattina è però molto veloce: il tempo è tiranno e segue un altro laboratorio. Kuaska però ci legge e stavolta, pur se quasi trascinato fuori dalla sala avendo concluso il tempo, chiude con “il laboratorio è finito, andate in pace”. 

Andrea Camaschella

ALCUNE FOTO DELLA MASTERCLASS (ph Vincenzo Ganci)