di Michele Pizzillo, Taormina
“Adesso parliamo dei vini del futuro”. Così Fabrizio Carrera introduce i lavori dell’incontro sul tema “Vini e cambiamenti climatici” con relativa degustazione di tre vini proveniente dal Nord del Mondo.
E, non è uno slogan ad effetto, perché l’estate 2017 ha un po’ portato in primo piano il problema; però, sembra che il Nord del Mondo si sia organizzato in tempo per sfruttare quello che poi sarebbe accaduto questa estate, visto che i vini degustati provengono da vigneti impiantati già da qualche anno, in Gran Bretagna, nelle zone alte della Germania e addirittura in Svezia. Vediamo le posizioni degli esperti.
Attilio Scienza, che non ha bisogno di presentazioni, bloccato a casa per motivi di salute, è intervenuto via video, ponendo già qualche domanda, tipo: il fenomeno 2017 è accidentale o è l’inizio di un nuovo ciclo? In un modo o nell’altro, però, bisogna stare attenti perché la temperatura aumenterà di 1 anche 2 gradi entro un paio di decenni e, quindi, dovrebbe cambiare anche la geografia del vigneto. Conseguentemente, anche il modo di coltivare la vigna e, quindi, sarebbe opportuno rimuovere le modellistiche arrivate dalla Francia negli anni '60-'70. Però le scelte da fare devono essere rapide, se vogliamo anticipare il problema dello stress a cui sarà sottopostala vite con i cambiamenti climatici. Quindi, il futuro è quello della genetica che deve essere sviluppata attraverso strumenti che ci permettano di avere a disposizioni dati precisi per pensare di allevare nuove varietà di vitigni.
Riccardo Cotarella, che come gli altri due relatori che seguiranno, non necessita di presentazioni, ritiene che sia un obbrobrio parlare di vendemmia storica. Di storico, nel 2017, c’è solo la gelata, la mancanza di pioggia specialmente nel momento vegetativo della pianta, il caldo eccessivo, con danni che si ripercuoteranno anche l’anno prossimo, E, tanto per non farci mancare nulla, una perdita delle uve attorno al 30% che è una catastrofe per il reddito dei viticoltori e per lo stesso mercato perché i vini non disponibili sono facilmente sostituibili da altri. Proposta di Cotarella: gestione scientifica del vigneto e massima attenzione per la straordinaria biodiversità italiana che manca alla Francia, tanto per fare un esempio. Anche perchè a soffrire di meno sono stati i vitigni presenti in territori piuttosto marginali, come Montepulciano e Aglianico. L’annotazione positiva di Cotarella potrebbe essere sintetizzata nell’affermazione “annata niente di eccezionale, niente di catastrofico speriamo, però, che non si ripeta più”.
E, qui, arriva Daniele Cernilli che con il suo excursus storico ci dice che tra il 1600 e il 1700, in Inghilterra la vite si coltivava sino ai confini con la Scozia. Perciò, lo spumante prodotto in Cornovaglia è una sorta di ritorno alle origini. Cioè, l’Inghilterra riscopre la sua vocazione viticola e, oltretutto, in una regione con terreni identici a quelli della Champagne. Insomma, è il fenomeno ciclico dei cambiamenti climatici che nel corso dei secoli hanno anche modificato il vigneto e diverse altre colture. Con questi non voglio sottovalutare il problema 2017; anzi, bisogna stare attenti a cosa succederà per correre subito ai ripari.
Luigi Moio: in Francia i viticoltori piangono perché il 2017 è stato un disastro per tutto il paese anche perché loro possono contare su 4 vitigni, a differenza della biodiversità italiana, che sono stati i più colpiti dall’andamento climatico di questa estate. Questo fenomeno ci fa capire che non possiamo piantare la vigna dove vogliamo, che il futuro dell’enologia non è fatto da chardenizzazione o rieslingazzazione del vigneto, ma dalla diversità sia varietale sia territoriale dell’Italia. Incominciamo, allora, a chiederci che vitigni impiantare, dove impiantarli e che vini vogliamo fare anche perché buoni vini li fa l’enologo che ha disposizione un mosto equilibrato. A questo punto Moio smonta quello che era una sorta di marketing: l’elogio dei vitigni autoctoni per sottolineare che oggi proprio questi rappresentano il futuro dell’enologia mondiale. Anche di quella irrigua, presente nel Sud del Mondo.
A condurre la degustazione ovviamente è Cernilli che illustrando il CamelValley Cornwall reserve brut 2013 arrivato dalla Cornovaglia rammenta che è l’empio di quei corsi e ricorsi storici della climatologia. Intanto questo bollicine potrebbero creare qualche problema alla Champagne (la Gran Bretagna è un grande mercato), visto che i terreni della Cornovaglia sono marnosi come quelli dell’area di produzione delle più famose bollicine francesi.
Molto interessante è invece lo Schieterterrassen 2016 prodotto da Heymann Lowenstein: un vino della Mosella a base di riesling coltivato in alta montagna, dai profumi caldi e accattivanti che predispongono già positivamente il palato. La conferma arriva una volta in bocca: il vino è polposo, caldo, persistente e con una bella aromaticità perfettamente equilibrata con l’acidità, che lo rende moto versatile negli abbinamenti.
Collina memoria 2016 Solaris invece arriva dalla Svezia e, come giustamente ha sottolineato Carnilli, è un vino dai profumi imprescrutabili e in bocca è aspro, con un’acidità sovradimensionata. Questi vini, comunque, sono segnali che i paesi viticoli non devono sottovalutare.
ALCUNE FOTO DELLA DEGUSTAZIONE (ph Vincenzo Ganci)