(Andrea Camaschella)
Riceviamo e pubblichiamo volentieri una lettera di Andrea Camaschella, “beer teller” che dice la sua del movimento bitrraio artigianale italiano, partendo da Taormina Gourmet 2016.
di Andrea Camaschella
Il movimento birrario siciliano non è, ancora per lo meno, tra i più conosciuti nel panorama nazionale. Se da un lato il nord corre, il sud però non dorme e Taormina Gourmet ne è un fulgido esempio: un bellissimo evento, nato per il vino che si è, da quest’anno, aperto anche ai birrifici, nazionali e non solo.
La zona dedicata ai birrifici era un po’ defilata e sacrificata oltreché poco segnalata, ciononostante l’afflusso è stato interessante e interessato e ben presto muoversi è stato problematico. Anche la disposizione dei tavoli andrebbe rivista, visto che alcuni birrifici risultavano un po’ nascosti e defilati (è il caso di Croce di Malto, Canediguerra e Barley, in un corridoio cieco e poco visibile, ma anche di Wold Top Brewery, sacrificato in un angolo in fondo).
La presenza di molti dei produttori locali è stata, per me, una delle fonti di interesse: questi birrifici sono più che altro coinvolti nel mercato locale e raramente si vedono in altri eventi o nei locali del nord. Guardando, più in generale, ai marchi presenti, possiamo senz’altro parlare di “parterre de rois” vista la partecipazione di alcuni tra i più blasonati italiani: da Croce di Malto a Extraomnes, da Mastino a Barley e via con molti altri sono scesi curiosi di scoprire le reazioni dei partecipanti alle loro birre e credo anche per scoprire a loro volta le realtà locali. Posso immaginare che tre giorni a Taormina abbiano giocato un ruolo fondamentale per convincerli.
La formula dei banchi di assaggio, tipica del mondo del vino, ha visto un po’ impacciati alcuni birrai, abituati a gestire fusti e spine anziché bottiglie e apribottiglie: Schigi di Extraomnes ne ha rotti parecchi per esempio, nessun problema invece per i veterani di queste situazioni, Nicola Perra del sardo Barley e Loreno Michielin di 32 Via dei Birrai. La formula però è molto interessante e permette di valutare anche le produzioni in bottiglia, più adatte a un’enoteca (o un beershop) ma che un pub non dovrebbe disdegnare. Mi fa anche piacere sottolineare che le birre che ho assaggiato, nel complesso, sono ben fatte, interessanti, non hanno patito il viaggio e soprattutto sono caratterizzate, personalizzate dai birrai.
Sono rimasto piacevolmente sorpreso dal livello di alcune birre siciliane: seppur nella maggioranza non sono birre estreme, non ho trovato palesi difetti né tantomeno infezioni, alcune invece sono birre coraggiose, legate al territorio e decisamente intriganti. Anche la cultura ha avuto la sua parte, con laboratori di degustazione guidati da due tra i più capaci attori del nostro mondo, il mio maestro Lorenzo “Kuaska” Dabove che con la sua verve e la sua competenza ha coinvolto e catturato, come sempre, anche un pubblico poco avvezzo alla nostra schiumosa bevanda, e Luigi “Schigi” D’Amelio, che nei due laboratori ha sviscerato il tema dell’abbinamento e, come al solito, mi ha sorpreso con scelte azzeccate alla prova dei fatti che invece sulla carta mi lasciavano perplesso, senza dimenticare di sottolineare che l’abbinamento non deve essere un obbligo, ma solo un’opportunità in più: le birre vanno soprattutto bevute, in compagnia di amici o anche da soli, più che in azzardati matrimoni a tavola. I laboratori sono stati anche un modo per scoprire meglio i produttori, cui è stato dato un ampio spazio per raccontarsi.
Tutto questo è avvenuto nella magnifica cornice di Taormina, località meravigliosa quanto faticosa, con le sue salite ripide, le sue scale e le sue temperature ancora calde, ma con un chiosco sempre a disposizione per ritemprarsi con un selz a limone o una granita. E l’ospitalità siciliana, calda e accogliente ma non opprimente, ad accompagnarti giorno per giorno. Quindi… quando si ricomincia? Io sono pronto!