(Walter Massa, Alessandro Dettori e Gianni Paternò – Ph Vincenzo Ganci)
di Annalucia Galeone
Raccontare Alessandro Dettori non è facile. Mi piace definirlo 'un viaggiatore in direzione ostinata e contraria' citando Fabrizio De Andrè.
È un giovane vignaiolo della Romangia, zona storica per la produzione del Cannonau che colpisce sin da subito per la sua caparbietà nel voler conservare la propria identità e non lasciarsi influenzare dai gusti del consumatore nel suo modo di fare vino.
È stato il protagonista di una delle più interessanti degustazioni organizzate in occasione del Taormina Gourment con il suo Tenores annate 2010/2009/2003/2002/2001. È un irriverente, ricorda il toscanaccio Roberto Benigni, quel che pensa non te lo manda a dire.
“Produciamo i vitigni tradizionali: Cannonau, Vermentino, Monica, Moscato. Siamo in pochi a produrre il Cannonau in purezza – sottolinea -. La mia azienda è composta da 24 ettari di vigna localizzate nell'intersezione di tre diverse aree geologiche. La prima vera vendemmia da solo risale al 1998, subito dopo la morte di mio nonno. Non utilizzo nessuna Doc. Gli altri produttori avevano adottato una piega stilistica più internazionale. I vini erano prodotti per essere venduti. Io faccio un discorso inverso. In bottiglia metto la tradizione pura che piaccia o non piaccia. La Doc è un concetto politico che non ha nulla a che fare con il terroir, in Italia nascono per garantire il consumatore”.
La produzione è altalenante, oscilla tra le 40.000 e le 60.000 bottiglie. In alcune annate non è stata prodotta una sola bottiglia, come la 2008.
È un'agricoltura tradizionale. “Bisogna ritornare a quello che c'è dentro il bicchiere – esorta Dettori -. In vigna seguo gli insegnamenti di mio nonno, l'unica differenza è che lui lo ha sempre fatto io invece ho dovuto studiare per capirlo e cerco di proteggere l'ecosistema”.
Per quanto riguarda l'export il 49% della produzione è destinata all'Italia, il 50% all'estero e solo l'1% al consumo regionale.
“Agli inizi ho ricevuto solo consigli su come avrei dovuto fare il mio Cannonau – sottolinea Dettori -. Ma io non seguo il mercato faccio ciò che sono e non ciò che si vorrebbe. L'unico modo per perseverare il terroir è portare avanti la tradizione”.