di Francesca Landolina
“Lo scorso anno, in questo stesso periodo, i contratti di vendita delle uve erano già chiusi. Oggi? Si sta a guardare. C’è poco movimento sugli affari di compra vendita. E questo dovrebbe indurre a fare attenzione alle speculazioni al ribasso. Vedremo cosa accadrà in prossimità della vendemmia”.
A parlare, nel corso della nostra intervista, è Piero Portale, patron della cantina Masseria Setteporte, a Biancavilla, sul versante Sud Ovest dell’Etna, e consigliere nel Cda del Consorzio Etna Doc. L’Etna del vino dà qualche pensiero, per via del blocco causato dalla pandemia che ha fermato i molti introiti del canale Horeca. “Non ci ha fatto bene – afferma Portale – ma speriamo nella ripresa”. Si parla del territorio e di quanto è accaduto negli anni. “Ci sono nuovi investimenti – afferma – e parlando come produttore, la preoccupazione sta nel mantenere ciò che l’Etna ha ottenuto in importanza e qualità. Il momento critico sarà la vendemmia 2020, solo dopo sapremo se ci saranno da fare valutazioni sulle giacenze”. Perché al momento le giacenze ci sono e bisognerà attendere per capire il da farsi. Ci si interroga intanto sul prezzo delle uve. “I prezzi non potranno mai essere quelli dell’anno passato. Anche se penso che il Carricante si aggirerà sui 2 euro circa. Mentre sui rossi si teme che le quotazioni di 1,30 euro al chilo dello scorso anno subiranno un calo. Bisogna anche considerare che molti vigneti impiantati negli ultimi anni entreranno in produzione. Sui rossi penso che la domanda sarà più bassa. Ma vedremo in prossimità della vendemmia cosa accadrà, non si sa ancora se ci sono al momento speculazioni di mercato. C’è poco movimento, tutto tace”.
Parliamo di uno dei punti di forza del vino etneo: la qualità crescente. “Oramai si stanno raggiungendo standard alti di qualità – prosegue Portale – L’Etna si difende. Parliamo di un territorio unico, dove ci sono differenze a livello di metri e non solo di altitudini. E parcelle diverse di terreno che donano ai vini caratteristiche diverse”. Ma il raggiungimento della vetta per qualità è secondo Portale ancora da raggiungere. “La strada intrapresa è quella giusta, tuttavia, non si è toccato ancora il massimo. Diciamo che si è tolta la crosta, se possiamo usare questa espressione. Si può fare di più. Nei recenti anni, sono esplose tante aziende e questo conferma l’appeal del territorio, ma c’è anche il rischio che a lanciarsi sia gente con poca esperienza e poche competenze. Servirebbe forse anche un po’ più di umiltà”, afferma. Sulla unicità del territorio nessuno ha più dubbi, neppure sulle differenze che regalano le contrade. “Sarebbe giusto parlare anche di macro-categorie tra versanti e non solo di contrade, perché sono distintive. Le altitudini e i versanti comportano differenze da considerare”. E poi ci sono versanti forse ancora poco considerati su cui vale la pena porre più attenzione. Il versante Sud Ovest per esempio? “State parlando del mio versante – risponde e sorride il produttore – e sarei di parte a elogiarne le qualità, ma si caratterizza per l’esposizione, per il fatto che il sole viene a dormire da noi. I vini sono più carezzevoli, più mediterranei, più solari, anche se siamo lontani dal mare, hanno più profondità, più facilità nella maturazione. Soffriamo meno insomma. Ed è un versante ancora da valorizzare. Ci sono già aziende blasonate che qui hanno investito. Un segno inequivocabile sulla preziosità della zona”.
Si parla di promozione, cosa occorre fare? “In cantiere c’erano tanto cose. Siamo stati fermati dalla pandemia, ma c’è tanto da fare. Oltre agli eventi autoctoni però, l’Etna deve andare fuori, all’estero. Tantissimi nel mondo non conoscono ancora la nostra realtà. Solo oggi si sono consolidati risultati qualitativi di livello, ma non siamo il Barolo, il Brunello di Montalcino e l’Amarone, ancora abbiamo strada da fare”. Tra due giorni ci sarà un’importante assemblea e ai soci del Consorzio saranno sottoposte due importanti proposte che riguardano il futuro dell’Etna. La prima prevede il blocco dei nuovi impianti dal 2021; la seconda l’abbassamento delle rese sui rossi da 90 a 70 quintali per ettaro per quest’anno. “La prima è una proposta che apre un dibattito: si vorrebbero evitare le grandi estensioni di vigneti che arrivano dal nulla – afferma – Ci auguriamo che il messaggio sia ben accolto dai soci. Vogliamo il bene dell’Etna. Sul piatto c’è il futuro”. E per quanto riguarda le rese? “Per quest’anno, innanzitutto prevediamo una domanda di uva più bassa, poi la proposta di diminuire le rese mira a limitare l’eccesso del prodotto. Sappiamo comunque dalle rivendicazioni che la media è di poco più di 60 quintali ad ettaro. Ma proporre l’abbassamento per l’anno corrente è come voler mettere in sicurezza quantità e qualità”. Per chiudere, quale futuro per l’Etna? “In ogni caso promettente. Ai giovani consiglierei di scommettere sull’Etna. Anzi venite, venite, venite”, conclude.
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