di Francesca Landolina
Mentre il mondo si ferma, la natura e il lavoro del contadino e del viticoltore procedono.
Comincia la fase di vendemmia verde, che porta all’eliminazione dei grappoli non ancora giunti a maturazione, riducendo la resa. Un lavoro adeguato alla produzione di vini di qualità, come quelli che caratterizzano la Doc Cirò, di cui torniamo a parlare con il produttore Armando Susanna della cantina Enotria di Cirò Marina, che ci racconta la fase di lavorazione in vigna e la continuità del lavoro, che ha comunque subito un forte rallentamento per la pandemia Covid-19. “Mentre la vigna e la natura vanno avanti – afferma -, i lavori in cantina procedono a ritmo rallentato. Oggi stiamo rispondendo alle richieste della Gdo, con un incremento di vendita del 15 per cento. Ed in qualche modo è una piccola fortuna, perché l’Horeca, che era il nostro canale preferenziale e in espansione, già al 60 per cento della produzione, è oggi totalmente fermo”. Ed è proprio un lieve sollievo oggi, per molte cantine, avere un piede nella grande distribuzione. Come si evince da alcune ricerche recenti, nei supermercati gli scaffali con le bottiglie sono i più visitati. E nel carrello della spesa i consumatori non si fanno mancare i vini di denominazioni note, doc e docg, e le etichette con cui si ha più familiarità. Il valore territoriale dona sicurezza e guida alla scelta più del prezzo.
Al di là di questo momento, si conferma dunque la voglia di territorio e di autenticità, che già da tempo guida consumatori e produttori. Un tema da affrontare quest’ultimo, per parlare di futuro e del futuro stesso della Doc Cirò. “In questi ultimi anni – racconta Susanna – siamo stati testimoni attivi di un ricambio generazionale che sta alla base della rinascita territoriale e produttiva, anche attraverso la nascita di micro-cantine che hanno dato risalto all’artigianalità dei vini. Oggi il Cirò è un vino più artigianale. E l’offerta è più vicina alle richieste del mercato”. Ci sono tuttavia alcune debolezze. “Penso che siano legate al territorio che è più lento a seguire l’evoluzione avviata dal comparto del vino, ormai da qualche anno. Ma si tratta di una debolezza da superare – spiega il produttore -. Il vino si vende insieme al territorio, si lega alle esperienze turistiche e ricettive, e tutto ciò permette un maggiore appeal. Oggi la produzione cresce qualitativamente e il prodotto penetra nel mercato e si posiziona in modo più corretto. Il Gaglioppo è un vitigno di nicchia, simile al Nebbiolo, richiede un lungo affinamento. La riserva prevede un affinamento per tre anni col passaggio in barrique di 6 – 9 mesi”.
In itinere è intanto il procedimento di approvazione della Docg. “Una grossa opportunità per ripartire con un nuovo prodotto garantito – afferma -. Prevista anche una semplificazione delle tipologie prodotte: Cirò Rosso, Cirò Docg come vino di punta, Cirò Rosato e Cirò Bianco. Il nostro vino ha bisogno di essere comunicato bene e semplificare servirà molto. Il Cirò non è un vino semplice, è un vino per palati preparati, ma con caratteristiche uniche, capaci di regalare emozioni uniche. Noi ci crediamo molto. Finora il mercato dei vini della Doc è stato principalmente regionale, ed è anche aumentato, ma grazie alle possibilità di investimento garantite dall’Ocm ci siamo rivolti ai mercati esteri. Ed oggi iniziamo ad essere presenti in Europa, Germania, Belgio, Svizzera, Stati Uniti e nei mercati asiatici. Questo periodo che stiamo, purtroppo, vivendo ha frenato l’apertura ai mercati. Speriamo tuttavia di poter ripartire presto”. Rimane un altro elemento da tenere d’occhio: il valore medio. Oggi il prezzo medio commerciale è intorno ai 5 euro. Ma si avverte un cambiamento. “Il prezzo medio si è innalzato lievemente – spiega il produttore – e sta continuando ad innalzarsi grazie ai nuovi attori che si sono attivati, producendo piccole produzioni artigianali rivolte ad una fascia di mercato di nicchia. Non tutti i vini chiaramente raggiungono il prezzo di queste piccole produzioni, che può raggiungere i 10 euro, ma il percorso fa da traino. E sta portando ad un innalzamento del prezzo medio. Ricordiamo che non possiamo produrre maggiore quantità, perché siamo orientati alla qualità e alle basse rese, pertanto anche l’inserimento della docg può aiutarci al buon posizionamento”.
La Doc, rinata, sembra comunque trovare, un po’ alla volta, una maggiore valorizzazione che parte dal basso, dagli stessi produttori, ma che trova concretezza nella riconoscibilità dei vini nel calice. “La riconoscibilità è sempre maggiore. Diversi anni fa, si cercava di rendere più internazionale il prodotto, oggi la tendenza è inversa e si riscopre sempre più l’autenticità del territorio”. Quali strategie possono essere avviate per la promozione? “Bisogna comunicare meglio, a partire dagli organi di stampa. E occorre portare gli operatori sul territorio. Abbiamo tanto da offrire sotto ogni punto di vista, soprattutto paesaggistico e gastronomico. Sicuramente, tra i maggiori ostacoli, ci sono le infrastrutture. Chiediamo allora uno sforzo maggiore da parte delle amministrazioni, che potrebbero aiutare tanto. Siamo pieni di ricchezze che la natura ci ha donato, bisogna prenderne consapevolezza”.
Per il resto la tutela del territorio passa sempre dagli stessi attori che lo abitano e che lo vivono. “Se si vuole bene al proprio territorio, la tutela è la naturale conseguenza, e fa parte del processo che stiamo vivendo – afferma -. La maggiore consapevolezza porta a questo. L’urbanizzazione poco controllata negli anni ha peggiorato tanti aspetti del territorio, ma è anche vero che abbiamo una natura meravigliosa. Partiamo dagli elementi positivi da valorizzare, c’è tanto da fare”. “Il futuro della Doc Cirò? Siamo imprenditori e contadini – conclude il produttore – per noi non può che essere positivo. La fiducia non può mai mancare. Per la Doc, ci sono tanti elementi positivi, bisogna giocarci le nostre carte al meglio. Il processo in atto va nella direzione corretta e alla lunga pagherà. Bisogna unire di più i prodotti al territorio e ci prenderemo le giuste soddisfazioni”.
LEGGI QUI L’INTERVISTA A CATALDO CALABRETTA>