E’ nata e cresciuta in Australia, Lisa Gilbee (nella foto), non poteva certo immaginare che un giorno la Puglia sarebbe diventata la sua terra di adozione e il suo nido d’amore.
Perché anche se, dopo la laurea in enologia, aveva scelto il Bel Paese per fare le prime esperienze in cantina, su due cose, allora spirito libero con zaino in spalla, era certa: che non si sarebbe mai sposata e tanto meno con un italiano. Oggi custodisce vecchi alberelli (ultrasettantenni) di Primitivo di Manduria, dividendosi tra vigne, cantina, due bambini e il marito Gaetano Morella, che le dà una mano nel lavoro. E’ lei la forza propulsiva di Tenuta Morella, un piccolo mondo di sedici ettari con una produzione di 20 mila bottiglie nel territorio di Manduria, in provincia di Taranto, tra cui figura l’etichetta Old Vines, una selezione di Primitivo da vigne di 80 anni.
Il vigneto di Morella, vecchi alberelli di Primitivo
Vigna La Signora
Ci racconta, dal suo punto di vista di produttrice/enologa, il mondo del vino australiano, sfatando anche luoghi comuni, e svela nuovi progetti.
Come approda qua in Italia? La sua storia?
“Nell’epoca in cui conclusi i miei studi in enologia tutti i miei colleghi cominciarono ad andare in Francia per fare tirocinio, per gli australiani rappresenta il Pease mito dell’enologia. Io cercavo invece qualcosa di diverso e di interessante. Sapevo che l’Italia poteva darmi questo. Inizialmente feci qualche esperienza in Toscana. Seguivo la vendemmia, poi ritornavo in Australia per dedicarmi alla nostra. Per un po’ di anni feci avanti e indietro. Sempre in Italia ho lavorato per cantine sociali, facendo vino in perfetto stile australiano e diretto al mercato inglese, allora si chiedeva un vino standardizzato, pulito. Ma mi interessavano altre realtà dove si esaltavano determinate sfumature e caratteristiche del territorio, e si faceva ciò che nei manuali non insegnavano”.
Ci spieghi la differenza tra Australia e Italia nel modo di fare il vino.
“In Australia il 70% dei vini segue la ricetta della tecnologia, la si impiega per trasformare l’uva in un vino che sia facile da bere, fruttato, adatto per tutte le tasche, facile anche da abbinare ai piatti. Dall’altra parte vi è un 30% che proviene da piccole realtà, simili a certune dell’Italia, dove si fanno vini più creativi, fatti da produttori enologi che hanno viaggiato. C’è però una differenza consistente con le cantine italiane. In Australia si osa di più. Si provano tantissimi vitigni, francesi e molti italiani. Ne abbiamo tante di vostre varietà nel nostro Paese, Nero d’Avola, Sangiovese, Nebbiolo. Si fa il vino senza pensare all’eredità dei millenni. In Italia si fa il percorso inverso. Si parte dalla tradizione, la si segue e solo oggi forse si stanno percorrendo nuove strade. La qualità del vino è sempre centrale in ambo i casi. Come arrivare allo stesso punto da posizioni diverse”.
E’ risaputo però che i vini australiani non hanno come punto di forza la tipicità, si parla di appiattimento del gusto.
“Questo è un preconcetto. In Australia abbiamo una varietà straordinaria di terroir, proprio come in Italia. C’è la fascia calda simile a quella siciliana. Ci sono zone che potrebbero corrispondere al Piemonte o al Trentino. Ogni vino poi esprime queste differenze di territorio”.
Però non è famoso il continente come terra di grandi vini.
“Ci sono vigne a piede franco, come quelle di Syrah della cantina Henschke. Per me uno dei migliori Syrah al mondo è il loro vino di punta l’Old Grape, da vigne di 144 anni. Ma è solo un esempio. Di queste realtà che ne sono molte. Purtroppo si ha una visione errata e parziale dei nostri vini perché le piccole cantine non esportano in Italia o in Europa, non si conoscono”.
In Puglia come è arrivata?
“Ci sono arrivata tramite la Sicilia. Ho lavorato per un paio di anni con la Cantina Calatrasi. Mi recavo per loro in Puglia per fare ricerca e selezionare uve. In una di queste occasioni incontrai mio marito che si occupava della vendita dell’uva. Quando vidi per la prima volta gli alberelli di Primitivo non ebbi alcuna esitazione, dovevo fare vino lì. Allora non mi capacitavo come mai questo vino straordinario venisse messo nei grossi silos per farne del vino sfuso, vedevo questo vitigno e gli altri dalle grandissime potenzialità ma non valorizzato come avevo visto fare in Toscana, nel Veneto o in Piemonte. Vedevo un’enologia diversa da quella che avevo apprezzato in quelle regioni. Pensai “Qui si deve fare qualcosa”. In quest’ultimo periodo per fortuna sto vedendo molti produttori fare altissima qualità con l’obiettivo di valorizzare il territorio, e stanno facendo tutti un lavoro eccelso”.
Cosa le piace del Primitivo?
“Il gusto maturo della prugna e del cioccolato e la freschezza di ciliegie e la sua unica e giusta acidità. Straordinaria nonostante la zona calda in cui cresce”.
Qual è il suo approccio in cantina?
“Intanto faccio il vino prima di tutto in vigna. Si stabilisce lì quello che poi otterrai come vino. Assaggio sempre grappolo per grappolo per decidere il momento in cui raccogliere. In quel momento sai cosa avrai poi nel calice. Mi piace fare un Primitivo dove maturità e freschezza siano ben bilanciate. Non troppo concentrato, bevibile e, soprattutto, che possa invecchiare. In cantina uso il tradizionale fermentino aperto e procedo con la follatura verticale a mano. Preferisco fare una fermentazione media. Alla fine si tratta di vigne di 80 anni, le uve sono eccezionali bisogna solo accompagnarle nella trasformazione. Poi imbottiglio per caduta e a mano e senza filtrazione”.
Suo marito l’ha conquistata con il vino?
“Con uno Champagne che sapeva di tappo. E’ bastato quello per farmi innamorare. Scherzo. Non volevo affatto sposarmi con un italiano. E come sempre succede “Mai dire mai”, l’ho incontrato per lavoro e mi sono bruciata”.
Il suo vino del cuore?
“Quello che non farò mai. Il Riesling. Perché non posso abitare nelle zone fredde. E poi il Barolo, perché adoro la sua eleganza e la longevità”.
Quello che farà nel futuro invece?
“Bollicine rosse da Primitivo, seguo una tradizione diffusa del mio Paese, dove si producono vini frizzanti da Syrah. Lo farò con un metodo champenoise”.
Perché ha deciso di fare l’enologa?
“Lo devo ai miei genitori. E’ sempre stata loro abitudine girare per cantine, visitare i vigneti, e sin da piccola mi coinvolgevano. Un giorno andammo a visitare una cantina dove si faceva metodo champenoise, una volta usciti di lì mio padre mi disse: “perché non fai la produttrice di vino così in casa potrò avere tutto il vino che voglio?”. Lui scherzava, ma io alla fine lo presi sul serio…”
Azienda Agricola Morella
Via per Uggiano, 147
74024 Manduria (Ta)
Tel 099 979 1482 fax (+39) 099 220 99 10
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M.L.