Obiettivi per i prossimi tre anni: mettere in rete grandi e piccoli produttori, puntare su offerta turistica e giovani
Guiderà per altri tre anni una realtà che nel 2012 ha prodotto 9.200.000 bottiglie di brunello e 4.500.000 di rosso di Montalcino, 40.000 bottiglie di Moscadello e 360.000 bottiglie di Sant’Antimo con una quota di export che si assesta al 65%.
Fabrizio Bindocci rimane nella cabina di regia del Consorzio del Vino Brunello di Montalcino. Vestirà il ruolo di presidente fino al 2016.
“Srà un mandato che trova nell’unione indissolubile tra produttori, Consorzio e territorio, la linfa vitale – ha dichiarato Bindocci durante il discorso di insediamento- La dicotomia dimensionale, secondo cui gli interessi dei grandi produttori e di quelli più piccoli restano irrimediabilmente distanti, a Montalcino non vale. Anzi la complementarietà tra i grandi produttori, che rappresentano alcuni dei player più importanti del sistema vitivinicolo nazionale, e i piccoli vignaioli, custodi della tradizione e dell’alto artigianato enologico ha fatto grande il brunello. Grazie a ciò il Consorzio potrà sempre più svolgere oltre al ruolo di “gestore della denominazione” quello di vera e propria “agenzia di sviluppo territoriale e di “catalizzatore di energie” produttive e promozionali”.
Punterà sulla destagionalizzazione in merito all'offerta turistica e soprattutto sui giovani. “Saranno dedicati dei corsi per migliorare le loro capacità ed aumentare la loro preparazione – annuncia Bindocci- in un mondo, quello del vino, sempre più proiettato all’internazionalizzazione e alla competizione. C’è poi la novità rappresentata dal codice etico dell’associato al Consorzio Una sorta di forma di autocertificazione con la quale chi vorrà aderire volontariamente a questo progetto, si impegnerà a perseguire la massima correttezza nei rapporti con gli altri consorziati, al di là, evidentemente, dal restare competitor sul mercato”.
“Da ultimo – conclude il presidente – ma non per importanza, credo che il Consorzio debba lavorare con rinnovato impegno per avviare un progetto per la diversificazione delle zone, che non significa stabilire una gerarchia qualitativa dei Brunello più buoni o meno, ma una sorta di carta di orientamento, per clienti e/o appassionati, che, peraltro, il mercato già chiede e, in qualche misura, sta già costituendo. La fisionomia del territorio di produzione del Brunello non è unica, monolitica e tutta uguale”.