Lo ha fatto sapere il figlio Saša. Aveva un brutto male. Fu uno dei creatori degli “Orange Wines” insieme a Josko Gravner
Aveva lottato, con forza, tenacia e determinazione. Come era nel suo stile di affrontare la vita. Ma Stanko Radikon alla fine ha perso la sua battaglia contro un brutto male. Ci lascia oggi, come ha fatto sapere il figlio Saša. E ci lascia un po’ più da soli.
Lui è considerato il “poeta” dei vini naturali a Oslavia, sul Collio friulano e il papà degli Orange Wines, insieme a Josko Gravner. Amava sempre dire che non modificava mai quello che poteva dare un grappolo d’uva. Ora l’azienda è nelle mani del figlio Saša. I vini di Radikon erano considerati troppo “estremi”, ma lui non si lagnava mai di questa cosa: “Non pretendo che piacciano a tutti”. Ma Radikon, nel bene e nel male, ha fatto la storia del vino italiano.
Il suo percorso di ricerca comincia nelle campagne al confine con la Slovenia nel 1977, costellato da intuizioni importanti per l’evoluzione della viticoltura friulana e italiana: prima, alla fine degli anni ‘80, la scommessa controcorrente sul legno e la sfida alla coeva diffusione dell’acciaio (usato nei primi anni di lavoro), con il ritorno alla barrique e la produzione di grandi Merlot. Poi, dal 1995, il perfezionamento di lunghe macerazioni sulle bucce di uve bianche in grandi tini a tronco conico che sostituiscono le barrique, che darà origine ai cosiddetti orange wines, risultato di un approccio radicale tanto in vigna quanto in cantina; in parallelo alle sperimentazioni di un altro gigante della viticoltura estrema naturale come Josko Gravner, che gli è stato compagno d’avventura e concorrente al tempo stesso. Il suo obiettivo era quello di produrre vini buoni e naturali. Ribolla gialla, Oslavia, ma anche Friulano e Chardonnay. E la capacità di far parlare di sé, che si trattasse di raccogliere elogi o critiche. Ora toccherà al figlio Saša tenere alto il nome dei vini con l’inconfondibile stile Radikon.
C.d.G.