(Alessio Vabres)
di Francesca Landolina
Il palermitano Alessio Vabres è il terzo barista migliore d’Italia. Si è aggiudicato il terzo posto nell’ambito del concorso Barawards 2019.
Al primo posto si è classificato Andrea Cremone (Tazze Pazze Caffetteria Gourmet – Genova); mentre secondo è arrivato Lorenzo Zucchi (Forno Brisa – Bologna). Giunto al quinto anno, è il premio volto a valorizzare la professionalità e l’innovazione nei bar, ristoranti e hotel italiani, promosso dai magazine Bargiornale, Ristoranti, Dolcegiornale e Webar. Alessio ha iniziato il suo percorso rivoluzionario, con miscele di altissima qualità e tipologie diverse di realizzazione. Lo ha fatto dal bancone del suo bar, in via Michele Cipolla, poco lontano dalla Stazione centrale, a Palermo, che gestisce insieme al padre.
Cosa rappresenta questo riconoscimento?
“Un traguardo importante nella carriera di un professionista. Ti permette di sentire che stai facendo bene. Sono stato selezionato tra trenta baristi in Italia e ho raggiunto il podio grazie ai voti di una giuria di esperti, che ha avuto un peso ancora maggiore rispetto a quello della giuria popolare”.
Cosa pensa le abbia permesso di vincere?
“Due cose: la mia trasparenza e la costanza, quest’ultima a volte manca. Ho sempre proposto la figura del barista non come una figura di serie B. La trasparenza è un requisito fondamentale, perché è ciò che comunichi alla clientela. Nel settore specialty coffee, per cui si intendono quei caffè selezionati, in base a una serie di parametri qualitativi e di sostenibilità, non è facile riuscire a far comprendere al cliente, abituato al solito espresso, l’enorme differenza. Ecco che servono passione e costanza. Bisogna incuriosire e avvicinare. Il cliente di solito si aspetta la tazzina di caffè amara, con crema persistente, insomma il solito. Questi sono caffè particolari, spesso fruttati con sentori che il cliente abituale non si aspetta, come le note di pesca, di limone, di frutta matura, per fare degli esempi”.
Come si è evoluta la clientela?
“Abbiamo iniziato questo percorso nel 2014, ho subito studiato e messo in pratica, la clientela si è educata dal punto di vista del buon bere; è diventata più consapevole, non riesce più a bere un caffè commerciale. L’evoluzione è continua. Iniziano a dirmi che non riescono a bere altrove. Ma questo mi spiace, perché il mio obiettivo è divulgare la conoscenza e far capire ad altri baristi che bisogna cambiare. Ancora mi trovo solo in questa battaglia. Spero che questi risultati portino altri ad intraprendere questo percorso. Il lavoro di divulgazione culturale deve essere di tutti, il barista deve formare, guidare i clienti al cambiamento”.
Cosa è per lei un barista?
“Il barista è l’anello di congiunzione di una filiera che parte dai tostatori e arriva al cliente finale. Per questa ragione deve prendere per mano il cliente per accompagnarlo in un percorso rivoluzionario”.
Che tipo di miscele serve alla clientela palermitana?
“Da me si possono trovare le miscele classiche (arabica 70 per cento e robusta 30 per cento), che sono quelle un po’ storiche, poi i 100 per cento arabica e gli specialty coffee con caffè mono origini che si possono servire sia in espresso che in filter coffee. Ma il mio obiettivo è quello di ridurre la miscela classica. Al momento su un consumo medio giornaliero di tre chilogrammi e mezzo, 2 di questi sono di miscela classica, mezzo chilogrammo di arabica 100 per cento, 1 di specialty coffee. La miscela classica e l’arabica hanno il costo di 1 euro, gli specialty vanno da 1,20 a 2 euro a tazzina. In ogni caso li consigliamo in doppia estrazione: per intenderci due caffè in una tazzina così da creare una bevanda che abbia più potenzialità aromatica. Al cliente questo comporta solo un costo aggiuntivo di 50 centesimi, a fronte di una più apprezzabile qualità. Gli specialty coffee sono di diverse origini e varietà botaniche, cambiamo ogni giorno quindi il cliente può scegliere in base alla giornata che cosa bere. Tra le tante, l’Etiopia, la mia preferita, è sempre presente, ma ci sono anche Guatemala, Colombia, Kenya. Cambiamo anche per incuriosire il cliente, che non è più statico. Chiaramente maciniamo al momento”.
Prossimi obiettivi?
“Vorrei gareggiare nuovamente per il premio Sca (specialty coffee association) e puntare alla vittoria. Sono sempre arrivato tra i primi sei. Poi il mio obiettivo principale è sempre quello di continuare a studiare e divulgare attraverso la formazione il fantastico mondo dei caffè di qualità”.