di Giorgio Vaiana
Un 2023 pieno di sfide quello che attende Francesco Domini, direttore commerciale e operation delle Tenute del Leone Alato.
E il 2022 si chiude con numeri in crescita. Soprattutto quelli dell’export con un più 30 per cento tra i vini prodotti dai brand di proprietà e quelli in distribuzione. Ma quello che più è importante sapere è che la strategia di nuove acquisizioni, soprattutto sul versante della distribuzione, continuerà anche nel 2023. E si guarda con una certa attenzione, senza trascurare il resto, alle Langhe, alla Toscana tutta e all’Etna. Piccolo e dovuto passo indietro. Un po’ di anni fa Leone Alato Geneagricola, si è divisa in due: da un lato Genagricola 1851 che racchiude tutte le attività agricole, tranne quelle di carattere vitivinicolo (e quindi seminativo, allevamento e cerealicolo). Dall’altro le Tenute del Leone Alato che racchiudono, invece, tutte le attività legate al mondo del vino. Tutto ovviamente è controllato da Generali Italia. Domini, dunque, arriva per “rivoluzionare” il settore vitivinicolo di Generali. In portafoglio, oggi, hanno cinque aziende di proprietà. La più importante è Tenuta Sant’Anna, che si trova ad Annone Veneto, in provincia di Venezia: 370 ettari complessivi e una produzione di oltre 1,2 milioni di bottiglie attraverso vitigni come Sauvignon, Pinot grigio, Ribolla gialla e Glera. Sempre in Veneto c’è il marchio V8+, brand del Prosecco destinato al canale horeca, che produce 2,5 milioni di bottiglie. È il marchio “main stream” delle Tenute del Leone Alato. In Friuli c’è Torre Rosazza. Siamo nei Colli orientali e si tratta di un’azienda storica che si trova nel gruppo dal 1984, una delle prime cantine a far parte del gruppo. Un’azienda tra le più importanti in termini di riconoscibilità, con 110 ettari e una produzione stimata di 300 mila bottiglie. Qui ci sono anche 5 stanze dove poter fare enoturismo. In Valpolicella, poi, c’è Costa Arente. Qui ci sono 35 ettari di terreno, con 17 vitati e una produzione di circa 120 mila bottiglie. Una delle ultime aziende a entrare a far parte del gruppo. Amarone e Ripasso i “pezzi pregiati”, ma anche ospitalità con un resort da 12 stanze. E ancora: in Piemonte, nella zona del Monferrato, c’è Bricco dei Guazzi. Siamo ad Olivola, in provincia di Alessandria: 40 ettari vitati, una cantina e una villa (che però sono affidati a una società esterna) con tanto di 5 stanze e un ristorante aperto al pubblico che fino a poco tempo fa vantava una stella Michelin (con lo chef Andrea Ribaldone. Stella poi persa nel 2019). In cucina oggi c’è lo chef Marco Molaro. Si producono circa 100 mila bottiglie. Tenute del Leone Alato a conti fatti vanta quasi mille ettari di vigneti (980 per essere precisi), grazie anche a tenute che lo stesso Domini definisce “puramente agricole”. In provincia di Roma c’è un appezzamento da 150 ettari e poi altri 40 ettari in Romagna. Qui si producono e si vendono le uve. In totale, il gruppo produce una media di 4,5 milioni di bottiglie l’anno. Domini, come detto, è stato chiamato da Igor Boccardo, nuovo amministratore delegato di Genagricola, per occuparsi di tutte le attività strategiche dall’imbottigliamento alla parte commerciale, e a quella relativa al marketing e alla comunicazione, senza tralasciare soprattutto lo sviluppo del brand che prevede anche nuove acquisizioni e partnership.
(Igor Boccardo)
“Io comincio a lavorare quando il vino finisce in bottiglia”, dice Domini. Ed è chiaro che bisogna guardare anche al fatturato. “Stiamo parlando di un gruppo che da sempre, pur non essendo chiara espressione del mondo del vino, si trova nel mondo del vino – dice Domini – Genagricola è parte integrante del mondo dell’agricoltura e quindi non poteva che essere presente nel mondo enologico. Ha cominciato negli anni ’70, quando il vino non era certo quello che conosciamo oggi. Io sono arrivato nel febbraio del 2020, proprio poco prima della pandemia. È stato lo stesso Boccardo a volermi per occuparmi, insieme a lui, di questo progetto di ristrutturazione complessiva e di rilancio di Genagricola. Una vera e propria rivitalizzazione, perché è chiaro che ci sono grandi potenzialità ancora inespresse. Quindi serve nuova linfa, sotto tutti i punti di vista”. Obiettivo, naturalmente, è quello di far crescere la reputazione dei brand e aumentare il fatturato che oggi, per la parte vitivinicola, si attesta sui 16 milioni di euro l’anno: “Ci sono grandi prospettive di crescita – dice Domini – Noi proveremo, nel giro di 5 anni di far lievitare il fatturato fino a 30/35 milioni di euro l’anno, posizionandoci tra i primi 50 player del vino italiano”. Per farlo servono sia le acquisizioni di nuove aziende ma anche acquisizioni di nuove cantine da distribuire. E Domini lo sa bene. In termini di distribuzione si sta facendo un lavoro certosino, cercando di entrare in territori fino ad oggi mai esplorati per il gruppo: “Sul versante della distribuzione in ordine di tempo, abbiamo scelto Cantina Fiorentino, che si trova a Galatina, in Salento, in Puglia, un’azienda con 80 ettari che produce 150 mila bottiglie tutte in biologico. Per loro ci occupiamo della distribuzione esclusiva in Italia e all’estero. Lo scorso febbraio abbiamo anche chiuso il contratto con Tenute Dettori a Sennori, in provincia di Sassari in Sardegna. Stiamo parlando di uno dei principali produttori di vino biodinamico in Italia”, spiega ancora Domini. Dettori vanta circa 30 ettari di vigneti e una produzione di 90 mila bottiglie. “Per Dettori – aggiunge Domini – gestiamo la distribuzione esclusiva in Italia e nel resto del mondo tranne in Sardegna. E poi, di recente, abbiamo aggiunto alla nostra catena di distribuzione, un’azienda di Montalcino, la Pinino, oltre che di uno champagne, quello di Maison Burtin che si trova a Épernay in Francia”. Fondamentale per Domini, un aspetto del mondo del vino: “C’è grande attenzione al rispetto e alla valorizzazione delle produzioni biologiche e biodinamiche – dice – Per il futuro stiamo valutando di applicare questi metodi ad alcune delle nostre aziende più piccole che si prestano a questa tipologia di agricoltura. Una impostazione che è gestibile, infatti, solo in determinate condizioni”.
Ma acquisire nuove aziende non è l’unica strategia di Leone Alato. “L’obiettivo, come detto, è chiaro – dice Domini – Dobbiamo aumentare il fatturato. Acquisire non vuol dire solo comprare aziende. Ma puntare anche sulla distribuzione di altre aziende. Stiamo monitorando alcuni territori che riteniamo più strategici in questo momento, guardiamo con un certo interesse alle Langhe, alla Toscana e all’Etna. Ma non mi sento di escludere il resto d’Italia. Mi piace anche dire che con Boccardo c’è piena intesa, tutte le decisioni vengono sempre presa in totale condivisione”. Il 2022 per Tenute del Leone Alato si è chiuso bene: “Noi ci siamo sempre concentrati sul mercato nazionale, per ora il 70 per cento delle vendite è in Italia, e abbiamo registrato una lieve crescita del 7 per cento. Bene, invece, la crescita all’estero con punte di oltre il 30 per cento sui mercati internazionali”.