di Clara Minissale
Una grande soddisfazione e la consapevolezza che la città che amministra, in fatto di stelle, non è seconda a nessuno.
Mario Bolognari, sindaco di Taormina in provincia di Messina, all’indomani dell’assegnazione dei nuovi, ambiti riconoscimenti da parte della Guida Michelin (leggi questo articolo>), che nella Perla dello Jonio ha incoronato un nuovo ristorante e attribuito la seconda stella ad un altro, parla di un importante traguardo raggiunto. Il ristorante Principe di Cerami con lo chef Massimo Mantarro ha recuperato una stella (ne aveva due, perse a causa dei lavori nell’hotel) e ha conquistato due stelle il St. George Restaurant by Heinz Beck con in cucina il giovanissimo chef Salvatore Iuliano. Nuove stelle che si aggiungono a quella de La Capinera di Pietro D’Agostino e a quella di Otto Geleng, ristorante del Belmond Grand Hotel Timeo con lo chef Roberto Toro.
Con i suoi undici alberghi 5 stelle lusso, la cittadina, che sorge su un terrazzo del Monte Tauro, sospesa tra roccia e mare, nel tempo è diventata non solo meta di viaggiatori, ma anche di appassionati di buona cucina. Non a caso Cronache di gusto ha scelto di organizzare proprio qui, ogni anno ad ottobre, una delle più importanti manifestazioni enogastronomiche del sud Italia, Taormina Gourmet. E Bolognari, da amministratore attento, ha colto l’importanza della promozione anche gastronomica del suo territorio, spingendo ad esportare le eccellenze di cui dispone.
“È dal 1835 che Taormina è meta di turismo con l’élite intellettuale europea che, scoperta la meraviglia dell’antichità classica e non potendo andare in Grecia, ancora parte dell’Impero Ottomano, scelse di venire in Sicilia. La data – racconta il sindaco – è quella della pubblicazione del “Viaggio in Sicilia” di Alexandre Dumas. Questo libro è citato spesso per le parti positive dei suoi racconti sulla Sicilia. Ma ci sono anche delle parti negative e una di queste è relativa a come si mangiava negli alberghi di Taormina. Dumas consigliava ai viaggiatori di portarsi cibo da casa, tanto negativa era l’esperienza nelle strutture ricettive della città. Ecco, da allora, di strada ne abbiamo fatta tanta”, afferma il primo cittadino.
Tanti anni, tante esperienze e diverse stelle dopo, Taormina oggi vanta tre dei quattro ristoranti stellati proprio all’interno di alberghi, “segno della tendenza generale a dare un servizio completo da parte della nostra hotellerie – dice Bolognari -. Succede spesso infatti, che i ristoranti stellati si trovino in luoghi in cui non ci sono servizi ricettivi, in territori che non sono pronti ad accogliere. Questo non è certamente il nostro caso. Il San Domenico Palace del gruppo Four Seasons, ad esempio (il cui ristorante, Principe di Cerami, ha recuperato una stella che aveva perso a causa della chiusura per lavori di ristrutturazione, ndr), da quando ha riaperto è partito molto bene ed il riconoscimento della stella rafforzerà la sua posizione. Inoltre – aggiunge – al suo interno è stata girata la seconda stagione di White Lotus, una serie Tv che in America ha ottenuto i Grammy Awards e che dovrebbe portare molta notorietà alla struttura e a Taormina”.
E mentre fa un’analisi del tipo di turismo che caratterizza la sua città, suddiviso in alberghiero selezionato per reddito e giornaliero, Bolognari spezza una lancia a favore del turismo mordi e fuggi, da tanti disprezzato. “Intanto non condivido questa definizione – dice -. Io parlerei piuttosto di turismo temporaneo che, senza dubbio, contribuisce alla ricchezza della città. Tutte le città d’arte hanno un turismo giornaliero tra coloro i quali, ad esempio, visitano un museo. Quanti vengono a Taormina per un’esperienza gastronomica nei nostri ristoranti sono assimilabili a questa categoria. Gli italiani sono senza dubbio più sensibili ai ristoranti stellati rispetto agli stranieri, ma ritengo che si possa incrementare senza dubbio questo segmento, anche in termini di capacità di spesa. Basti pensare che per ogni straniero che spende un euro a Taormina, solo 30 centesimi rimango sul territorio. Gli altri settanta finiscono fuori sotto forma di beni e servizi. Si fa, cioè, un grande sforzo per dare un servizio che per il 70 per cento finisce altrove. Se i ristoranti stellati possono aiutarci ad invertire questa tendenza – conclude – ben vengano”.