“I giovani sono sempre più dimenticati dal mondo del vino, noi esperti parliamo un linguaggio troppo diverso da loro e li allontaniamo”. Stevie Kim è sempre molto diretta, senza fronzoli e giri di parole. È seduta tra i banchi della Vinitaly International Academy la scuola che sforna ambasciatori del vino italiano in tutti i cinque continenti e di cui è managing partner. Con lei tracciamo un bilancio di quanto è accaduto al Vinitaly conclusosi un paio di settimane fa. E la ritroveremo nei prossimi giorni sull’Etna: sarà a Contrade dall’11 al 13 maggio dove riceverà l’onorificenza di Madrina dell’Etna così come deciso dalla società Crew, organizzatrice dell’evento unico nel suo genere in Sicilia e mirato a promuovere i vini del Vulcano e il suo territorio. Quegli stessi vini che la Kim qualche anno fa definì i più sexy.
Torniamo al ragionamento iniziale. C’è qualcosa nel mondo del vino che secondo Kim deve cambiare: “Bisogna trovare un nuovo linguaggio accessibile ai giovani per avvicinarli al vino ma non saprei dire quale. Il nostro sforzo è quello di capire cosa fare e come orientare gli under 30. Il vino non è solo happy hour. È qualcosa di molto più complesso ma la complessità può diventare un limite. Partirei da lì per riflettere”. La discussione si allarga.
Tra inflazione, guerra, calo di consumi e tendenze salutiste non usa mezzi termini e contesta agli addetti ai lavori la responsabilità dell’allentamento dalle giovani generazioni, spinte ogni giorno di più verso il no alcol: “In America diciamo “preach to the choir”, predicare al coro. Ed è quello che sta succedendo. Non riusciamo a parlare ai giovani perché ci parliamo addosso tra noi”.
L’attacco è verso una mancanza di ascolto ma soprattutto di dialogo: “I giovani rappresentano il mercato del futuro e i messaggi da trasmettere devono essere semplici. Bisogna intercettare il linguaggio giusto. Per alimentare il dialogo devi parlare lo stesso linguaggio del tuo interlocutore o quantomeno provare ad avvicinarti, altrimenti le aspettative sono completamente diverse”.
Non solo esperti del settore vino. Per Stevie Kim è importante arrivare a tutti attraverso eventi, iniziative e podcast. Meno B2B e più B2C, o almeno spingere in entrambe le direzioni. Intanto, a un mese dalla fine del Vinitaly il segnale è più che positivo e l’ottimismo, almeno tra i produttori e gli addetti ai lavori, c’è ancora: “Sono stati giorni intensi nei miei spazi, l’agenda è stata fittissima. Ho visto tante persone consapevoli, c’è molta più presenza internazionale”.
Ma solo intercettando nuovi volti si potranno cambiare le sorti del settore: “Il vino italiano sta come tutti gli altri vini. Dopo la pandemia c’è stato oggettivamente un aumento di inventario, più giacenze oltre a una questione di economia generale e poi…questa tendenza di parlare male del vino. Dobbiamo smetterla di fare i catastrofisti. La responsabilità è tutta nelle mani di chi comunica, dei produttori e delle grandi aziende, perché come è capitato in altri settori le crisi arrivano, ma solo attraverso campagne di comunicazione efficaci possono essere superate. Ed è sempre, dice Stevie Kim, una questione di linguaggio, di comunicazione. Sia per intercettare i giovani, sia per superare i momenti di crisi. “Ribocchiamoci le maniche e ognuno faccia la sua parte”, conclude Kim.