di Christian Guzzardi
È tempo di bilanci per la campagna olearia 2021.
Dopo l’imbottigliamento dei monovarietali e il perfezionamento dei blend, in alcuni casi ancora in corso, gli oli italiani stanno approdando sul mercato nazionale e su quello internazionale. Ma che stagione è stata per l’olivicoltura? Quali sono stati gli aspetti che l’hanno caratterizzata? E quali sono stati i tratti di discontinuità rispetto alla precedente? Abbiamo chiesto di rispondere a queste domande a Indra Galbo, vice curatore della guida del Gambero Rosso “Oli d’Italia” che, da dodici anni, racconta e promuove il settore olivicolo costituendo un vero e proprio punto di riferimento per i professionisti e per i consumatori. “Quest’anno – spiega Galbo – si stima che la produzione generale si attesterà intorno a trecentomila tonnellate. Gran parte di queste saranno provenienti dalle regioni del sud, con la Puglia, ancora una volta regina d’Italia. Ad essa va attribuito, infatti, circa il 50% della produzione nazionale complessiva”.
Una stagione che vede protagonista il meridione – la Sicilia, la Campania, la Calabria – con il resto della penisola decisamente più indietro. “È stata una stagione difficile – continua – soprattutto per i produttori del nord che hanno subito moltissimo la gelata del mese di aprile. Diversa è stata la situazione del centro Italia. Regioni come il Lazio, e in modo particolare la zona delle colline pontine, dovrebbero non aver avuto particolari conseguenze. Già a partire dalla zona della Tuscia, passando per l’Umbria, fino alla Toscana si sono registrati, invece, molti problemi. Non a caso proprio in queste due regioni si stimano cali produttivi che possono arrivare fino al 60% in meno rispetto allo scorso anno”. Non solo il freddo, a compromettere l’annata è stata anche la grande siccità estiva. “Un problema – spiega – che ha coinvolto soprattutto gli uliveti sprovvisti di impianti di irrigazione. Tuttavia, grazie all’esperienza maturata un paio di anni fa, in occasione di una stagione altrettanto siccitosa, molti olivicoltori sono riusciti a evitare danni. Il grande caldo, già a partire dalla metà di settembre, produce infatti una maturazione e un’invaiatura apparente. La buccia dell’oliva si inscurisce, ma la polpa resta ancora verde. Questo in passato aveva portato a una raccolta fin troppo anticipata. Quest’anno, invece, sono state effettuate delle prove in modo da poter dare avvio alla molitura nel momento migliore possibile. Tutto ciò si è tradotto, quindi, in numeri inferiori, ma in una qualità superiore rispetto al 2020. Ad ogni modo, ad oggi, chi doveva realizzare un olio di qualità lo ha già fatto”.
Ma come hanno fronteggiato l’emergenza climatica i produttori di regioni dalla grande tradizione olivicola? “Fortunatamente – dice – esistono delle varietà che subiscono meno il freddo e il caldo. Penso soprattutto al Moraiolo che, grazie alle sue caratteristiche, non ha subito particolari danni. Per questo, molto probabilmente, assaggeremo tanti ottimi monocultivar e tanti blend con percentuali più alte di Moraiolo a discapito di varietà, come la Frantoio, fortemente penalizzata dal freddo”. Hanno potuto fare ben poco i produttori del nord: “Dai feedback che ci arrivano – dice – soprattutto la zona del Garda, sappiamo che quest’area è stata colpita maniera massiccia. Non a caso molte aziende hanno già comunicato alla nostra redazione che non potranno inviare i loro campioni. Saranno quasi del tutto assenti i monocultivar, cresceranno i blend e, in alcuni casi, per poter garantire il prodotto a buyer e consumatori, verranno imbottigliati degli extravergine realizzati con olive provenienti dal centro o dal sud”.
E la Toscana? “Dalle informazioni di cui disponiamo oggi – continua – ha vissuto un’annata molto difficile. Del resto la campagna 2020 era stata grandissima e, quindi, difficilissima da replicare. Inoltre, essendo la patria della varietà Frantoio, alla luce di quanto accaduto, era inevitabile che, purtroppo, le cose potessero andare così. Il brand Toscana resta comunque molto noto e apprezzato all’estero ed è per questo che, nonostante le difficoltà vissute, la qualità degli oli manterrà gli standard che conosciamo”. E, in conclusione, sulla prossima edizione della guida “Oli d’Italia”, in uscita nel mese di marzo, dice: “Siamo ancora nella fase di raccolta adesioni. Da metà di dicembre inizieremo gli assaggi proseguendo fino alla prima metà di febbraio. Alla luce della stagione appena trascorsa, avremo probabilmente un numero di campioni inferiore rispetto al passato. Verranno a mancare i produttori più piccoli del nord Italia, ma continueremo a dar spazio e voce a tutte le regioni d’Italia. Stiamo comunque ricevendo moltissimi campioni, tra non molto ci ritroveremo quindi a degustare centinaia e centinaia di extravergine”.