di Francesca Landolina
Fresco di nomina, Daniele Cirsone è il nuovo direttore generale del Movimento Turismo del Vino Puglia.
Prende il posto della vulcanica Vittoria Cisonno (ne abbiamo parlato qui>). Daniele è entusiasta del nuovo incarico e ha tanti progetti da realizzare. Ambizioso, è un fiume in piena quando parla della Puglia dell’enoturismo e del vino, e mira in alto: “Ho un sogno ambizioso ed è quello di rendere la mia regione un laboratorio culturale e di innovazione per l’enoturismo, che sia fonte di ispirazione per tutte le altre regioni d’Italia”. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo e per raccontare i suoi nuovi progetti in cantiere.
Chi è Daniele Cirsone?
“Semplicemente un giovane che ha avuto una grande fortuna, quella di potere iniziare a lavorare nel mondo del vino a 22 anni. Senza pregiudizi né preconcetti. Ho iniziato da zero, ma sin da subito con un approccio tecnico e curioso. Mentre facevo le prime fiere al Vinitaly come assistente sommelier, avevo l’opportunità di diventare “venue manager” de “La Puglia è Servita”, enoteca e sede dell’allora associazione Movimento Turismo del Vino Puglia, ma anche laboratorio culturale all’interno del quale si organizzavano corsi di avvicinamento al vino e alla cucina pugliese. Questo mi ha permesso di approcciarmi in una chiave moderna al settore. Mentre facevo il corso da sommelier, studiavo economia, marketing e comunicazione, stavo a contatto con i produttori e con gli Amici del Turismo del vino, un gruppo di consumatori appassionati. Insomma, ho sviluppato un senso critico prendendo spunto da più punti di vista, dalla base alla cima. Tanti attori ruotano intorno al vino. Al suo interno, ci sono l’approccio tecnico dell’enologo, quello del sommelier, quello emotivo che risiede nella storia raccontata dal produttore, quello degli agronomi, quello dei giornalisti con la loro chiave di lettura, quello economico dei buyers. Ho ricucito tutto e ho mantenuto sempre un approccio umile che mi spinge ad imparare continuamente”.
Come si è innamorato del vino?
“Diciamo che il vino si è avvicinato a me ed io da curioso ho esplorato un percorso nuovo che mi ha attratto a sé. L’amore è venuto imparando, appassionandomi nel tempo nel vedere la ricchezza della diversità culturale che gira intorno al vino. In questo mondo, si incontra gente empatica, con una marcia in più sulla sensibilità verso l’ambiente. Poi colpisce la bellezza della sincerità, delle storie. Fin da subito ho avuto fame di conoscenza. Ora è fantastico quando degusto. Mi appassiona scoprire il motivo per cui è stato prodotto un vino per esempio, quali scelte culturali ci siano alla base. Al ritorno da Hong Kong, dove ho vissuto per qualche anno per seguire una start-up di importazione e distribuzione di vino e prodotti tipici italiani, ho ritrovato in Puglia l’umanità, l’affetto di tanti produttori, e questo mi hanno commosso. La vera ricchezza non è economica ma quella dei rapporti umani. Non puoi non innomorartene”.
Quali sono i punti di forza della Puglia del vino e dell’accoglienza?
“Uno dei motivi per cui ho deciso di tornare da Hong Kong è la meravigliosa consapevolezza della crescita del turismo pugliese. Sono aumentate le nuove imprese, ci sono nuove menti, nuove generazioni in fermento. Ora occorre creare all’interno delle singole realtà un racconto su misura. Bisogna mettere insieme armonicamente le molteplici differenze di offerta, dalle realtà più esclusive a quelle familiari. La grande sfida è riuscire a segmentare l’offerta in modo diverso. Unire nella diversità, un po’ come fa un direttore d’orchestra. La diversità che ci appartiene è un elemento di forza ma anche una sfida se pensiamo all’importanza della comunicazione. Naturalmente, bisogna investire tanto, ma è una opportunità pazzesca”.
E i punti di debolezza su cui lavorare di più?
“Sono quelli di sempre ma riguardano l’intera industria vinicola nazionale e non solo pugliese. Ci troviamo davanti tanti attori ma ad un diverso stadio evolutivo di crescita. Come detto prima, l’eterogeneità può considerarsi debolezza, ma se comunicata bene può essere elemento di forza. Poi si parla tanto di enoturismo, che oggi è un must per difendere le proprie dimensioni di mercato, però il problema è che se si analizzano, emerge un fatto: nei bilanci l’eno-turismo non incide molto, la sua voce di spesa è ancora medio-bassa. Spesso manca un marketing plan perché è costoso e ha ritorni nel lungo periodo. Serve senza dubbio un aiuto istituzionale per caratterizzare l’offerta pugliese ma lo stesso discorso vale per tutte le regioni. Oggi all’interno del Movimento siamo riusciti a mettere insieme circa 70 aziende vitivinicole, ma stimo che ce ne siano 150 con caratteristiche tali per farne parte. Le nuove aziende nascono già con un Dna strutturato per l’accoglienza, ma sul campo ci sono aziende che vanno a velocità diverse. Quelle stimate alla Camera di Commercio sono 350 ma solo la metà di queste completano la filiera. Non si tratta di debolezza ma semplicemente di differenze nei tempi di sviluppo. Per fare un esempio, 20 anni fa mancavano molte conoscenze e si facevano pochi investimenti strutturali in macchinari, in know how. Si cominciava vendendo vino sfuso e poi si passava nel tempo all’imbottigliamento, arrivando per ultimo all’eno-turismo. C’è quindi una diversità nella crescita delle aziende, dovuta anche ai momenti storici, e occorre guidare nella crescita e accompagnare, assecondando bisogni diversi”.
Quali sono i progetti che vuole portare avanti?
“Sono partito con l’idea di una eredità da portare avanti, quella straordinaria di Vittoria Cisonno. E l’idea è quella di fare del Movimento un incubatore di nuove opportunità. Uno dei progetti è unire agricoltura, turismo e ambiente, trasformando la Puglia in un’autostrada per l’elettrico: mettere una colonnina elettrica nelle cantine consorziate da Nord a Sud. Un progetto che richiede tempo e che includerà eventi a tema e join venture con le case automobilistiche, per intercettare le esigenze dell’eno-turista. Un secondo progetto è quello di creare l’Osservatorio dell’enoturismo e dell’offerta vitivinicola pugliese, per essere un organismo di consultazione, che si relazioni con le Istituzioni in modo stabile e costante, dando indirizzi sullo sviluppo del territorio. Vorrei poi creare grandi eventi che strizzino l’occhio alle nuove generazioni con contaminazioni artistiche, musicali. E aprire la Puglia e il vino a nuovi approcci, anche social. Altra cosa è creare fundraising per finanziare l’attività enoturistica pugliese, perché dobbiamo trovare nuovi modi per trovare risorse da investire che non ricadano solo sui privati. Faccio qualche esempio, un nuovo portale per vendere anche prodotti e merchandising, ipotizzare delle etichette di vino o di olio in edizione limitata, da vendere per finanziare eventi enoturistici. Ma anche join venture con società che fanno selezioni sui lieviti spontanei. Le potenzialità ci sono, occorre tempo ma ce la faremo”.
Il suo più grande desiderio?
“Permettere al Movimento del Turismo del Vino di diventare fonte di ispirazione per le altre regioni. La Puglia come laboratorio culturale e di innovazione concreto che possa ispirare gli altri. Riuscire a mettere in rete attori diversi, come quelli dell’energia, delle costruzioni. Andare avanti nel segno della continuità, percorrere la strada che abbiamo già intrapreso in questi anni con Vittoria Cisonno per crescere sempre di più”.