Tinto, come sta l'Italia del vino?
“Noi che lavoriamo in questo mondo cosa dobbiamo dire… Diciamo che sta benissimo! In realtà sappiamo che si può fare di più”.
Per esempio con la comunicazione?
“Certo. La comunicazione del vino è ancora un po' ingessata, complicata, difficile. Bisogna essere più diretti. Si potrebbe prendere esempio dalla birra prodotto più semplice che però viene comunicato con maggiore immediatezza”.
Un'idea?
“Basta con la definizione vino di nicchia. Sembra destinata a qualcosa che non prenderai mai. Che metti lì in una parete per contemplarlo. Cambiamo definizione. Il vino non va bevuto solo nelle grandi occasioni. Lo bevi al matrimonio. Ma ormai ci si sposa meno. E allora lo bevi al battesimo? No,perchè ormai nascono sempre meno figli. E allora? Cerchiamo di non cercare occasioni per bere il vino. Già berlo è una bella occasione e va fatto più spesso”.
Andiamo al Vinitaly. Cos'è per Decanter la kermesse veronese.
“Un modo per riposare (ride), visto che io e Fede non ci fermiamo mai. A parte gli scherzi è un'occasione per noi per conoscere il nostro pubblico dal vivo. E per il vino italiano di farsi conoscere ulteriormente visto che ci saranno anche tanti stranieri”.
Su cosa deve puntare il vino italiano?
“Sull'unicità. Puoi far crescere l'uva del Brunello di Montalcino in Cina o in altre parti del mondo. Ma poi attorno non avrai mai Siena, le colline, i borghi toscani…”
Fra. S.