Ricerca della qualità e salvaguardia della cucina tradizionale, senza esasperazioni e sensazionalismi. L’Accademia italiana della Cucina ha fatto di tutto ciò il suo manifesto.
E oggi più che mai ribadisce con forza i propri valori. A Palermo si sono ritrovati i delegati della Sicilia occidentale, l’occasione è anche il passaggio di consegne fra il delegato di Palermo Mondello, Antonio Ravidà, e il suo successore, Giuseppe Barresi. Ospite d’onore il segretario generale Paolo Petroni che in Sicilia ha anche visitato ieri Catania.
La cucina italiana oggi, fra contaminazioni e trasmissioni tv. Lei come la vede?
“E' un momento di grande trasformazione per la cucina italiana che è viva e vitale. Da un lato c’è la riscoperta della cucina tradizionale a cui tutti puntano. Dall’altra c’è la spettacolarizzazione attraverso i ‘cuochi mediatici’. Sono cuochi che nascono nelle cucine dei ristoranti e poi girano il mondo e le televisioni abbandonando i ristoranti in cui sono nati. I loro guadagni sono enormi, più passano in tv e sui giornali e più guadagnano. Un ‘cuoco mediatico’ può proporre conti da 150 euro in su, se non sono mediatici non se lo possono permettere. E tutto ciò grazie ad una clientela appassionata che guarda più a loro che a quello che hanno nel piatto. è comunque un fenomeno positivo, perché si parla di cucina in tutto il mondo, fanno tanto per la nostra immagine. Oggi i grandi alberghi nel mondo hanno tutti un ristorante italiano e ricercano questi personaggi. Alcuni si muovono fisicamente, altri firmano i menu, una cosa che oggi va di gran moda”.
Oggi si parla di recupero della cucina tradizionale, a che punto siamo?
“La cucina tradizionale porta con sé un’esasperazione della ricerca dell’ingrediente di nicchia. Non c’è piatto che non abbia il pistacchio di Bronte, il cappero di Pantelleria o il tonno di Favignana. Tutto ciò fa alzare i prezzi dei piatti, proprio perché si utilizzano prodotti rari. Questo senz’altro aiuta i produttori, dà slancio. Ma spesso si va incontro ad abusi, si scopre poi che tanti prodotti sono importati. In questo il ruolo dell’Accademia è fondamentale, dobbiamo controllare e stare attenti. Quando un fenomeno diventa di moda si rischiano abusi che dobbiamo evitare”.
I ristoranti quanto pagano oggi la crisi?
“Soffrono, come tutti. Soffrono di più quelli di fascia media: le trattorie o le pizzerie ce la fanno, quelli stellati hanno il loro pubblico. Oggi c’è gente che organizza i charter per mangiare in un ristorante stellato…”.
Lei è contrario a questi “fanatismi”?
“Se il charter è giustificato dalla buona cucina, nulla in contrario. Spesso però si va solo per un’etichetta. Ci sono tanti posti dove si mangiava bene anche prima della stella e non andava nessuno, oggi sono pieni. Si mangia bene o male, indipendentemente dalle stelle”.
E in Sicilia lei cosa vuole mangiare?
“Ieri a Catania ho mangiato le triglie, quelle siciliane sono speciali. E pasta alla norma, ovviamente. A Palermo oggi? Pescespada e pasta con le sarde”.
Più tradizione di così…
Stefania Giuffrè