(Stefano Fambri)
di Giorgio Vaiana
Lo chiama “mantra”. E a ben vedere diciamo noi. Perché Stefano Fambri, direttore della Nosio Spa, collegata al gruppo Mezzacorona, fa un'analisi a tutto tondo non solo della vendemmia 2019 della “sua” azienda, ma parla anche del Trentino, di Brexit, di Trump e di Sicilia.
Il “mantra” di cui parla Fambri è quello dei numeri che si inseguono, si rincorrono e che non mentono: la vendemmia ha dato esiti negativi dal punto di vista numerico, “con un calo del 20 per cento – specifica Fambri – ed è un po' in linea con il calo generale della vendemmia italiana”. Ma anche qui si parla di una qualità eccelsa. Poi ci sono altri numeri, quelli emersi dall'assemblea generale del Gruppo che raccontano di un quadro economico in salute e molto solido. E con due record storici. Il primo è quello del valore del conferimento dei soci che ha toccato i 65,6 milioni di euro e il secondo riguarda le rese ad ettaro che hanno sfiorato i 20.000 euro ad ettaro. Ma non solo. Perché il fatturato ha sfiorato quota 190 milioni, e l'utile netto è di poco superiore ai 3 milioni di euro. Stiamo parlando di un vero colosso del mondo del vino italiano, con oltre 3.600 ettari di vigneto in Trentino, 700 ettari in Sicilia e una produzione annua che supera 48 milioni di bottiglie. “Se dobbiamo analizzare il 2019 – dice Fambri – non possiamo che essere soddisfatti. La vendemmia ci ha dato meno uva, è vero, ma di grande qualità. E non lo dico a caso. Ci sono delle buona basi per i nostri spumanti e i rossi, a livello di prospettive, promettono molto bene”. Si parla poi del Trentino: “Sono un po' di parte – dice Fambri – ma credo che in questo momento ci sia una grande attenzione nei confronti di questo territorio. Siamo in un momento particolarmente felice e non parlo solo di Rotari ovviamente. C'è molta attenzione per le bollicine di qualità, abbiamo ottime opportunità nei nostri mercati e ci sono ottimi riscontri in termini di vendita. E' vero che il Trentino è riconosciuto principalmente per i suoi vini bianchi, ma non dimentichiamo il Teroldego, il nostro rosso-bandiera”. Un'attenzione verso i bianchi, dunque, che rende merito al lavori di tantissimi produttori che hanno creduto in queste tipologie di vini: “Nel passato anche i concorsi erano più orientati vero al riconoscimento dei premi per i grandi vini rossi – dice Fambri – forse erano più affascinanti, con grandi affinamenti, grandi annate. Ora, invece, si riscoprono i bianchi. E non è un male”.
Quando si parla di bollicine, impossibile non parlare di “fenomeno Prosecco”. Ma Fambri precisa: “Sta facendo numeri importanti in Italia e all'estero – dice – e sarebbe da stupidi fare finta di niente o ignorarlo. Ma bisogna parlare del Prosecco per quello che è. Come in tutte le cose ci sono vini buoni e meno buoni. Ci sono produttori che fanno dei buoni prosecco, altri meno. Non è un metodo classico, è una bollicina più semplice, si presta ad un consumo più leggero, però oggettivamente stanno facendo un lavoro molto importante di mercato. Direi che stanno lavorando bene e, in generale, sull'onda lunga di questo successo, sta puntando l'attenzione sul fenomeno delle bollicine italiane in generale. Ne beneficiamo tutti. Il fenomeno Prosecco non è un fatto negativo”. Se la Brexit non preoccupa il mondo di Mezzacorona (“il nostro mercato nel Regno Unito vale meno del 4 per cento del fatturato”), si guarda con attenzione alle bizze del presidente Donald Trump: “Gli Stati Uniti sono il nostro principale mercato di riferimento – dice – In Gran Bretagna ci inseriamo in una fascia di prodotti medio-alta piuttosto che in quella di prodotti con grande competizione e magari in un mercato più aggressivo. I dazi, invece, ci preoccupano di più. Vedremo che farà Trump”. Mezzacorona esporta l'80 per cento delle sue bottiglie in 67 paesi nel mondo, “e guardiamo con molta attenzione all'Oriente – dice Fambri – Ma lì i mercati sono difficili e imprevedibili. Il mercato cinese, per esempio, ha dato anche risultati negativi. Una cosa è pensare a quello che si potrebbe fare da queste parti, un'altra è poi realizzarla davvero. Osserviamo con attenzione i mercati dell'est europeo invece, come l'Ungheria, la Romania, la Lettonia, la Lituania, l'Estonia e la stessa Russia se risolvesse qualche problema interno. Credo che ci siano importanti opportiunità da sfruttare. E poi sono molto vicini, cosa che non dobbiamo sottovalutare”.
Capitolo mercato interno. “Sono anni che in Italia i consumi sono stabili e fermi – dice – Io non non credo dipenda da una scarsa educazione del consumatore italiano a bere cose di un certo livello. Credo che si tratti di un momento storico della situazione economica italiana. Io lo chiamo lusso accessibile. Da anni in Italia la crescita dei consumi di vino è sostanzialmente zero. Noi stiamo lavorando bene e la nostra crescita è contenuta, ma costante. Non credo che anche nei prossimi 5 anni il mercato italiano possa stupire con andamenti positivi di consumi. Anche se devo dire che i giovani, soprattutto, stanno mostrando sempre più interesse per il mondo del vino e hanno anche competenze che, fino a pochi anni fa, non avevano. C'è voglia di imparare, di conoscere. Sono molto positivo per il futuro. Ma non immediato”. Un movimento, quello del vino italiano, che in generale sta facendo molto bene: “Penso al Trentino, alla Sicilia – dice Fambri – ma anche alla Puglia, Marche e Abruzzo. Le grandi regioni del vino italiano, poi, Piemonte, Toscana e Veneto, sono sempre forti e al centro delle attenzioni di tutto il mondo”. A proposito di attenzioni, quali vini, secondo Fambri non devono mancare in queste feste? “Bollicine Rotari ovviamente – dice – e poi il Teroldego Riserva, un prodotto-simbolo e uno di quelli che ha dato maggiori soddisfazioni al nostro gruppo”.